L’ultimo sfregio ai tesori di Dresda, la “Firenze sull’Elba”

La rapina alla Camera del Tesoro del palazzo reale è un attacco al patrimonio culturale della città tedesca. Già ampiamente distrutto e trafugato nella Seconda guerra mondiale. Le opere e la storia.

Non sarà il «furto spettacolare di un miliardo di euro» sparato dai tabloid tedeschi, ma è un altro saccheggio per Dresda, un nuovo furto del secolo. «Una perdita di valore inestimabile, storico e artistico. Per gioielli del genere non esiste un valore finanziario», raccontano dal museo dei Tesori del Castello che fu la residenza dei principi e dei re di Sassonia. Le sue sale dalle Volte verdi (Grünes Gewölbe) dal 2006 sono tornate lo scrigno della maggiore collezione di gioielli in Europa: la volle nel 1723 Augusto II il Forte, il principe (poi re di Polonia) che rese la città “la Firenze sull’Elba“. Da una vetrina spaccata nella notte tra il 24 e il 25 novembre sono sparite proprio tre parure di diamanti e brillanti, in tutto un centinaio di pezzi, del tesoro del principe del rinascimento della Sassonia. Tra i gioielli più pregiati si è salvato il grande diamante verde da 41 carati, al Metropolitan di New York dal 18 novembre.

NELLE VOLTE VERDI 3 MILA GIOIELLI

I tesori del palazzo reale di Dresda contano più di 4 mila gioielli, circa 3 mila dei quali (non tutti esposti) nelle sale della Grünes Gewölbe, con altre opere in oro, argento e preziosi. Per la Germania, e più che mai per la città, la rapina nel museo è uno choc dopo lo choc: Dresda fu rasa al suolo durante la Seconda guerra mondiale, anche parte rilevante del castello andò distrutta e i tesori furono portati a Mosca dall’Armata rossa. Solo anni dopo i gioielli furono restituiti alla Ddr, e le sale interamente ricostruite all’inizio del 2000. Per il museo della Grünes Gewölbe sono stati spesi 45 milioni di euro: con la Pinacoteca dello Zwinger è diventata la maggiore attrazione dei visitatori di Dresda, ma la storia tormentata dei suoi tesori non ha avuto fine. Per i cristiano-democratici che governano il Land la rapina è «un attentato all’identità culturale di tutta la Sassonia».

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Il furto dei Tesori al palazzo reale di Dresda. GETTY.

I PRECEDENTI DEI MUNCH E DEI VAN GOGH RECUPERATI 

L’allarme del furto è partito all’alba, attorno alle 5. La Bild ha riportato l’indiscrezione (non confermata) di una centralina elettrica collegata al complesso sabotata nella notte. I ladri – «un gruppo di diversi sconosciuti», ha comunicato il governo del Land – sarebbero poi entrati da una finestra nel museo. Anche per la polizia criminale il caso è «grosso». Ma non è il furto più eclatante di opere d’arte, neanche negli ultimi decenni: fece scalpore, nel 2004, l’assalto al Museo Munch di Stoccolma, da parte di due uomini armati, sotto gli occhi dei visitatori. L’Urlo fu recuperato, ma i danni alla tela si sono rivelati irreparabili. Un altro furto spettacolare fu messo a segno nel 1991 al Van Gogh Museum di Amsterdam, dove un rapinatore chiuso in bagno riuscì a trafugare 20 dipinti del genio olandese, con l’aiuto di un basista. Quadri ritrovati poche ore dopo in un’auto.

La Monna Lisa di Leonardo da Vinci fu portata via dal Louvre nel 1911 dal decoratore italiano Vincenzo Peruggia

LA GIOCONDA RUBATA E RITROVATA

Altri capolavori rubati da gallerie o musei sono riemersi tempo dopo, su segnalazioni o alle aste. Accadde così anche per il furto d’arte di tutti i secoli: la Monna Lisa di Leonardo da Vinci portata via dal Louvre nel 1911. Il decoratore italiano Vincenzo Peruggia si infilò in uno sgabuzzino del museo, dopo la chiusura sfilò la Gioconda dalla cornice e se la infilò sotto il camice, scappando da una porta sul retro. Un atto di «patriottismo», dichiarò un paio di anni dopo, intercettato mentre tentava di rivenderla agli Uffizi. Un altro da Vinci, valutato 70 milioni di euro, sparì da un castello scozzese nel 2003 e fu rinvenuto in una perquisizione a Glasgow nel 2007. Altre opere non sono invece mai tornate a casa, come il Manet e il Vermeer trafugati nel 1990 al Gardner Museum di Boston. O come, a proposito di Germania, la moneta d’oro da 100 chili sparita nel 2017 dal Bode Museum di Berlino.

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Le sale delle Volte verdi, nel Castello di Dresda, contengono più di 3 mila preziosi. (Getty)

IL RINASCIMENTO SULL’ELBA

O almeno non sono ancora tornati, ma gli inquirenti dubitano di ritrovare Big Maple Leaf. I quattro autori sono stati arrestati in un mega blitz, ma è probabile che il quintale d’oro da un milione di euro sia stato fuso appena dopo il furto. Anche in questo caso, i ladri sarebbero entrati di notte da una finestra, beffando in un modo o nell’altro il sistema d’allarme: si parlò del «colpo alla moneta più grande del mondo». Quanto al palazzo reale di Dresda, ospita una collezione di gioielli meno nota, per esempio, della Camera del tesoro imperiale di Vienna. Ma come quella dell’Hofburg tra le più antiche e belle d’Europa. Lo splendore neoclassico e barocco, anche degli edifici della città, voluto da Augusto II il Forte ha molto dell’Italia: sotto il suo assolutismo la città sull’Elba visse un rinascimento. Il principe commissionò i lavori ad architetti che avevano studiato il barocco a Firenze, da Michelangelo e dal Bernini.

La Sempergalerie della pinacoteca Zwinger fu progettata ricalcando gli Uffizi, per ospitare centinaia di opere d’arte del 1400, 1550 e 1600

I PALAZZI IN STILE FIORENTINO

Per la cattedrale cattolica, che nella cripta ospita Augusto II il forte e altri membri della casata, fu incaricato l’architetto Gaetano Chiaveri che per il cantiere trasferì a Dresda tutte le maestranze. Diverse ville e palazzi della nobiltà, bombardati nei raid del 1945, furono costruiti sul modello dei palazzi fiorentini. La Sempergalerie della pinacoteca Zwinger fu progettata ricalcando gli Uffizi, per ospitare centinaia di opere d’arte del 1400, 1550 e 1600, diverse anche del Rinascimento italiano. Della collezione inestimabile di Dresda fanno parte capolavori di Tiziano, Raffaello, del Correggio e del Mantegna: opere accumulate nei palazzi, come i gioielli della Camera del tesoro, per la sete estetica anche del figlio e successore di Augusto II il forte, Augusto III. La rapina al palazzo reale è una nuova ferita per Dresda, per la Germania il «furto peggiore dalla Seconda guerra mondiale».

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Milano, un ergastolano in permesso premio accoltella un uomo

L'aggressore è Antonio Cianci che nel 1979 ha ucciso tre carabinieri dopo essere stato fermato ad un posto di blocco. La vittima non è in pericolo di vita.

Un uomo di 79 anni è stato ferito con una coltellata alla gola mentre si trovava nel parcheggio sotterraneo dell’ospedale San Raffaele di Milano. Le sue condizioni sono gravi, ma non sarebbe in pericolo di vita. A ferirlo è stato Antonio Cianci, il pregiudicato di 60 anni che nell’ottobre del 1979 aveva ucciso tre carabinieri a Melzo (Milano). Detenuto nel carcere di Bollate, Cianci aveva ottenuto, da quanto si è saputo, un permesso premio.

LA RICOSTRUZIONE DELL’AGGRESSIONE

L’episodio è avvenuto attorno alle 18 e poco dopo la polizia ha fermato Cianci con un taglierino sporco di sangue ancora in tasca. Secondo la prima ricostruzione fornita dalla polizia, l’uomo avrebbe ferito lo sconosciuto nel corso di una rapina.

CONDANNATO ALL’ERGASTOLO PER L’OMICIDIO DEL 1979

Cianci aveva 20 anni quando nella notte tra l’8 e il 9 ottobre del ’79 uccise tre carabinieri che lo avevano fermato ad un posto di blocco tra Liscate e Melzo, nel Milanese, a bordo di un’auto che risultava rubata. Mentre gli controllavano un documento, il giovane fece fuoco uccidendo il maresciallo Michele Campagnuolo, l’appuntato Pietro Lia e il carabiniere Federico Tempini. Quando venne arrestato Cianci, originario di Cerignola (Foggia), non confessò e disse, anzi, che a sparare ai militari erano stati alcuni sconosciuti a bordo di un’auto. Al processo di primo grado venne condannato all’ergastolo, confermato in appello nel 1983 (processo in cui con una lettera ai giudici finalmente confessò la strage) e poi anche in Cassazione.

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