Arrestato un clochard per l’incendio alla Cavallerizza Reale di Torino

L'uomo, incastrato dai filmati della sorveglianza, è stato individuato a Genova.

È stato individuato dalla polizia il piromane che, il 21 ottobre scorso a Torino, ha causato l’incendio che ha distrutto le ex scuderie della Cavallerizza Reale, patrimonio Unesco, occupata da quattro anni. Si tratta di un clochard di 38 anni di origine marocchina nato in Spagna. L’uomo è stato fermato dagli agenti del commissariato Centro di Genova, su provvedimento della procura di Torino, a seguito delle indagini sviluppate dalla polizia.

RIPRESO DALLE TELECAMERE MENTRE VERSAVA MATERIALE INFIAMMABILE

Le telecamere del commissariato Centro di Torino, installate alla Cavallerizza per un’indagine su un’attività di spaccio nello stabile, l’hanno ripreso mentre versava materiale infiammabile e tentava di appiccare il fuoco con un accendino prima nella zona del Tempietto, poi in quella dei Granai. Il giorno dopo il rogo, il clochard era stato sentito dagli agenti, ma aveva negato di trovarsi della Cavallerizza al momento dell’incendio e di aver trascorso la notte ai Murazzi del Po, sempre nel capoluogo piemontese. Le sue parole sono state smentite dalle immagini dai filmati.

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Conte fuori dall’Ilva a Taranto tra cori e contestazione

Ad accoglierlo una folla di operai, cittadini e ambientalisti. Con una richiesta chiara: «Vogliamo la chiusura dell'impianto, qui ci sono più morti che nascite». Il premier: «Parlerò con tutti».

L’avvocato del popolo circondato dal popolo. A Taranto, fuori dallo stabilimento ex Ilva. Dove il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è presentato per parlare con gli operai, accompagnato da alcuni dirigenti del siderurgico, nel giorno in cui si sono fermati tutti gli stabilimenti per lo sciopero. E dalla folla sono partiti cori, richieste, anche qualche contestazione.

«IL DOSSIER EX ILVA PRIORITARIO PER IL GOVERNO»

Il premier ha partecipato anche al Consiglio di fabbrica permanente di Fim, Fiom e Uilm. Ha ascoltato per oltre un’ora gli oltre 200 partecipanti. Dicendo che «il dossier ex Ilva è prioritario per il governo. Dobbiamo gestirlo tutti uniti, non solo il governo, ma anche voi. Tutti insieme dobbiamo combattere questa battaglia. Come sistema Paese».

CHIESTA LA RICONVERSIONE ECONOMICA DEL TERRITORIO

Conte era entrato dalla portineria D, quella riservata all’ingresso degli operai. Lì c’erano rappresentanti di comitati e movimenti con striscioni che hanno chiesto la riconversione economica del territorio.

Mi sento in colpa, ogni volta che vado al lavoro faccio del male alla mia famiglia


Un operaio a Conte

Molti all’esterno hanno scandito cori inneggianti alla chiusura dell’impianto. Conte, un po’ travolto dalla confusione in mezzo alla ressa, ha reagito promettendo: «Parlerò con tutti, ma con calma». Un cittadino gli ha urlato: «Dovete conoscere la situazione». E lui ha risposto: «Sono qui per questo». Un altro ha detto: «Mi sento in colpa perché ogni volta che vado al lavoro faccio del male alla mia famiglia».

«CI SONO PIÙ MORTI CHE NASCITE, BASTA CON QUESTA FABBRICA»

Diversi erano cittadini del vicino quartiere Tamburi, nel quale si contano i maggiori danni ambientali e alla salute. «Qui ci sono più morti che nascite», ha detto una madre. «Abbiamo fiducia nelle istituzioni, ma non fatela perdere a noi», ha aggiunto un altro. E ancora: «Questa città richiede altro, perché continuate a insistere su questa fabbrica?».

DIALOGO SU LAVORO E ARCELOR MITTAL

Il presidente del Consiglio ha dialogato con alcuni. Riportando il tema sul lavoro. «Tu lavori?», ha domandato a un cittadino. «Ora sono disoccupato», è stata la risposta. E quando gli è stato chiesto un giudizio sulla società che ora gestisce l’impianto, ha replicato al premier: «Mittal non si è comportata mica tanto bene».

Cosa volete, la riconversione? Stiamo lavorando tanto per l’energia pulita


Il premier Giuseppe Conte

Nella calca c’erano anche ambientalisti. Il premier a molti cittadini ha chiesto: «Cosa volete, la riconversione?». Ma il gruppo che lo ha assediato all’esterno prima che potesse entrare ha avuto una parola d’ordine: chiusura. Solo qualcuno ha accennato alla possibilità di una riconversione, impiegando per questo gli operai per la bonifica. Conte ha rivendicato attenzione all’ambiente: «Stiamo lavorando tanto per l’energia pulita».

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Chi è Brasile, il neofascista protagonista della rissa con Vauro

Sul corpo i tatuaggi del Duce e di Hitler. Nel passato le spedizioni anti-rom e gli attacchi agli immigrati. Come Massimiliano Minnocci è diventato una star di social e tivù portando avanti le idee dell'estrema destra.

La levata di scudi è già partita. Sono in molti a chiedere che personaggi come Brasile (o il Brasiliano), al secolo Massimiliano Minnocci, vengano lasciati fuori da talk show e rutilanti programmi in prime time della tivù generalista. Per chi se lo fosse perso, Minnocci è l’agitatore di estrema destra arrivato quasi allo scontro fisico con Vauro nel corso del programma Dritto e Rovescio, in onda la sera del 7 novembre su Rete4.

«A ROMA DEVI FARE QUELLO CHE DICO IO»

Lo scambio poco cortese tra i due è arrivato al termine di un vivace botta e risposta tra lo stesso Brasile e la giornalista Francesca Fagnani, nel corso del quale il nostro ha rivendicato con orgoglio «ordine e disciplina» della borgata romana da cui proviene. «Roma non è fascista», è l’opinione Brasile, prima, però, di aggiungere un “energico” «devi fare quello che ti dico io».

Non è nuovo a performance di questo genere Minnocci, diventato negli ultimi mesi un habituée dei salotti televisivi, per nulla inibiti dalle idee poco ortodosse del personaggio, diventato una star sui social con migliaia e migliaia di follower di fronte ai quali non ha esitato ad autoproclamarsi più volte «l’ottavo re di Roma».

«A CHI RUBA TAGLIEREI LE MANI»

Di lui si dice che debba il soprannome alle qualità da calciatore, passione che sfoga quotidianamente da ultrà romanista. Ai microfoni della Zanzara non si è fatto remore, interpellato sulla questione rom, a dire che lui, a chi ruba, «taglierebbe le mani». E gli immigrati? «Dalle mie parti si stavano comportando male ‘sti zozzoni. Non servono le guardie, perché qui la legge la faccio io. Questa è casa mia. Ci penso io, non lo Stato». E ancora: «Io posso sbagliare perché sono italiano, loro no perché sono ospiti in questo Paese».

Sul suo fisico forgiato da ore e ora di palestra fanno “bella” mostra i tatuaggi di Adolf Hitler e Benito Mussolini, oltre a svastiche e croci celtiche su varie parti del corpo. A far compagnia a dichiarazioni da far accapponare la pelle: «In Italia ci vuole un po’ d’ordine. Manca zio Adolfo che fa pulizia. Voi dite che è incompatibile con la cocaina e col casino allo stadio? È vero, ma Hitler prendeva gli allucinogeni…».

«HO PIPPATO L’IRA DIO, MA ORA HO SMESSO»

Un riferimento ai suoi passati problemi di tossicodipendenza. «Ho o pippato l’ira di Dio, i grattacieli proprio. Ma non torno a pippare. Questa è un’altra vita. Ai ragazzini consiglio di non prendere sostanze stupefacenti».

In molti, evidentemente, credono che personaggi come Brasile incarnino alla perfezione lo spirito delle periferie romane e poco importa che finiscano per divulgare in prima serata messaggi razzisti e xenofobi. La tivù preferisce concentrarsi sui disagi del passato, evitando di prendere posizione, per esempio, sulla protesta, di cui è stato protagonista, contro l’assegnazione della casa popolare a una famiglia rom che ne aveva diritto, lo scorso mese di maggio. O sulla sua fedina penale macchiata da una condanna a cinque mesi («pena sospesa», tiene a precisare). Richiesto di un’opinione sulla classe politica italiana, Brasile no ha dubbi: «Salvini mi piace, ma sta militarizzando Roma, mettessero gente delle borgate che davero ce li magnamo i rumeni e i talebani che vanno a rompe’ er cazzo. Adesso non voto niente. Però se dovessi votare, voto ’a Lega Nord, tutta ’avita».

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L’effetto Bloomberg sulle elezioni Usa 2020

Il magnate, che piace a Wall Street ed elettorato moderato, è pronto a candidarsi. Un terremoto per gli altri sfidanti dem. A partire da Biden.

Michael Bloomberg è pronto a sfidare Donald Trump. Secondo quanto riportato dal New York Times, il magnate dovrebbe presentare già nelle prossime ore la documentazione per candidarsi. E dovrebbe farlo nello Stato dell’Alabama, accedendo poi alle primarie. Anche se Bloomberg non ha ancora deciso al 100% se scendere in campo o meno, il deposito dei documenti gli consente di lasciarsi la porta aperta per lanciare il guanto di sfida a Trump, l’altro miliardario di New York, attualmente inquilino della Casa Bianca. Trump che ha così commentato l’ipotesi: «Little Michael non farà bene» ai dem, ha detto The Donald, dicendo che finirà col danneggiare Joe Biden.

BLOOMBERG SNOBBA I CANDIDATI DEMOCRATICI

A spingere Bloomberg a considerare seriamente la candidatura è il parterre dei democratici. A suo avviso – secondo indiscrezioni riportare dal New York Post – Biden è «debole», mentre Bernie Sanders ed Elizabeth Warren «non possono vincere». Alcuni stretti collaboratori di Bloomberg riferiscono che l’ex sindaco di New York è convinto che Trump sarà rieletto se Warren dovesse incassare la nomination democratica. Una discesa in campo di Bloomberg sarebbe un terremoto per la corsa dei democratici alla Casa Bianca, già segnata pesantemente dalle indagini per un possibile impeachment del presidente americano. Bloomberg a differenza degli altri dem in corsa non ha bisogno di raccogliere fondi: la sua fortuna gli consente di decidere anche all’ultimo momento se candidarsi senza doversi preoccupare di come finanziare la campagna.

L’EX SINDACO VEDE TRUMP COME «UNA MINACCIA SENZA PRECEDENTI»

Come pronosticato da Trump, a pagare il prezzo maggiore di un’eventuale candidatura di Bloomberg sarebbe Biden, il più moderato in corsa. Ma sarebbero tutti i candidati a risentirne, anche Warren: l’ex sindaco di New York è sicuramente visto più di buon occhio da Wall Street, dalla Silicon Valley e anche da molti elettori democratici contrari a una svolta eccessivamente a sinistra del partito. Bloomberg, afferma il suo consigliere Howard Wolfson, vede Trump come una «minaccia senza precedenti per il Paese» come dimostrano le sue donazioni alle elezioni di metà mandato. «Mike è sempre più preoccupato sul fatto che gli attuali candidati non sono ben posizionati» per battere Trump, aggiunge Wolfson. E proprio la platea di candidati non convincenti ha spinto Bloomberg a ripensare al passo in avanti, dopo che in marzo aveva annunciato di non voler scendere in campo.

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Ubi Banca, i risultati dei primi nove mesi del 2019

Utile contabile a 191,1 milioni di euro. In crescita il reddito operativo che si attesta al 9,6%.

La performance commerciale evidenziata dai risultati di Ubi Banca è positiva, come attesta la crescita del reddito operativo salito a/a del 9,6%.
Questo testimonia la capacità strutturale della banca di produrre utile e riflette la forte resilienza del margine di interesse che si è ridotto del 2,7%, e cioè in misura molto inferiore rispetto ai competitor.

Una buona performance delle commissioni che sono cresciute grazie al contributo determinante della raccolta indiretta che ha superato quota 100 mld, con una crescita sia dell’asset management sia del comparto assicurativo cresciuti rispettivamente del 7,8 % e dell’8,3%.
L’utile netto contabile, che è diminuito anno su anno da 210,5 a 191,1 milioni, risente dell’incidenza del costo del credito il quale riflette l’effetto delle operazioni sugli npl (-2,2 mld di euro a/a) che da un lato hanno permesso di raggiungere un NPE ratio del 9,07% ma hanno anche comportato un costo transitato per il conto economico.

La banca quindi è strutturalmente più forte, capace di produrre reddito ma in questa situazione vede una riduzione dell’utile netto contabile perché, in sostanza, una parte di utile è stata investita nel miglioramento strutturale dei conti della banca, testimoniato dal ratio degli npl.
La performance commerciale è però distintiva.

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