La stretta di Google contro le fake news negli spot elettorali

Mountain View ha vietato a politici e candidati di prendere di mira categorie di utenti sulla base della loro affiliazione. Anche Fb corre ai ripari.

Stretta di Google sugli spot elettorali. Nel tentativo di fermare il dilagare della fake news in vista degli appuntamenti elettorali in Gran Bretagna prima e negli Stati Uniti poi, Mountain View vieta a politici e candidati di prendere di mira intere categorie di utenti ed elettori sulla base della loro affiliazione politica. Ma anche di mirare gli spot sulla base degli interessi degli utenti captati dal loro navigare online. Resta invece ancora possibile mirare le proprie pubblicità sulla base del genere e dell’età. La mossa di Google punta a stemperare le critiche contro la Silicon Valley, accusata da più parti di non aver fermato le interferenze russe sulle elezioni americane del 2016. Critiche che hanno riguardato soprattutto Twitter e Facebook.

TWITTER ANTICIPA TUTTI

La società che cinguetta è corsa di recente ai ripari, decidendo di vietare del tutto gli spot elettorali sulla sua piattaforma. Una mossa che ha spiazzato e aumentato la pressione sul social di Mark Zuckerberg. Facebook ha finora resistito a ogni modifica ma sembrerebbe pronta a tornare sui suoi passi. Secondo indiscrezioni, il colosso sta infatti valutando modifiche e lo sta facendo in contatto con gli inserzionisti democratici e repubblicani. La campagna di Donald Trump è una delle più attive su Facebook: da quando è esploso lo scandalo dell’Ucraina il 18 settembre ha lanciato sulla piattaforma circa 5.500 spot, il 40% dei quali con almeno un riferimento all’impeachment.

L’INCONTRO TRUMP-ZUCKERBERG

Zuckerberg ha avuto di recente modo di incontrare privatamente il presidente americano: lo scorso ottobre è andato a cena alla Casa Bianca su invito dello stesso Trump. I contenuti dell’incontro non sono stati resi noti, ma non è escluso che i due si siano soffermati sugli spot elettorali su Facebook, tema caro ai democratici e soprattutto alla candidata Elizabeth Warren che, nella sua piattaforma, ha anche lo smembramento di Facebook e di altri big tecnologici divenuti troppo potenti e una minaccia della democrazia.

L’ALLARME DI AMNESTY INTERNATIONAL

Convinta della pericolosità di Facebook e Google è anche Amnesty International: la loro sorveglianza onnipresente è una minaccia sistemica per i diritti umani, denuncia l’associazione augurandosi un cambio radicale del loro modello di business. Le critiche di Amnesty vanno così ad alimentare il dibattito intorno ai social, che nei prossimi appuntamenti elettorali vedono un esame da dover superare a ogni costo.

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