Il ministro degli Esteri arriva in un Paese dilaniato dalla guerra. Previsti bilaterali con Serraj e Haftar. E sul terreno si muovono anche Turchia e Libia. Lo scenario.
Il ministro degli Esteri Luigi di Maio è in Libia. A quanto si apprende, il titolare della Farnesina è atterrato nella mattinata del 17 dicembre a Tripoli dove vedrà Fayez al Sarraj, il vicepresidente del consiglio presidenziale Ahmed Maitig, il ministro degli Affari esteri Mohamed Siala e il ministro degli Interni Fathi Bashaga. Subito dopo si sposterà a Bengasi per incontrare Khalifa Haftar. Infine Tobruk, per vedere il presidente della Camera dei rappresentanti Aghila Saleh. Al centro dei colloqui il conflitto in corso, la conferenza di Berlino, il memorandum e altri temi centrali. L’ultima visita di un esponente di governo italiano in Libia fu quella del presidente del Consiglio il 23 dicembre dell’anno scorso, quando Conte si recò prima a Tripoli e poi a Bengasi.
UN CONTESTO DI GUERRA PERMANENTE
Sul terreno la tensione è alle stelle: per ore si sono rincorse indiscrezioni da fonti vicine ad Haftar, rilanciate anche dalla tv panaraba Al Arabiya ma non confermate, di un attentato a colpi di arma da fuoco contro il ministro dell’Interno libico Fathi Bashagha nella notte a Misurata, poi fotografato in mattinata sotto l’ombrellone di un caffè di Tripoli. La città a est della capitale, detta ‘la Sparta di Libia’ per la sua potenza militare che garantisce quasi la metà (7.500) dei miliziani impegnati nella difesa di Tripoli, ha annunciato «la dichiarazione dello Stato d’emergenza generale» e la volontà di mobilitare «tutte le proprie capacità» a sostegno di Sarraj e contro «il totalitarismo» incarnato da Haftar.
LA TENUTA DI MISURATA E L’INTERVENTISMO DELLA TURCHIA
Il sostegno di Misurata è la spiegazione più diffusa all’incapacità di Haftar di prendere Tripoli anche dopo aver annunciato, all’inizio di dicembre, lo scoccare dell’ “ora zero” della battaglia decisiva. In un conflitto già trasformatosi in una guerra per procura con l’impiego semi-segreto di forze di altri Stati, la possibilità di un coinvolgimento diretto turco si è fatta ancora più concreta con l’approvazione – da parte della Commissione Esteri del Parlamento di Ankara – della parte sulla “cooperazione militare” del memorandum d’intesa siglato a fine novembre dal presidente Recep Tayyip Erdogan con Sarraj. L’altro accordo invece, quello che stabilisce la controversa demarcazione dei confini marittimi tra i due Paesi, è già stato approvato dal Parlamento turco.
ANCHE L’EGITTO PRONTO A INTERVENIRE
In questo quadro il governo Sarraj ha dichiarato di considerare una «minaccia» di voler intervenire in Libia le frasi pronunciate domenica da Abdel Fattah al-Sisi. Il presidente egiziano ha detto che l’Egitto «sarebbe dovuto intervenire direttamente in Libia» e che è «in grado di farlo», pur aggiungendo di «non averlo fatto perché il popolo libico non dimenticherebbe mai un intervento». Ancora prima della missione di Di Maio, la diplomazia internazionale si era mossa con una telefonata fra il presidente russo Vladimir Putin e la cancelliera tedesca Angela Merkel che hanno «sottolineato l’importanza di evitare un’ulteriore escalation» in Libia. «Solidarietà politica e comune visione in vicende come quelle che coinvolgono da troppo tempo la Libia sono indispensabili e sarebbero giovevoli», ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia degli auguri al Corpo diplomatico.
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