Paulo Gonçalves è il morto numero 30 della Dakar

Caduto nella settima tappa della corsa in Arabia Saudita, è deceduto per le ferite riportate.

Un altro morto alla Dakar. Una caduta è costata la vita al motociclista portoghese Paulo Gonçalves, 40enne veterano della corsa che si sta correndo in Arabia. Il pilota è caduto nel corso della settima tappa da Riad a Wadi al Dawasir all’altezza del chilometro 276. Gonçalves è stato trasportato in elicottero all’ospedale di Layla, ma le ferite erano troppo gravi e i medici non hanno potuto che constatarne la morte. Il portoghese nel 2015 era giunto al secondo posto della Dakar, ma soprattutto era alla sua tredicesima partecipazione alla grande corsa.

UNA LUNGA SCIA DI MORTE

Emigrata in Arabia, la Dakar resta comunque la corsa della morte. Gonçalves è il 30esimo pilota che perde la vita nella storia di questa competizione, che ha provocato anche una quarantina di altre vittime fra giornalisti, assistenti di gara, meccanici e spettatori. Il primo fu il motociclista Patrick Dodin, che morì sempre per una caduta, mentre tentava di sistemarsi il casco che gli si era allentato. L’ultimo incidente mortale alla Dakar, prima di Gonçalves, era accaduto invece nel 2015, in Argentina, quando a perdere la vita fu il motociclista 39enne polacco Michal Hernik, caduto nella terza tappa. L’anno prima, sempre in Argentina, ancora un motociclista, il 50enne belga Eric Palante era deceduto in un incidente nei pressi di Chilecito.

NEL 2005 LA MORTE DI MEONI

Nel 2005 la lista nera della corsa accolse anche il motociclista italiano Fabrizio Meoni, trionfatore delle edizioni 2001 e 2002. Il 47enne campione azzurro, in sella a una Ktm, ebbe un arresto cardiaco durante l’11esima tappa, dopo una caduta nello sterrato fra Atar e Kiffa in Mauritania. Quell’anno perse la vita anche lo spagnolo José Manuel Perez, motociclista anche lui, come i due morti nell’edizione 2013, il francese Thomas Bourgin, 25enne e lo spagnolo Jorge Martinez Boero. Un altro italiano morì nel 1986, era anche lui un motociclista, Giampaolo Marinoni, cadde a 40 chilometri dal traguardo, ma si rialzò e portò a termine la corsa, arrivando 13esimo. Poche ore dopo, un malore, e due giorni dopo la morte.

NEL 1986 LA MORTE DELL’INVENTORE DELLA CORSA

L’incidente più grave, collaterale alla corsa vera e propria, avvenne nel 1986, quando cadde un elicottero e morirono i cinque passeggeri, tra cui l’inventore della corsa, Thierry Sabine. Nel 2008 la Dakar fu invece annullata, per la prima volta nella sua storia a causa dell’omicidio in Mauritania di quattro turisti francesi. Nel 1991, in Mali, il pilota di un camion fu colpito alla testa da un proiettile vagante. Il 2010 fu funestato al via dalla morte di una spettatrice, Natalia Sonia Gallardo, investita: nello stesso anno l’incidente gravissimo al sardo Luca Manca. Nel 2011 altro sangue: stavolta a perdere la vita fu Marcelo Reales, 43 anni, un contadino investito da uno dei concorrenti, Eduardo Amor. L’anno prima un altro motociclista, il francese Pascal Terry, fu addirittura ritrovato solamente tre giorni dopo la morte.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Morto Giovanni Custodero, calciatore simbolo della lotta al cancro

Aveva 27 anni. Malato dal 2017, raccontava la sua battaglia sui social. Dopo le feste aveva scelto la sedazione profonda.

La lunga battaglia di Giovanni Custodero si è conclusa la mattina di domenica 12 gennaio. Il portiere di 27 anni di Pezze di Greco, frazione di Fasano (Brindisi), malato di sarcoma osseo, aveva da poco annunciato su Facebook di voler ricorrere alla sedazione profonda, per lenire il dolore. Il calciatore aveva giocato nella squadra di calcio a 5 del Fasano, nel campionato di C2.

MALATTIA DIAGNOSTICATA NEL 2017

La malattia gli era stata diagnosticata nel 2017 e contro di essa aveva lottato tenacemente con il sorriso, pubblicando sui social le sue emozioni e le cure, e facendosi promotore di molte iniziative di beneficenza. Aveva anche subito l’amputazione di una gamba. Qualche giorno fa il post che aveva suscitato commozione: «Ho deciso di trascorrere le feste lontano dai social ma accanto alle persone per me più importanti. Però, ora che le feste sono finite, e insieme a loro anche l’ultimo granello di forza che mi restava, ho deciso che non posso continuare a far prevalere il dolore fisico e la sofferenza su ciò che il destino ha in serbo per me». Infine l’annuncio: «Da domani sarò sedato e potrò alleviare il mio malessere».

IL CORDOGLIO DEL SINDACO

«Giovanni Custodero è diventato in questi anni il simbolo di quanti lottano ogni giorno contro la malattia e la sofferenza, con una forza d’animo che è di esempio per tutti», ha detto il sindaco di Fasano Francesco Zaccaria, «a nome mio personale e di tutta la città, che in queste ore sta manifestando alla famiglia tutta la sua vicinanza, con un calore e un affetto che mi rendono orgoglioso di esserne alla guida, voglio abbracciare idealmente lui, i suoi cari e tutti quanti stanno affrontando un percorso di dolore, dandoci esempio di amore per la vita, supremo bene».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Brignone e Bassino prima e terza in combinata a Zauchensee

Doppietta italiana nella gara in cui cadono Shiffrin e Vhlova. Secondo posto per Wendy Holdener.

Splendida doppietta italiana nella combinata femminile di Coppa del Mondo di sci alpino a Zauchensee, in Austria. A esultare dal gradino più alto del podio è Federica Brignone, al suo dodicesimo successo in carriera. Terzo posto per Marta Bassino, che conferma l’ottimo avvio di stagione. Fra le due azzurre, secondo posto per la favoritissima svizzera Wendy Holdener, che paga un errore nella parte alta dello slalom.

BRIGNONE SECONDA IN COPPA

Federica Brignone ha chiuso la prova in 2’03”45. A 29 anni è la sua seconda vittoria stagionale, la 12esima in carriera oltre a 10 secondi e10 terzi posti, in un palmares che vede anche un argento mondiale e un bronzo olimpico. Per la valdostana, grande specialista del gigante ma anche eccellente polivalente, è il terzo successo in questa disciplina e la vittoria la riporta al secondo posto nella classifica generale di Coppa del mondo con 565 punti, alle spalle della statunitense Mikaela Shiffrin, in testa con 826, rimasta a secco in combinata per via dell’uscita nella discesa, stessa sorte di un’altra delle grandi favorite della prova, Petra Vhlova.

ANCORA PODIO PER BASSINO

Terzo posto per Marta Bassino in 2’04”27. Per la piemontese di 23 anni, vincitrice del gigante di Killington, è il nono podio in carriera. Molto buona anche la prova anche di Elena Curtoni, quinta in 2’05”95 La prossima tappa di Coppa del mondo è prevista per la sera di martedì 14 gennaio, nella vicina Flachau, con lo slalom speciale notturno.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Brignone e Bassino prima e terza in combinata a Zauchensee

Doppietta italiana nella gara in cui cadono Shiffrin e Vhlova. Secondo posto per Wendy Holdener.

Splendida doppietta italiana nella combinata femminile di Coppa del Mondo di sci alpino a Zauchensee, in Austria. A esultare dal gradino più alto del podio è Federica Brignone, al suo dodicesimo successo in carriera. Terzo posto per Marta Bassino, che conferma l’ottimo avvio di stagione. Fra le due azzurre, secondo posto per la favoritissima svizzera Wendy Holdener, che paga un errore nella parte alta dello slalom.

BRIGNONE SECONDA IN COPPA

Federica Brignone ha chiuso la prova in 2’03”45. A 29 anni è la sua seconda vittoria stagionale, la 12esima in carriera oltre a 10 secondi e10 terzi posti, in un palmares che vede anche un argento mondiale e un bronzo olimpico. Per la valdostana, grande specialista del gigante ma anche eccellente polivalente, è il terzo successo in questa disciplina e la vittoria la riporta al secondo posto nella classifica generale di Coppa del mondo con 565 punti, alle spalle della statunitense Mikaela Shiffrin, in testa con 826, rimasta a secco in combinata per via dell’uscita nella discesa, stessa sorte di un’altra delle grandi favorite della prova, Petra Vhlova.

ANCORA PODIO PER BASSINO

Terzo posto per Marta Bassino in 2’04”27. Per la piemontese di 23 anni, vincitrice del gigante di Killington, è il nono podio in carriera. Molto buona anche la prova anche di Elena Curtoni, quinta in 2’05”95 La prossima tappa di Coppa del mondo è prevista per la sera di martedì 14 gennaio, nella vicina Flachau, con lo slalom speciale notturno.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Chi è Paolo Dal Pino, eletto nuovo presidente della Lega Serie A

I club si sono accordato sull'ex manager nominato con 12 voti a favore anche grazie al quorum più basso.

Paolo Dal Pino è il nuovo presidente della Lega Serie A. È stato eletto dall’assemblea dei venti club con 12 voti, uno in più della maggioranza semplice richiesta dopo due assemblee elettive andate a vuoto. Dal Pino aveva già sfiorato la nomina nella seconda assemblea elettiva, lo scorso 16 dicembre, raccogliendo nei tre scrutini 13 e 12 voti, fra cui quelli di Roma, Lazio, Milan e Genoa.

ELETTO GRAZIE ALL’ABBASSAMENTO DEL QUORUM

Con l’abbassamento del quorum questa volta 12 sono bastati per essere eletto. Una scheda è stata lasciata bianca e altri 7 voti sono andati a Gaetano Miccichè, che si era dimesso dalla presidenza della Lega il 19 novembre dopo l’inchiesta della Procura federale sulla sua elezione, e che è stato candidato poco prima del voto dal presidente del Torino Urbano Cairo.

UN PASSATO NELL’INDUSITRA DELLA COMUNICAZIONE

Milanese, classe 1962, Dal Pino ha iniziato la sua carriera di manager nel 1986 in Fininvest, ricoprendo poi ruoli di vertice fra editoria e telecomunicazioni, in Mondadori, Kataweb del gruppo Espresso, Telecom, Seat Pg, Pirelli e Wind.

I DUBBI DI MAROTTA SUL VOTO

La nomina di Dal Pino non ha però trovato l’intesa di tutti i club, come hanno dimostrato le parole dell’ad dell’Inter, Giuseppe Marotta, dopo l’elezione: «L’elezione», ha spiegato, «è avvenuta a mio giudizio in modo abbastanza improvvisato. Noi grandi contestavamo il metodo con cui si è arrivati all’elezione, non certo la persona, perché Dal Pino rappresenta un manager importante ma ci pareva giusto poterci confrontare con lui per ascoltare il suo programma. Non abbiamo condiviso questa scelta e abbiamo espresso il nostro voto». «L’elezione è stata un po’ risicata», ha continuato l’ex dirigente della Juve. «Noi abbiamo espresso il desiderio, l’esortazione di rinviare per avere un metodo elettivo migliore rispetto a quello che c’è stato, perché sembrava giusto che un candidato autorevole come Del Pino, a cui va sicuramente la massima considerazione per quello che rappresenta, si dovesse quantomeno presentare per esporre il suo programma. Siamo dispiaciuti da questo punto di vista ma fa parte della democrazia».

ABETE: «ORA SI TORNA ALLA NORMALITÀ»

Chi ha accolto con favore il voto è stato Giancarlo Abete, che ha chiuso il suo mandato da commissario ad acta: «L’obiettivo era ripristinare gli organi della Lega ed è stato raggiunto al primo colpo. È motivo di soddisfazione per la Lega, che riprende un percorso di normalità dopo le dimissioni di Micciché, e per la Figc che mi aveva dato il mandato». «Non ho parlato con Dal Pino», ha concluso, «ma penso che accetterà. Ha 15 giorni per accettare e rimuovere eventuali incompatibilità». «È emersa», ha detto ancora il presidente uscente, «una volontà condivisa di modificare il sistema elettorale nel prossimo periodo. Il fatto di non avere candidati, di non avere una valutazione della posizione e una verifica dell’eleggibilità preventiva e non successiva, determina problematiche». «Sia i club che i candidati», ha concluso, «si mettono sotto verifica degli organi di giustizia sportiva. È una perdita di potere contrattuale».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

È il giorno del ritorno al Milan di Ibrahimovic

Il campione svedese è sbarcato a Linate in tarda mattinata. Ad attenderlo altre dal CFO del Milan Boban, anche un centinaio di tifosi. Domani la presentazione ufficiale.

Zlatan Ibrahimovic è arrivato a Milano con un volo privato dalla Svezia. Ad attenderlo all’aeroporto di Linate Zvonimir Boban, CFO del Milan. Ibrahimovic si trasferirà subito dopo alla clinica La Madonnina dove svolgerà le visite mediche. Il 3 prevista la presentazione ufficiale a Casa Milan. L’ex Juve e Inter è sceso dall’aereo privato e ha subito rilasciato un’intervista al canale tematico del Milan. Total black per l’attaccante, che indossa una felpa nera col cappuccio e jeans neri. Sorrisi ed emozione per lo svedese che firmerà un contratto di sei mesi.

ACCOLTO DA UN GRUPPO DI TIFOSI

Grande entusiasmo per il suo arrivo a Linate, dove circa un centinaio di tifosi lo hanno atteso per rubare il primo scatto del ritorno dello svedese in casacca rossonera. Al passaggio della macchina con Ibrahimovic a bordo cori e applausi dedicati all’attaccante che ha promesso un cambio di passo nella stagione del Milan. “Assalto” che si è ripetuto anche alla clinica per le visite mediche di rito.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Cosa sappiamo di Michael Schumacher sei anni dopo Meribel

Le condizioni del sette volte campione del mondo di Formula 1 sono ancora avvolte nel riserbo assoluto. Ma la speranza cresce.

Il 29 dicembre 2013 Michael Schumacher finiva contro un sasso a Meribel, sulle Alpi francesi, mentre sciava fuori pista col figlio Mick, e la sua vita cambiava per sempre. cambiò per sempre. Il sette volte campione del mondo di Formula 1 rimase in condizioni critiche e coma indotto per mesi e mesi e impiegò 254 giorni prima di lasciare l’ospedale per fare ritorno nella sua dimora a Gland, nel cantone di Vaud, sul lago di Ginevra. Da allora la famiglia si è chiusa nel riserbo totale, circondandolo di affetto e centellinando le informazioni date ai media.

NIENTE È RIMASTO INTENTATO

Da quel poco che si è saputo in questi anni, sono circa 10 gli esperti di riabilitazione, tra fisioterapisti, infermieri e accompagnatori, che aiutano la famiglia Schumacher nell’assistere Michael. «Niente è rimasto intentato per velocizzare la guarigione di Schumacher», ha scritto la Bild, riportando, tra le altre cose, come gli venga fatto ascoltare il rombo del motore della sua Ferrari. Dopo anni di silenzio e blackout, nel 2019 ci sono state però grandi novità: Schumi avrebbe visitato l’ospedale George Pompidou di Parigi in diverse occasioni e la scorsa estate sarebbe stato sottoposto a un trattamento sperimentale con cellule staminali. Secondo la testimonianza di un’infermiera riportata da Le Parisien, l’ex pilota sarebbe «cosciente».

LE PAROLE DELLA MOGLIE CORINNA

Poi di nuovo il silenzio, salvo qualche breve parentesi aperta dalla moglie Corinna: «Potete stare certi che è nelle migliori mani possibili», ha detto in un’intervista a She’s Magazine della Mercedes, «e che stiamo facendo di tutto per aiutarlo. Vi preghiamo di comprendere che stiamo seguendo le volontà di Michael nel mantenere riservato un argomento così delicato come la sua salute». Schumacher compirà 51 anni il 3 gennaio 2020 e ad oggi solo pochissime persone e amici hanno avuto la possibilità di avvicinarlo: Tra loro Jean Todt, il presidente della Fia ed ex capo della Ferrari: «Non passa mese, anche nei periodi più fitti di impegni, che io non passi a trovarlo e gli stia vicino a mio modo, nel modo che è ancora possibile», le parole dell’amico che un anno fa fece sapere di «aver visto il Gp del Brasile con lui».

PUBBLICATA UNA NUOVA PAGINA FAN

Proprio il 29 dicembre, nel giorno del sesto anniversario dell’incidente di Meribel, è stata pubblicata una nuova pagina di social media intitolata “KeepFightingMichael”, creata dal fan club della sua cittadina natale, Kerpen, vicino a Colonia. In occasione del lancio della pagina, Corinna Schumacher si è lasciata andare a una dichiarazione in cui molti hanno voluto vedere un segnale di speranza per i miglioramenti delle condizioni di salute del campione: «Le grandi cose iniziano sempre con piccoli passi», ha detto. Il fan club utilizzerà l’hashtag #KeepFighting per aumentare l’interesse sui social media. L’omonima fondazione della famiglia Schumacher sta raccogliendo fondi per la ricerca sulle lesioni cerebrali e del midollo spinale.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Dopo il calcio, Cristiano Ronaldo sogna il cinema di Hollywood

Una volta detto addio allo sport, il campione vorrebbe recitare in film importanti: «Voglio uscire dalla mia zona di confort. Quando lo fai, è una grande sfida».

«C’è vita dopo il calcio, ed è importante ricordarselo: vincere più Palloni d’oro e Champions mi rende più felice ma è solo una tappa». A Dubai, dove si trova per l’assegnazione dei Globe Soccer Awards, ecco il Cristiano Ronaldo che non ti aspetti, che mantiene intatto il desiderio di vincere («Spero che il 2020 sia un anno eccellente, come lo sono stati questi ultimi, anzi spero sia fantastico») ma filosofeggia sulla vita e rivela i suoi desideri per quando smetterà di giocare: «Non succederà a breve, ma quando accadrà avrò l’umiltà giusta di rendermi conto se la mia mente sarà più veloce del mio corpo». E tra i suoi sogni c’è Hollywood: «Recitare al top è un qualcosa a cui voglio prepararmi». Ecco quindi il CR7 in futuro attore, non tanto per vanità personale come potrebbe pensare chi non lo conosce e si ferma alle apparenze: «Voglio uscire dalla mia zona di confort. Quando lo fai, è una grande sfida e a me piacciono le sfide: voglio sorprendere prima me stesso e poi gli altri, e continuare a raggiungere traguardi».

LA LETTURA COME HOBBY PER IL TEMPO LIBERO

Nel frattempo c’è il Cristiano extra calcio di oggi, quello per il quale è importante trovare ogni giorno un paio d’ore da dedicare a se stesso: «Magari per rilassarmi o leggere un libro». Già i libri, forse uno dei rimpianti di uno che dalla vita ha avuto tutto. «Ho quattro figli e se mi chiedono qualcosa e non so rispondere mi vergogno, quindi devo autoeducarmi, perché per via del calcio non ho potuto studiare molto, ma quando mi chiedono qualcosa devo poter rispondere. Così quando avevo 26-27 anni ho cominciato ad essere più curioso nei confronti della vita, ad informarmi di più, a parlare meglio l’inglese, e a leggere un buon libro che fa crescere la tua intelligenza e la tua cultura».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

I soldi sauditi per la Supercoppa italiana non puzzano più?

Juventus-Lazio si gioca a Riad dopo il precedente con polemiche di Gedda. Ma l'indignazione (anche se ipocrita) della precedente edizione è svanita. Eppure l'Arabia è sempre lo stesso Paese che calpesta i diritti umani. La Lega Serie A tira dritto e pensa ai guadagni.

Lo stadio dell’Università Re Sa’ud è pronto. Domenica 22 dicembre 2019 alle 17.45 (ora italiana) Riad ospita la Supercoppa italiana, per la seconda volta consecutiva in Arabia Saudita dopo il precedente di Gedda. E se a fine 2018 la vigilia della partita tra Juventus e Milan fu accompagnata da una lunga serie di polemiche, stavolta Juventus e Lazio si apprestano a vivere la loro sfida nel silenzio generale. L’indignazione che nemmeno 12 mesi prima si era sollevata per la scelta di andare a giocare in uno dei Paesi che più calpesta i diritti umani sembra svanita nel nulla.

ATTIVISTE FEMMINISTE IN CARCERE

Eppure l’Arabia Saudita è sempre l’Arabia Saudita, in un anno non è cambiato poi granché. È vero, le donne ora possono viaggiare e guidare un’auto, ma continuano ad aver bisogno del permesso di un tutore maschio per sposarsi, andare a scuola e ottenere un passaporto. Intanto le attiviste femministe continuano a essere chiuse in carcere, dove le pratiche che violano i diritti umani continuano a essere perpetrate. Gli arresti arbitrari sono ancora all’ordine del giorno, come quello di Anas al-Mazrou, professore della stessa università che dà il nome allo stadio in cui si giocherà Juventus-Lazio, che nel marzo 2019 è finito in cella per aver parlato in pubblico a sostegno degli attivisti per i diritti delle donne detenute.

LA SCALA E QUEL CONTRATTO STRACCIATO

Sempre a marzo, sull’onda lunga dell’indignazione per quella Supercoppa a cui le donne avrebbero avuto accesso soltanto in un settore speciale riservato a loro, occupante il 15% dello stadio, il Teatro alla Scala stracciò il contratto che portava all’ingresso nel consiglio d’amministrazione della sua Fondazione del governo saudita. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala annunciò la rinuncia a 15 milioni di euro in tre anni e la restituzione dei 3 già versati come acconto dagli arabi alla Fondazione. La Lega Serie A, per giocare la Supercoppa a Riad, di milioni ne prende esattamente la metà, 7,5 per tre edizioni, 2,5 l’anno, ma non ha mai pensato di poter rinunciare a una cifra che in realtà non sposta poi di molto il bilancio complessivo dei club partecipanti (a cui va il 90% della somma) e del calcio italiano in generale (alla Lega resta appena il 10%, 750 mila euro).

POLITICA DI ESPORTAZIONE PER LA SERIE A

Nemmeno l’omicidio di Jamal Khashoggi, giornalista saudita per il Washington Post, fortemente critico nei confronti del governo di Re Salman, torturato e massacrato nella sede del consolato arabo a Istanbul nell’ottobre del 2018, riuscì a cambiare lo stato delle cose. D’altra parte la Serie A aveva già intrapreso da anni la sua politica di esportazione della Supercoppa, con nove edizioni giocate all’estero prima di quella del gennaio 2019, spesso in Paesi non proprio celebri per il rispetto dei diritti umani (oltre a due negli Stati Uniti, se ne sono giocate infatti tre in Cina, due in Qatar e una Libia nel 2002, quando il Paese era ancora sotto il governo di Gheddafi, i rapporti del rais con Silvio Berlusconi erano ben oltre la semplice cordialità, e il figlio di Mu’ammar, Saadi, era appena diventato azionista della Juventus. In quelle edizioni la Lega guadagnò ancora meno dei 7,5 milioni che prende dall’Arabia Saudita: lo fece, piuttosto, per provare a rendere più globale il prodotto calcio italiano, ma verosimilmente anche in quanto strumento di diplomazia e geopolitica internazionale.

Selfie con Ciro Immobile per i tifosi arabi. (Getty)

CONTINUIAMO A VENDERE ARMI AI SAUDITI

L’Italia che non vuole i sauditi alla Scala è la stessa che continua a vendere loro armi per la guerra contro lo Yemen, le bombe fabbricate in Sardegna dalla tedesca Rwm, ma non solo. Secondo la relazione annuale sulla vendita di armi verso paesi stranieri che il governo ha presentato in parlamento a giugno, solo nel 2018 l’Italia ha spedito a Riad 108 milioni di euro in armamenti. Il calcio, insomma, non è che lo specchio di un Paese ipocrita che continua a fare affari e siglare intese con uno Stato da cui a parole prende le distanze.

Il trofeo della Supercoppa a Riad. (Getty)

GERMANIA E FRANCIA HANNO REAGITO

Eppure una via diversa è possibile. L’ha indicata la Federcalcio tedesca nel decidere che la Germania non avrebbe più giocato amichevoli contro nazionali di Paesi in cui non vige la parità di genere. L’ha fatto, in parte, anche la Spagna, dove all’indignazione per un accordo della Liga del tutto analogo a quello concluso dalla Serie A (la Supercoppa di Spagna si gioca a Gedda per tre edizioni in un nuovo formato che prevede un quadrangolare) è seguita la netta presa di posizione della tivù di Stato, la Tve, che ha deciso di non trasmettere gli incontri sui suoi canali. La Figc, invece, si è limitata a invitare al Barbera di Palermo, per la partita tra Italia e Armenia del 18 novembre, una delegazione di donne iraniane, costrette ancora a forti limitazioni all’accesso agli stadi nel loro Paese.

L’ITALIA FATICA PURE CON L’ANTI-RAZZISMO

La Serie A, però, non cambia idea. E dopo essersi mossa goffamente e con estremo ritardo sul fronte della lotta al razzismo negli stadi, sembra del tutto sorda agli appelli per il rispetto dei diritti umani in Arabia Saudita. Con buona pace di Kashoggi, della parità di genere, del rispetto dei diritti umani. Che evidentemente contano meno di una manciata di milioni e dell’esportazione di un brand che persino Cristiano Ronaldo fa fatica a risollevare a livello globale.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Perché la Juventus gioca mercoledì 18 dicembre e la Lazio no

Veleni e polemiche per le date diverse tra le due sfidanti della Supercoppa che si gioca il 22 dicembre a Riad. Impossibile anticipare la sfida per i biancocelesti che sfideranno la Lazio il 5 febbraio.

Polemiche in vista della Supercoppa italiana che si giocherà il 22 dicembre al King Saud University Stadium di Riad. I veleni riguardano soprattutto la 17esima giornata di campionato prevista per il 18 e il 22. La Juventus scenderà in campo nell’anticipo di mercoledì 18 dicembre contro la Sampdoria, mentre per la Lazio si prospetta un rinvio al 5 febbraio 2020. Perché questa anomalia? Con scelte forse non del tutto ponderate in fase di stesura dei calendari.

SAMPDORIA UDINESE PREVISTA PER IL 18 DICEMBRE

Vista la gara fissata per il 22, la Lega di Serie A aveva iniziato a cercare la prima data libera e non essendoci impegni extra campionato era stato individuato il 18. Anche per evitare di spostare tutto al nuovo anno, quando la Juventus si troverà impegnata non solo in campionato ma anche in Europa e Coppa Italia

PERCHÈ LAZIO-VERONA SI GIOCA IL 5 FEBBRAIO

Per la Lega non è stato però possibile compiere la stessa operazione per la formazione biancoceleste. La squadra di Simone Inzaghi non ha potuto infatti anticipare il turno per colpa di un calendario che ha collocato il posticipo della 16esima giornata, Cagliari-Lazio al 16 dicembre, scelta dettata dall’impegno in Europa League del 12 dicembre contro il Rennes in Francia. Per evitare, quindi trasferte così ravvicinate, la prima data utile è arrivata in febbraio, dato che l’ipotesi dell’8 gennaio è saltata.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it