Chi sono i candidati al governo della Calabria

È corsa a quattro per le elezioni del 26 gennaio 2020: Jole Santelli per il centrodestra, Pippo Callipo, per il centrosinistra, Francesco Aiello per il Movimento 5 Stelle e l'outsider Carlo Tansi.

È corsa a quattro in Calabria dove il 26 gennaio 2020 sono in programma le elezioni regionali. A puntare alla poltrona di Governatore ci sono, per il centrodestra, la deputata e coordinatrice regionale di Forza Italia Jole Santelli, sostenuta da sei liste (Fi, Fratelli d’Italia, Lega, Santelli presidente, Udc, Cdl); l’imprenditore Pippo Callipo, che ha dalla sua il Pd, una lista filiazione dell’associazione Io resto in Calabria, i Democratici e progressisti e 10 idee per la Calabria, formazione quest’ultima sulla quale però pende la scure di una possibile esclusione. Della partita anche il docente universitario Francesco Aiello, per il Movimento 5 Stelle e per la lista Calabria Civica, e l’ex capo della Protezione civile regionale Carlo Tansi, sostenuto dalle liste Tesoro Calabria, Calabria Pulita e Calabria Libera.

EX PD CON FRATELLI D’ITALIA

Ricompattato il fronte dopo le fibrillazioni legate al “niet” di Matteo Salvini ad Mario Occhiuto, il centrodestra ritrova l’unità intorno alla candidata presidente Jole Santelli e schiera tanti uscenti e alcune singolari new entry. Il consigliere regionale Giuseppe Neri, eletto nella passata legislatura con la lista Democratici e progressisti, emanazione diretta del Pd, è ad esempio candidato con Fratelli d’Italia. L’Udc, altro partito che è a fianco della fedelissima di Silvio Berlusconi, ospita nelle sue fila anche Antonio Scalzo, eletto nel Pd e che, sempre in quota dem, è stato per un periodo presidente del Consiglio regionale, transitato di recente nei Moderati, vicini a Raffaele Fitto.

GLI SCONTENTI A SINISTRA

Novità anche dalle parti del candidato Pippo Callipo, che é riuscito a imporre le sue condizioni sulla formazione delle liste. Scende in campo con l’industriale del tonno anche l’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole, in lista con il Pd, messa fuori gioco a suo tempo dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune che amministrava ma assolta, di recente, dall’accusa di avere agevolato la cosca di ‘ndrangheta degli Arena. Punta alla conferma anche il presidente uscente del Consiglio regionale, Nicola Irto. In lizza anche Maria Saladino, già in corsa per la segreteria nazionale del Partito democratico. Non mancano, da una parte e dall’altra, i mugugni degli esclusi: dall’ex Pd Enzo Ciconte, dato in approdo nel centrodestra, che ha optato per il ritorno alla professione medica (é primario cardiologo) a Francesco D’Agostino, che ha espresso tutto il suo disappunto per il veto posto da Callipo sul suo conto.

AIELLO E TANSI «LIBERI DALLA CASTA»

Acque decisamente più tranquille per il candidato pentastellato Aiello, che sottolinea la «pulizia» delle proprie liste, e per il civico Tansi. Che dichiara: «Noi restiamo liberi dalla casta».

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Micaela Biancofiore lascia Forza Italia

La deputata se ne va nel gruppo misto dopo 26 anni di militanza: : «Siamo diventati come i grillini, uno vale uno senza distinguo, senza storia, senza rispetto per le persone».

Passa al gruppo misto la deputata Micaela Biancofiore, 26 anni di militanza in Forza Italia. «Con la morte nel cuore, ma anche liberata. La Forza Italia nella quale sono nata e cresciuta, non esiste più». ha annunciato nella nottata della vigilia di Natale Biancofiore. La politica del Trentino Alto Adige sembra, infatti, non condividere più le scelte della dirigenza: «Siamo diventati come i grillini, uno vale uno senza distinguo, senza storia, senza rispetto per le persone», si limita a commentare.

GIAMMANCO: «SPERO CHE BERLUSCONI NE TENGA CONTO»

Sull’addio di Biancofiore forzista di lungo corso, dalla fondazione del partito, è arrivato il commento della vicepresidente del gruppo forzista al Senato Gabriella Giammanco: «Mi auguro che il Presidente Berlusconi, al quale Micaela Biancofiore ha sempre mostrato lealtà incondizionata, tenga nella giusta considerazione un gesto e un segnale così forte da parte di chi, in passato, non avrebbe mai lontanamente immaginato un simile epilogo». «Dal ’94», ha aggiunto Giammanco, «la collega Biancofiore ha militato con grande passione e abnegazione in Forza Italia ed è, quindi, con estrema amarezza che apprendo la notizia del suo passaggio al Gruppo misto. «Michaela è sempre stata in prima fila in qualsiasi competizione elettorale, anche candidandosi in prima persona ha dimostrato di avere un suo importante seguito elettorale e con costante impegno ha tutelato le istanze del Trentino Alto Adige, mostrando una conoscenza e un’attenzione rare nei confronti del suo territorio. Il nostro partito non può e non deve perdere figure così rappresentative della nostra storia politica, accadimenti simili dovrebbero indurre tutti ad una profonda riflessione», conclude Giammanco.

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Francesca Pascale sorride alle Sardine

In una intervista all'Huffington Post la fidanzata di Berlusconi dice di simpatizzare per il movimento di piazza. L'unico rischio? «Finire come il M5s».

Mentre Silvio Berlusconi con gli alleati di centrodestra Matteo Salvini e Giorgia Meloni cerca la quadra sui candidati alle prossime Regionali in Emilia-Romagna e Calabria, Francesca Pascale guarda da tutt’altra parte. E sorride alle Sardine. Perché, ha detto la fidanzata del Cav in una intervista all’Huffington Post, nel movimento ritrova «quella libertà» che fu propria «della rivoluzione liberale» di Berlusconi. Per questo motivo non ha escluso di partecipare alla manifestazione ittica del 14 dicembre a Roma.

«LE SARDINE PESCANO ANCHE TRA CHI NON HA MAI VOTATO A SINISTRA»

Le Sardine, continua Pascale, sono un «fenomeno spontaneo, dilagante, animato da giovani, quindi va guardato con rispetto, interesse e soprattutto non va sottovalutato. Un errore che a suo tempo è stato commesso con i 5 stelle ed il risultato è quello che è oggi sotto gli occhi di tutti». La loro rivolta pacifica contro un «linguaggio pericoloso» e «in grado di innescare odio» fa sì, spiega la first lady di Arcore, che le Sardine «peschino anche tra coloro che non hanno mai votato e che mai voteranno a sinistra, incarnano l’esigenza di un cambiamento».

LEGGI ANCHE: Il debutto a Napoli delle Sardine nere

Il rischio è che questo movimento di piazza e spontaneo subisca la stessa metamorfosi toccata al Movimento 5 stelle, «prima anti-sistema, oggi in giacca e cravatta attaccati alla poltrona». Il consiglio? «Restate indipendenti, restate liberi, siate l’anima rivoluzionaria che alberga in tutti i partiti e che pertanto non ha bisogno di etichette».

SANTORI: «DIAMO IL BENVENUTO A CHIUNQUE SI DISCOSTI DAL SOVRANISMO»

E la risposta delle Sardine non si è fatta attendere. «La Pascale tra noi?», ha detto all’Adnkronos uno dei leader del movimento Mattia Santori. «Diamo il benvenuto a chiunque si discosti dal sovranismo. Non abbiamo bandiere proprio perché accettiamo chiunque voglia prendere posizione contro la retorica sovranista divisiva professata da una parte della destra». Poi ha sottolineato: «Rimane il fatto che in Emilia-Romagna e non solo Forza Italia è alleata proprio con i principali artefici di questa retorica. Ma se viene con una sardina bella colorata, chiuderemo un occhio».

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Forza Italia e Italia viva: prove tecniche di intesa

Il voto anticipato non è più un tabù. E i renziani continuano a corteggiare l'ala anti-salviniana degli azzurri. A fare da collante il no alla riforma Bonafede. Il confronto sul ddl Costa è il punto di partenza.

Prove tecniche di intesa. Per allargare l’area di centro. Matteo Renzi guarda ormai alle elezioni, senza farne segreto: è pessimista sulla tenuta del governo e ha iniziato un’offensiva dal sapore elettorale. In questo scenario ha una sola possibilità: cercare la strada per crescere nei sondaggi. Così è scattato un serrato corteggiamento a Forza Italia, o meglio alla sua ala più scettica nei confronti della salvinizzazione del partito. E il confronto avviene sul terreno della condivisione dei contenuti. Tutt’altro che secondari. «È innegabile che ci siano più convergenze tra Renzi e Forza Italia che con il M5s», confermano a Lettera43.it fonti della maggioranza.

NO TAX E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: LE AFFINITÀ TRA FI E IV

Sulla riforma della Giustizia, in particolare sul capitolo della prescrizione, Italia viva e Forza Italia sembrano ben avviate verso la suggestione di “Forza Italia Viva“, evocata appena qualche settimana fa. Stesso copione sulla questione tasse. L’ex Rottamatore ha presentato il suo partito come quello dei “no tax”. Uno slogan che ai sostenitori di Silvio Berlusconi non è dispiaciuto, così come dai banchi degli azzurri è stata apprezzata la battaglia contro la plastic tax e la tassazione sulle auto aziendali. Il terreno delle convergenze si sta preparando, insomma, in ottica elettorale. Anche perché Renzi ha dato al 50% le possibilità che il governo cada. «Ed è stata una stima ottimista…», osserva un deputato di Iv, lasciando presagire il totale avvitamento della maggioranza nelle prossime settimane. Nessuno immagina che l’incidente possa arrivare sulla Manovra su cui la maggioranza pare aver trovato la quadra. Dopo, chissà. Gli attriti abbondano.

MARIA ELENA BOSCHI IN PRIMA LINEA CONTRO BONAFEDE

Nell’entourage dell’ex presidente del Consiglio le elezioni non sono lo sbocco forzato. Anzi. La scorsa estate ha insegnato che tutto è possibile. Ma nel dubbio è arrivato l’ordine di prepararsi al voto. Il garantismo è il primo collante che può unire una parte di Forza Italia e i renziani. Maria Elena Boschi, non proprio una figura di secondo piano, si è mobilitata in prima persona contro il disegno del Guardasigilli Alfonso Bonafede. I renziani sono orientati a votare la proposta di legge del deputato forzista Enrico Costa che si pone come principale obiettivo il blocco della riforma del ministro della Giustizia. E quindi lo stop alla cancellazione della prescrizione. 

LE PRIME AVVISAGLIE

Una presa di posizione che si è manifestata già nell’astensione a Montecitorio a un ordine del giorno dello stesso Costa presentato nel corso nel dibattito sul decreto fiscale. Una mossa che suona un avvertimento per le prossime settimane, quando comunque il ddl Costa sarà discusso alla Camera. La riforma della Giustizia diventa sempre più un passaggio cruciale dell’esecutivo e della legislatura. «È chiaro che se Partito democratico e Movimento 5 stelle pensano di trovare un accordo tra di loro senza coinvolgerci ne prenderemo atto», fanno sapere da Italia viva. «E sarebbe opportuno che fossero coinvolte tutte le forze di maggioranza. Perché non si può pensare di fare un intervento del genere in una settimana».

I MOVIMENTI DI CARFAGNA E DEGLI ANTI-LEGHISTI

Il leader di Italia viva, del resto, aveva parlato di «porte aperte», in riferimento soprattutto a Mara Carfagna, la più in difficoltà di fronte alla deriva leghista del suo partito. La linea resta quella di restare su un altro versante rispetto a Iv, nonostante nei giorni scorsi all’azzurra fosse sfuggita una frase sibillina: «Forza Italia Viva è una suggestione se cade il governo». Nelle ultime ore Carfagna ha criticato «il linguaggio pieno di odio che caratterizza l’Italia» e ha chiesto un chiarimento nel centrodestra sulle tentazioni no euro. «Nessuno ha intenzione di tornare a una moneta debole e svalutata che ridurrebbe il valore degli stipendi e dei conti correnti degli italiani», ha scandito Carfagna. Un doppio monito sui rapporti con la Lega. Al momento non risultano contatti ufficiali, ma il confronto sul ddl Costa è un punto di partenza. Per quale traguardo, a breve, si vedrà.

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Forza Italia e Italia viva: prove tecniche di intesa

Il voto anticipato non è più un tabù. E i renziani continuano a corteggiare l'ala anti-salviniana degli azzurri. A fare da collante il no alla riforma Bonafede. Il confronto sul ddl Costa è il punto di partenza.

Prove tecniche di intesa. Per allargare l’area di centro. Matteo Renzi guarda ormai alle elezioni, senza farne segreto: è pessimista sulla tenuta del governo e ha iniziato un’offensiva dal sapore elettorale. In questo scenario ha una sola possibilità: cercare la strada per crescere nei sondaggi. Così è scattato un serrato corteggiamento a Forza Italia, o meglio alla sua ala più scettica nei confronti della salvinizzazione del partito. E il confronto avviene sul terreno della condivisione dei contenuti. Tutt’altro che secondari. «È innegabile che ci siano più convergenze tra Renzi e Forza Italia che con il M5s», confermano a Lettera43.it fonti della maggioranza.

NO TAX E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: LE AFFINITÀ TRA FI E IV

Sulla riforma della Giustizia, in particolare sul capitolo della prescrizione, Italia viva e Forza Italia sembrano ben avviate verso la suggestione di “Forza Italia Viva“, evocata appena qualche settimana fa. Stesso copione sulla questione tasse. L’ex Rottamatore ha presentato il suo partito come quello dei “no tax”. Uno slogan che ai sostenitori di Silvio Berlusconi non è dispiaciuto, così come dai banchi degli azzurri è stata apprezzata la battaglia contro la plastic tax e la tassazione sulle auto aziendali. Il terreno delle convergenze si sta preparando, insomma, in ottica elettorale. Anche perché Renzi ha dato al 50% le possibilità che il governo cada. «Ed è stata una stima ottimista…», osserva un deputato di Iv, lasciando presagire il totale avvitamento della maggioranza nelle prossime settimane. Nessuno immagina che l’incidente possa arrivare sulla Manovra su cui la maggioranza pare aver trovato la quadra. Dopo, chissà. Gli attriti abbondano.

MARIA ELENA BOSCHI IN PRIMA LINEA CONTRO BONAFEDE

Nell’entourage dell’ex presidente del Consiglio le elezioni non sono lo sbocco forzato. Anzi. La scorsa estate ha insegnato che tutto è possibile. Ma nel dubbio è arrivato l’ordine di prepararsi al voto. Il garantismo è il primo collante che può unire una parte di Forza Italia e i renziani. Maria Elena Boschi, non proprio una figura di secondo piano, si è mobilitata in prima persona contro il disegno del Guardasigilli Alfonso Bonafede. I renziani sono orientati a votare la proposta di legge del deputato forzista Enrico Costa che si pone come principale obiettivo il blocco della riforma del ministro della Giustizia. E quindi lo stop alla cancellazione della prescrizione. 

LE PRIME AVVISAGLIE

Una presa di posizione che si è manifestata già nell’astensione a Montecitorio a un ordine del giorno dello stesso Costa presentato nel corso nel dibattito sul decreto fiscale. Una mossa che suona un avvertimento per le prossime settimane, quando comunque il ddl Costa sarà discusso alla Camera. La riforma della Giustizia diventa sempre più un passaggio cruciale dell’esecutivo e della legislatura. «È chiaro che se Partito democratico e Movimento 5 stelle pensano di trovare un accordo tra di loro senza coinvolgerci ne prenderemo atto», fanno sapere da Italia viva. «E sarebbe opportuno che fossero coinvolte tutte le forze di maggioranza. Perché non si può pensare di fare un intervento del genere in una settimana».

I MOVIMENTI DI CARFAGNA E DEGLI ANTI-LEGHISTI

Il leader di Italia viva, del resto, aveva parlato di «porte aperte», in riferimento soprattutto a Mara Carfagna, la più in difficoltà di fronte alla deriva leghista del suo partito. La linea resta quella di restare su un altro versante rispetto a Iv, nonostante nei giorni scorsi all’azzurra fosse sfuggita una frase sibillina: «Forza Italia Viva è una suggestione se cade il governo». Nelle ultime ore Carfagna ha criticato «il linguaggio pieno di odio che caratterizza l’Italia» e ha chiesto un chiarimento nel centrodestra sulle tentazioni no euro. «Nessuno ha intenzione di tornare a una moneta debole e svalutata che ridurrebbe il valore degli stipendi e dei conti correnti degli italiani», ha scandito Carfagna. Un doppio monito sui rapporti con la Lega. Al momento non risultano contatti ufficiali, ma il confronto sul ddl Costa è un punto di partenza. Per quale traguardo, a breve, si vedrà.

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La commissione Von der Leyen alla prova del voto dle parlamento europeo

Con la preferenza palese, la maggioranza Ppe, socalisti e liberali dovrebbe reggere. Il M5s ha comunque deciso di votare a favore, mentre i Verdi hanno parlato di un'astensione ragionata e qualche voto potrebbe arrivare dalle fila dei conservatori, in particolare del Pis, All'opposizione l'estrema destra, con Fdi e Lega, e la sinistra europea.

Il giorno è infine arrivato: dopo tre aspiranti commissari bocciati – della Francia, dell’Ungheria e della Romania – dopo sostituzioni in corsa, polemiche e franchi tiratori – la nuova squadra della Commissione europea – senza il commissario britannico per via della Brexit – è pronta per cercare la conferma del parlamento europeo.

M5s e PIS CON LA MAGGIORANZA PPE, SOCIALISTI E LIBERALI

La sua presidente Ursula von der Leyen ha ottenuto il mandato con appena nove voti sopra la maggioranza: fondamentali dunque erano stati i voti del Movimento Cinquestelle che hanno definitivamente diviso le strade di grillini e leghisti, a Bruxelles ma anche a Roma. Per il voto sulla commissione, palese, la maggioranza Ppe, socalisti e liberali dovrebbe reggere. Il M5s ha comunque deciso di votare a favore, mentre i Verdi hanno parlato di un’astensione ragionata e qualche voto potrebbe arrivare dalle fila dei conservatori, in particolare del Pis, il partito di governo polacco. All’opposizione l’estrema destra, con Fdi e Lega, e la sinistra europea.

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Carfagna in tregua con Berlusconi decide sulla Campania

L'azzurra sponsorizza il fedelissimo Paolo Russo al posto di Caldoro. Ma il suo tira e molla ha esacerbato gli animi in Forza Italia. E più d'uno si chiede perché, se tiene tanto al suo territorio, non si candidi lei a governatrice.

Forza Italia alla resa dei conti con le Regionali in Campania e Calabria. Dalle scelte che si faranno per le candidature dipende il destino, o la fine, del movimento di Silvio Berlusconi. Grande segnale di forza agli altri partiti della coalizione: quando a indicare il candidato presidente è il partito del Cavaliere scoppiano le liti e si perde tempo per la campagna elettorale.

LO STALLO IN CALABRIA

In Calabria, dove si vota il 26 gennaio e un gruppo di colonnelli locali era pronto alla battaglia, tutto è fermo perché Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza con grande consenso ma anche qualche problema giudiziario, non va bene alla Lega di Matteo Salvini e anche il fratello, Roberto, vice capogruppo di Mariastella Gelmini alla Camera dei deputati, non convince: inviso al cerchio magico di Arcore perché troppo vicino a Mara Carfagna. Dunque la corrente di qualche deputato vicino agli Occhiuto minaccia la scissione, ma sono al massimo tre: lo stesso Roberto, il suo sodale Francesco Cannizzaro e forse la coordinatrice regionale Jole Santelli.

CARFAGNA ALLE PRESE CON L’AFFAIRE CAMPANIA

Nel frattempo, e facendo arrabbiare tutti, Carfagna ha fatto pace con il vecchio Silvio e gestirà personalmente l’affaire Campania, pur senza candidarsi. In forse l’ipotesi Caldoro, che comunque resta la prima opzione del Cav con il gradimento di Salvini, visto che l’azzurra punta sul fedelissimo Paolo Russo, uomo a L’Avana, anzi a Napoli. In cambio di questo, cercherà di convincere anche i calabresi a cedere il passo a una outsider. Donna, che fa sempre bene: Caterina Chiaravalloti, dalla società civile, magistrato, ma figlia d’arte. Suo padre Giuseppe fu governatore della Calabria dal 2000 al 2006. 

L’INSOFFERENZA DELLE AZZURRE PER IL TIRA E MOLLA DI MARA

E vissero tutti felici e contenti? Non proprio. Il tira e molla carfagnesco ha esacerbato gli animi in Forza Italia. Le donne del partito non la sopportano più. Un tira e molla continuo, di Mara e del suo compagno sempre presente Alessandro Ruben, senza sapere neanche bene cosa vuole. La Regione davvero? La vicepresidenza di Forza Italia, che tanto non conta niente, sulle ceneri di Antonio Tajani? Continuare a fare la bella statuina istituzionale nei salotti romani, con l’obiettivo del salto in quelli internazionali? Perché, si chiedono in molti tra gli azzurri, Mara non va a fare la governatrice nella sua terra, se davvero le interessano il territorio, il partito e vuole metterci la faccia?

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Lara Comi intercettata e quella «spasmodica ricerca di soldi»

Al telefono con la sua avvocata, l'ex europarlamentare di Forza Italia arrestata per tangenti si confidava così: «Dirò che non ho mai preso 17 mila euro». Caianiello, figura chiave del sistema corruttivo, ai pm: «Temeva di non essere rieletta». E spiega la presunta truffa a Bruxelles.

Dopo che il suo nome emerse nella maxi indagine per tangenti in Lombardia, l’ex europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, finita agli arresti, parlava così al telefono: «Oggi io dirò che non ho mai preso 17 mila euro, non ho mai avuto consulenze con Afol né a società a me collegate che non esistono… Se mi chiedono “perché dicono questo?” posso dire che eri tu che facevi loro consulenza».

INTERCETTAZIONE CON L’AVVOCATA BERGAMASCHI

La conversazione intercettata, datata 9 maggio, era con l’avvocata Bergamaschi, sua collaboratrice, e fa riferimento al denaro che la Comi avrebbe ottenuto da Afol. Il dialogo si trova nell’ordinanza cautelare.

PER 10 ANNI AL PARLAMENTO EUROPEO

Comi, 36 anni, tra la sua passione per il Milan e le sempre più frequenti apparizioni tivù era riuscita nella sua scalata politica passando da Saronno a Bruxelles grazie agli sponsor “giusti”. È stata in Europa per 10 anni, dal 2009 al 2019 (in mezzo la rielezione del 2014), ma all’ultima tornata elettorale europea non le sono bastati 32.365 voti: finì solo terza nel Nord-Ovest dietro a Silvio Berlusconi e Massimiliano Salini, risultando la prima dei non eletti.

L’IMBARAZZO DI FORZA ITALIA E L’ESCLUSIONE NEL 2019

Il Cav, imbarazzato per i guai giudiziari che l’hanno colpita, ha scelto di mantenere il proprio seggio nel Nord-Ovest, nonostante fosse stato eletto anche nel Sud e nelle isole, escludendo così la Comi dall’europarlamento.

Nonostante la giovane età, Comi ha mostrato una non comune esperienza nel fare ricorso ai diversi, collaudati schemi criminosi


Un passaggio dell’ordinanza

Nell’ordinanza Comi viene descritta con queste parole: «Nonostante la giovane età, ha mostrato nei fatti una non comune esperienza nel fare ricorso ai diversi, collaudati schemi criminosi volti a fornire una parvenza legale al pagamento di tangenti, alla sottrazione fraudolenta di risorse pubbliche e all’incameramento di finanziamento illeciti».

LUNGHE INDAGINI SU CONTRATTI DI CONSULENZA

I pm di Milano da tempo indagano su contratti di consulenza per un valore di 38 mila euro ottenuti da «una società riconducibile alla Comi». Contratti che sarebbero stati ottenuti attraverso Gioacchino Caianiello, ex coordinatore di Forza Italia nel capoluogo lombardo, ritenuto il “burattinaio”, la figura chiave al centro del presunto sistema corruttivo fatto di mazzette, finanziamenti e nomine pilotate.

Comi temeva fortemente per la sua rielezione al parlamento europeo, ragione per la quale ha iniziato ad andare spasmodicamente alla ricerca di finanziamenti e alleanze politiche


Nino Caianiello

Caianiello il 2 settembre ha messo a verbale che Lara Comi «a seguito della mancata candidatura alle elezioni politiche nazionali cui lei fortemente aspirava», ha «iniziato a spaventarsi fortemente per la sua rielezione al parlamento europeo, ragione per la quale ha iniziato ad andare spasmodicamente alla ricerca di finanziamenti e alleanze politiche». Ha raccontato anche che «la Comi voleva che io intercedessi in suo favore nei confronti di Mariastella Gelmini (di cui da giovane fu assistente, ndr)» e ha parlato di un incontro.

IL NODO DEI SOLDI DA GIRARE A CAIANIELLO

Caianiello da tempo sta collaborando coi pm milanesi. Ai quali ha detto: «Più volte avevo espresso alla Comi la necessità di trovare una modalità attraverso cui retrocedere delle somme in favore della mia persona, in ragione dei costi che la quotidiana attività politica mi comportava».

LO STRATAGEMMA: GONFIARE LO STIPENDIO DELL’ADDETTO STAMPA

Il passaggio riguarda la presunta truffa al parlamento europeo – di cui è accusata, tra le altre cose, la Comi – attraverso uno “stratagemma”: gonfiare fino a 3 mila euro al mese lo stipendio dell’addetto stampa dell’epoca dell’eurodeputata, rimborsato dall’europarlamento, per poi girare 2 mila euro a Caianiello. «Comi», ha spiegato il “burattinaio”, «era recalcitrante a retrocedere una parte del suo stipendio per finanziare le strutture del partito di Forza Italia, anche in vista delle imminenti elezioni europee, escogitammo lo stratagemma di far maggiorare lo stipendio del giornalista Aliverti».

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Mara Carfagna smetta di illudere i moderati

L'azzurra, al netto dell'errore di legarsi a Toti, è una stella politica. Ma rischia di sparire se resta alla finestra e non si propone come leader di un centrodestra alternativo al duo Salvini-Meloni.

Ogni tanto riemerge la candidatura di Mara Carfagna per qualcosa di importante. È stata una delle berlusconiane di ferro tuttavia priva di eccessiva piaggeria, quando arrivò in parlamento aveva gli occhi puntati su di sé (indubbiamente era, ed è, la più bella) ma vestì i panni dell’austera parlamentare e dette prova immediata di serietà e di capacità di lavoro. Molto spesso a destra hanno pensato a lei come al vero personaggio che avrebbe potuto prendere il posto di Silvio Berlusconi. A mano a mano le sue posizioni si sono anche fatte più limpide e spesso si sono discostate dal suo benefattore facendola diventare una icona del moderatismo politico. Infine è per tanti la candidata ideale per battere Vincenzo De Luca nella gara per la presidenza della Campania. Pur essendo una giovane politica ha, insomma, accumulato molte aspettative ma non sappiamo quanti meriti

L’ERRORE DI LEGARSI A GIOVANNI TOTI

Carfagna ha anche commesso alcuni errori evidenti, l’ultimo dei quali è stato legarsi a Giovanni Toti il presidente per caso della Liguria, avendo perso di vista Berlusconi, alla ricerca di una paterna mano sulle spalle da parte di Matteo Salvini. Questo errore Carfagna l’ha compensato schierandosi con grande nettezza come l’esponente di Forza Italia, o quel che resta, che osteggia ogni estremismo di destra (oggi in pratica tutta la destra, si potrebbe dire) e in particolare il sovranismo di Matteo Salvini.

LE VOCI SU UN POSSIBILE ACCORDO CON ITALIA VIVA

Nascono da qui le ricorrenti voci sul possibile incontro politico con Matteo Renzi solitamente accompagnate dall’odioso pettegolezzo che solo Maria Elena Boschi, invidiosa, impedisca che l’accordo si faccia. Insomma Carfagna è una stella politica che non è ancora scomparsa dall’orizzonte ma che rischia di sparire se questi andirivieni dal palcoscenico parlamentare non la vedranno finalmente dentro un progetto vero.

PER UNA COME CARFAGNA IL PROGETTO VERO È IL CENTRO

Il progetto vero per una come lei è quella cosa che in tempi meno selvaggi chiamavamo “centro”, cioè il luogo ideale del moderatismo italiano, nella consapevolezza che è vero che fra gli italiani l’animo di destra è molto forte, ma è anche vero che dopo un po’ gli italiani si stancano dei contafrottole e di chi vuole dividerli in bande che si odiano e anelano a un partito moderatissimo. La Dc non si può rifare, resta però l’ipotesi di lanciare una chiamata alle armi di chi non si rassegna, anche nel campo del centrodestra, all’affermarsi del duo Salvini-Meloni che non ci porterebbe al fascismo ma certamente darebbe il Paese nelle mani di persone ancora più inadeguate di quelle che oggi lo governano. Salvini in particolare è, e sarà sempre, quello del Papeete. Per quanti sforzi possa fare l’intelligente Giancarlo Giorgetti non si cava sangue dalle rape, come si usava dire. Ecco, quindi, che la sfida, se lanciata in grande, per una leadership moderata potrebbe, passo dopo passo, spingere molti italiani, tranne quelli come me che voteranno sempre a sinistra, a scegliere l’offerta centrista sia che si voglia far da sponda per una sinistra dissanguata sia che vogliano temperare i facinorosi del populismo sovranista.

GLI AUTOCANDIDATI ALLA LEADERSHIP MODERATA

I candidati a questo ruolo sono stati tanti. Diciamo, gli autocandidati. Gli ultimi Carlo Calenda, troppo GianBurrasca, Renzi, troppo antipatico, Urbano Cairo che molti invocano o temono, infine Mara Carfagna. Lei potrebbe farcela ma dovrebbe prendere dalle donne che hanno guidato i vari Paesi del mondo quel tanto di decisionismo, di amore per il rischio, di linguaggio diretto che ancora le mancano. Le manca soprattutto decidere quel che farà da grande. Può scegliere di correre per la Campania. Può scegliere invece la battaglia, inizialmente minoritaria e solitaria, per diventare il punto di riferimento di chi non vuole che l’Italia faccia parte del gruppo di Visegrad. Può deciderlo solo lei. Ma se resta alla finestra ancora a lungo, la dimenticheranno. 

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Mara Carfagna smetta di illudere i moderati

L'azzurra, al netto dell'errore di legarsi a Toti, è una stella politica. Ma rischia di sparire se resta alla finestra e non si propone come leader di un centrodestra alternativo al duo Salvini-Meloni.

Ogni tanto riemerge la candidatura di Mara Carfagna per qualcosa di importante. È stata una delle berlusconiane di ferro tuttavia priva di eccessiva piaggeria, quando arrivò in parlamento aveva gli occhi puntati su di sé (indubbiamente era, ed è, la più bella) ma vestì i panni dell’austera parlamentare e dette prova immediata di serietà e di capacità di lavoro. Molto spesso a destra hanno pensato a lei come al vero personaggio che avrebbe potuto prendere il posto di Silvio Berlusconi. A mano a mano le sue posizioni si sono anche fatte più limpide e spesso si sono discostate dal suo benefattore facendola diventare una icona del moderatismo politico. Infine è per tanti la candidata ideale per battere Vincenzo De Luca nella gara per la presidenza della Campania. Pur essendo una giovane politica ha, insomma, accumulato molte aspettative ma non sappiamo quanti meriti

L’ERRORE DI LEGARSI A GIOVANNI TOTI

Carfagna ha anche commesso alcuni errori evidenti, l’ultimo dei quali è stato legarsi a Giovanni Toti il presidente per caso della Liguria, avendo perso di vista Berlusconi, alla ricerca di una paterna mano sulle spalle da parte di Matteo Salvini. Questo errore Carfagna l’ha compensato schierandosi con grande nettezza come l’esponente di Forza Italia, o quel che resta, che osteggia ogni estremismo di destra (oggi in pratica tutta la destra, si potrebbe dire) e in particolare il sovranismo di Matteo Salvini.

LE VOCI SU UN POSSIBILE ACCORDO CON ITALIA VIVA

Nascono da qui le ricorrenti voci sul possibile incontro politico con Matteo Renzi solitamente accompagnate dall’odioso pettegolezzo che solo Maria Elena Boschi, invidiosa, impedisca che l’accordo si faccia. Insomma Carfagna è una stella politica che non è ancora scomparsa dall’orizzonte ma che rischia di sparire se questi andirivieni dal palcoscenico parlamentare non la vedranno finalmente dentro un progetto vero.

PER UNA COME CARFAGNA IL PROGETTO VERO È IL CENTRO

Il progetto vero per una come lei è quella cosa che in tempi meno selvaggi chiamavamo “centro”, cioè il luogo ideale del moderatismo italiano, nella consapevolezza che è vero che fra gli italiani l’animo di destra è molto forte, ma è anche vero che dopo un po’ gli italiani si stancano dei contafrottole e di chi vuole dividerli in bande che si odiano e anelano a un partito moderatissimo. La Dc non si può rifare, resta però l’ipotesi di lanciare una chiamata alle armi di chi non si rassegna, anche nel campo del centrodestra, all’affermarsi del duo Salvini-Meloni che non ci porterebbe al fascismo ma certamente darebbe il Paese nelle mani di persone ancora più inadeguate di quelle che oggi lo governano. Salvini in particolare è, e sarà sempre, quello del Papeete. Per quanti sforzi possa fare l’intelligente Giancarlo Giorgetti non si cava sangue dalle rape, come si usava dire. Ecco, quindi, che la sfida, se lanciata in grande, per una leadership moderata potrebbe, passo dopo passo, spingere molti italiani, tranne quelli come me che voteranno sempre a sinistra, a scegliere l’offerta centrista sia che si voglia far da sponda per una sinistra dissanguata sia che vogliano temperare i facinorosi del populismo sovranista.

GLI AUTOCANDIDATI ALLA LEADERSHIP MODERATA

I candidati a questo ruolo sono stati tanti. Diciamo, gli autocandidati. Gli ultimi Carlo Calenda, troppo GianBurrasca, Renzi, troppo antipatico, Urbano Cairo che molti invocano o temono, infine Mara Carfagna. Lei potrebbe farcela ma dovrebbe prendere dalle donne che hanno guidato i vari Paesi del mondo quel tanto di decisionismo, di amore per il rischio, di linguaggio diretto che ancora le mancano. Le manca soprattutto decidere quel che farà da grande. Può scegliere di correre per la Campania. Può scegliere invece la battaglia, inizialmente minoritaria e solitaria, per diventare il punto di riferimento di chi non vuole che l’Italia faccia parte del gruppo di Visegrad. Può deciderlo solo lei. Ma se resta alla finestra ancora a lungo, la dimenticheranno. 

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