Lina Wertmüller, Oscar alla carriera e una vita artistica segnata da Napoli. La regista romana non fece mai mistero del suo amore per il capoluogo partenopeo: "È una perla rara" ebbe a dire. E qui ha girato molti suoi film, alcuni dei quali con un mostro sacro del cinema mondiale, Sophia Loren. Continua a leggere
Il noto attore napoletano Francesco Di Leva ha deciso di ritornare tra i banchi di scuola e di prendere il diploma, traguardo che non aveva raggiunto durante l'adolescenza. A comunicarlo è stato lo stesso attore, che su Facebook ha postato una sua fotografia all'esterno di un istituto superiore napoletano subito dopo aver sostenuto l'esame di maturità. Continua a leggere
Gianni Amelio si concentra sull'umanità del leader Psi. Sottrarsi a ogni giudizio e presa di posizione, però, rappresenta una delle debolezze del film.
Gianni Amelio racconta con Hammamet gli ultimi sei mesi di vita di Bettino Craxi, interpretato da un camaleontico Pierfrancesco Favino.
E lo fa senza mai nominarlo: il leader Psi è soltanto “il Presidente”.
Il regista propone il ritratto di un uomo invecchiato e in “esilio”, che trascorre il suo tempo tra problemi di salute e famiglia, dialogando con i suoi ospiti del passato e, ovviamente, di politica.
Il film non dà alcun giudizio sulla figura di Craxi e racconta la permanenza a Hammamet come una sorta di diario-confessione. I personaggi secondari sono solo abbozzati e risultano stereotipati. Anche per questo, senza la presenza di Favino Hammamet faticherebbe a convincere lo spettatore.
Regia: Gianni Amelio; genere: drammatico (Italia, 2020); attori: Piefrancesco Favino, Livia Rossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Alberto Paradossi, Federico Bergamaschi, Roberto De Francesco, Adolfo Margiotta, Massimo Olcese, Omero Antonutti, Giuseppe Cederna e con Renato Carpentieri e Claudia Gerini.
HAMMAMET IN PILLOLE
TI PIACERÀ SE: ti piacciono i film che affrontano la recente storia italiana concentrandosi sul lato umano dei protagonisti.
DEVI EVITARLO SE: ti aspetti un film che prenda posizione su una delle figure più discusse della politica italiana.
CON CHI VEDERLO: con chi ha assistito alla caduta del leader socialista e alla fine della Prima Repubblica.
LA SCENA MEMORABILE: Le riflessioni sulla politica di Craxi.
LA FRASE CULT: «Finanziamenti illeciti, chi li ha mai negati! Ma non tutto serviva per la parata!»
1. NON È UN BIOPIC
La sceneggiatura, scritta da Gianni Amelio in collaborazione con Alberto Taraglio, si è concentrata sul lato più privato e umano degli ultimi sei mesi di vita del politico, malato da tempo di diabete e con un tumore al rene. Il regista ha sottolineato che non si tratta di un film biografico, ma di un progetto che dà spazio agli «spasmi di un’agonia».
2. L’INCREDIBILE TRASFORMAZIONE DI FAVINO
Pierfrancesco Favino è stato trasformato in Craxi da un team di truccatori italiani che hanno studiato in Inghilterra. Per ottenere l’incredibile livello di realismo, sono stati impiegati molti mesi. L’attore ha sottolineato: «Ricordo che durante il rituale dell’applicazione arrivava il momento, quello in cui venivano messe le sopracciglia finte e indossavo gli occhiali, che era per me il momento dell’oblio di sé, capace di aprire la porta verso qualcosa di nuovo e di diverso. Una porta che, non ci fosse stata, non sarei stato in grado di entrare in un mondo altro e di toccare le cose e le corte che ho toccato». Trovare la giusta voce è stato invece frutto di un lavoro meticoloso basato sulla visione di molti video e interviste.
3. L’UOMO PRIMA DEL POLITICO
Favino ha ammesso di conoscere, prima del film, solo il politico Craxi, non l’uomo. Per addentrarsi nella storia senza prendere posizione o esprimere giudizi, l’attore si è concentrato sul concetto di “eredità” e sulla figura di un padre.
4. LE LOCATION DEL PRESIDENTE
Per aumentare ulteriormente l’aderenza con la realtà, alcune sequenze del film sono state girate nei luoghi in cui ha vissuto Craxi tra cui la casa di Hammamet dove l’ex presidente del Consiglio è rimasto fino alla morte, il 19 gennaio 2000.
5. UN FILM DI INNOMINATI
Gianni Amelio ha eliminato tutti i nomi propri dal film. «Non si fanno», ha spiegato il regista, «perché si conoscono anche troppo». La scelta invece di modificarne alcuni e chiamare la figlia Anita invece di Stefania è stata presa pensando alla venerazione del politico nei confronti di Garibaldi.
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Il film già campione di incassi più che risate a cuor leggero offre la possibilità di riflettere su noi stessi. E la nuova versione della star della commedia italiana convince.
Con Tolo ToloChecco Zalone, già campione di incassi (34 milioni fino al weekend dell’Epifania), spiazza chi si aspettava delle risate facili e si è ritrovato davanti a una sferzante critica sociale. Al centro della trama c’è Checco che vive a Spinazzola, in Puglia, e rifiuta il reddito di cittadinanza per aprire un sushi restaurant.
Dopo il fallimento della sua impresa decide di fuggire dai creditori riparando in Africa dove lavora come cameriere in un resort di lusso e stringe amicizia con Oumar, che sogna di diventare regista e ama il cinema italiano. Quando scoppia la guerra civile i due sono però costretti a emigrare insieme alla bella Idjaba e al piccolo Doudou, intraprendendo un viaggio da clandestini.
La sceneggiatura scritta insieme a Paolo Virzì non risparmia politica, governo, il fascismo strisciante e l’ipocrisia di una certa stampa. Il tutto lasciando spazio a momenti musicali e onirici che spiazzano ma convincono. Tante, forse troppe, le tematiche che affronta Tolo Tolo. Tuttavia il film scorre veloce verso un finale a sorpresa che obbliga a riflettere su se stessi senza offrire risposte preconfezionate.
TI PIACERÀ SE: ami i film che fanno riflettere con momenti musicali e onirici.
DEVI EVITARLO SE: cerchi un momento di puro svago e sei un fan di Zalone “prima maniera”.
CON CHI VEDERLO: anche da soli, per poter farsi un’idea su un film che ha fatto discutere già prima dell’arrivo nelle sale.
PERCHÉ VEDERLO: Per scoprire una nuova versione di Checco Zalone.
LA SCENA MEMORABILE: Il finale a sopresa (niente spoiler!).
LA FRASE CULT: «Non chiedete cosa possa fare il mio Paese per voi: un cazzo, non può fare un cazzo».
1. UNA LAVORAZIONE DURATA UN ANNO E MEZZO
La realizzazione del film ha richiesto una lavorazione di circa un anno e mezzo, dalla fase di scrittura a quella delle riprese. Nel film gli eventi si svolgono nel villaggio di Saint-Jacques, luogo immaginario tra Kenia e Senegal, dove prende il via il viaggio dei migranti.
2. UN INCONTRO INASPETTATO SUL SET
Il regista ha scelto uno dei giovanissimi interpreti dopo averlo incontrato in un villaggio. Il ragazzino si era avvicinato alla troupe chiedendo delle caramelle e Zalone lo ha notato per la sua esuberanza. Dopo un provino organizzato su due piedi lo ha scritturato.
3. COSA C’È DIETRO IL BALLO DEI NAUFRAGHI
Commentando la scena del balletto in mare con i naufraghi, la star della comicità italiana ha spiegato di aver preferito abbandonare il realismo per adottare una dimensione onirica in grado di trasmettere un’idea di fratellanza e speranza.
4. LA COLLABORAZIONE CON VIRZÌ
Paolo Virzì, co-sceneggiatore, voleva raccontare la storia di un italiano che è costretto a compiere il viaggio insieme ai migranti, vivendo in prima persona una odissea di cui troppo spesso si parla senza comprendere davvero cosa comporti.
5. DA SORDI A BENIGNI: I PUNTI DI RIFERIMENTO DI ZALONE
Tra le fonti di ispirazione del regista e attore ci sono Alberto Sordi e Roberto Benigni, senza dimenticare Totò. Un altro mito di Zalone è Adriano Celentano, del quale il regista ha visto tutti i film.
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Il film già campione di incassi più che risate a cuor leggero offre la possibilità di riflettere su noi stessi. E la nuova versione della star della commedia italiana convince.
Con Tolo ToloChecco Zalone, già campione di incassi (34 milioni fino al weekend dell’Epifania), spiazza chi si aspettava delle risate facili e si è ritrovato davanti a una sferzante critica sociale. Al centro della trama c’è Checco che vive a Spinazzola, in Puglia, e rifiuta il reddito di cittadinanza per aprire un sushi restaurant.
Dopo il fallimento della sua impresa decide di fuggire dai creditori riparando in Africa dove lavora come cameriere in un resort di lusso e stringe amicizia con Oumar, che sogna di diventare regista e ama il cinema italiano. Quando scoppia la guerra civile i due sono però costretti a emigrare insieme alla bella Idjaba e al piccolo Doudou, intraprendendo un viaggio da clandestini.
La sceneggiatura scritta insieme a Paolo Virzì non risparmia politica, governo, il fascismo strisciante e l’ipocrisia di una certa stampa. Il tutto lasciando spazio a momenti musicali e onirici che spiazzano ma convincono. Tante, forse troppe, le tematiche che affronta Tolo Tolo. Tuttavia il film scorre veloce verso un finale a sorpresa che obbliga a riflettere su se stessi senza offrire risposte preconfezionate.
TI PIACERÀ SE: ami i film che fanno riflettere con momenti musicali e onirici.
DEVI EVITARLO SE: cerchi un momento di puro svago e sei un fan di Zalone “prima maniera”.
CON CHI VEDERLO: anche da soli, per poter farsi un’idea su un film che ha fatto discutere già prima dell’arrivo nelle sale.
PERCHÉ VEDERLO: Per scoprire una nuova versione di Checco Zalone.
LA SCENA MEMORABILE: Il finale a sopresa (niente spoiler!).
LA FRASE CULT: «Non chiedete cosa possa fare il mio Paese per voi: un cazzo, non può fare un cazzo».
1. UNA LAVORAZIONE DURATA UN ANNO E MEZZO
La realizzazione del film ha richiesto una lavorazione di circa un anno e mezzo, dalla fase di scrittura a quella delle riprese. Nel film gli eventi si svolgono nel villaggio di Saint-Jacques, luogo immaginario tra Kenia e Senegal, dove prende il via il viaggio dei migranti.
2. UN INCONTRO INASPETTATO SUL SET
Il regista ha scelto uno dei giovanissimi interpreti dopo averlo incontrato in un villaggio. Il ragazzino si era avvicinato alla troupe chiedendo delle caramelle e Zalone lo ha notato per la sua esuberanza. Dopo un provino organizzato su due piedi lo ha scritturato.
3. COSA C’È DIETRO IL BALLO DEI NAUFRAGHI
Commentando la scena del balletto in mare con i naufraghi, la star della comicità italiana ha spiegato di aver preferito abbandonare il realismo per adottare una dimensione onirica in grado di trasmettere un’idea di fratellanza e speranza.
4. LA COLLABORAZIONE CON VIRZÌ
Paolo Virzì, co-sceneggiatore, voleva raccontare la storia di un italiano che è costretto a compiere il viaggio insieme ai migranti, vivendo in prima persona una odissea di cui troppo spesso si parla senza comprendere davvero cosa comporti.
5. DA SORDI A BENIGNI: I PUNTI DI RIFERIMENTO DI ZALONE
Tra le fonti di ispirazione del regista e attore ci sono Alberto Sordi e Roberto Benigni, senza dimenticare Totò. Un altro mito di Zalone è Adriano Celentano, del quale il regista ha visto tutti i film.
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Sam Mendes e Quentin Tarantino conquistano i premi per i migliori film. Netflix esce ridimensionata dopo le 34 nomination.
Due grandi firme sui Golden Globe 2019. I premi più ambiti, quelli per il miglior film drammatico e la migliore commedia cinematografica, sono andati a Sam Mendes, con 1917e Quentin Tarantino, con C’era una volta…a Hollywood. Mendes e Tarantino si sono portati a casa anche un altro premio a testa, il primo come miglior regista, il secondo per la sceneggiatura. C’era una volta… a Hollywood è poi valso a Brad Pitt il riconoscimento come migliore attore non protagonista. Beffata Netflix, che per la prima volta sembrava superfavorita della vigilia con le sue produzioni e che aveva messo insieme ben 34 candidature, e che invece è uscita ridimensionata dai premi.
LA SALA BATTE LO STREAMING
«Spero che significhi che la gente vada a vedere questi film sul grande schermo, nel modo che era inteso», ha detto Mendes inserendosi nella lunga e infinita diatriba tra sala e streaming. Solo due i premi per Netflix, quello a Laura Dern per Marriage Story e quello a Olivia Colman per The Crown, che però è una serie tv, quindi decisamente fuori dal perimetro della distribuzione cinematografica.
MENDES BATTE IL JOKER
Marriage Story e Due Papi, altre due produzioni Netflix, hanno subito la sconfitta da 1917, esattamente come Jokerdi Todd Phillips. Quattro premi su 15 candidature per Hbo, con Chernobyl e Succession, due per Amazon, grazie a Fleabag, che si è aggiudicata il globo come miglior serie comica e quello come migliore attrice per Phoebe Waller-Bridge. Successo di Parasitedel sudcoreano Bong Joon-Ha nella categoria dei film stranieri, mentre Renée Zellweger e Joaquin Phoenix hanno vinto come migliori attori protagonisti.
LA POLITICA NEI DISCORSI DELLE STAR
Spizzichi di politica nella serata condotta dal britannico Ricky Gervais: Michelle Williams ha fatto appello per la difesa dei diritti di scelta delle donne in fatto di aborto accettando il premio come migliore attrice in una miniserie per Fosse/Verdon, mentre Joaquin Phoenix ha chiesto ai vip dell’entertainment di far di più per combattere il clima impazzito. Nicole Kidman è apparsa in lacrime sul red carpet per gli incendi che stanno devastando la sua Australia.
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Inseguimenti, ponti sospesi, animali selvaggi di ogni tipo: se volete passare un po' di tempo durante le feste in relax con la famiglia il secondo sequel dell'episodio del 1995 è quello che fa per voi. Una trama esile non certo per palati fini.
Jumanji: The Next Levelriporta al cinema le incredibili avventure del gruppo di giovani che vengono trasportati all’interno di un videogioco, secondo sequel del film del 1995 Jumanji, dopo Jumanji – Benvenuti nella giungla del 2017. La situazione in questo capitolo della storia è complicata dalla presenza del nonno di Spencer, ragazzo che fa fatica ad abituarsi alla normalità dopo la prima esperienza nella giungla in cui ha avuto un avatar davvero eroico e possente, e del suo amico Milo, ruoli affidati alle star della comicità Danny DeVito e Danny Glover.
BLOCKBUSTER DAI RITMI DIVERTENTI
Il nuovo elemento su cui si sviluppa la narrazione si rivela vincente: i due personaggi alle prese con la scoperta delle regole del gioco, del loro nuovo “fisico” e di conoscenze e abilità inedite danno vita a momenti esilaranti grazie alle performance di Dwayne Johnson e Kevin Hart che interpretano alla perfezione lo spaesamento dei due personaggi. Karen Gillan e Jack Black sono nuovamente brillanti, e anche loro messi alla prova con uno scambio di ruoli, e la new entry Awkwafina conferma di essere in grado di passare dal registro drammatico del film rivelazione The Farewell – Una bugia buona ai ritmi necessari a far divertire gli spettatori del blockbuster.
AZIONI IN STILE VIDEOGIOCO E BUONI SENTIMENTI
Il cattivo Jorgen il Bruto, ben costruito sulla fisicità di Rory McCann, è poi un antagonista adatto alla situazione e gli elementi che ricreano le avventure dei videogame “vintage” sostengono bene una trama esile, ma efficace. Il regista Jake Kasdan aumenta la spettacolarità proposta dal film tra inseguimenti, ponti sospesi, animali selvaggi di ogni tipo, continui cambi di location e missioni da compiere, ovviamente in pieno stile videogioco, e il risultato è una commedia leggera, coinvolgente e con la giusta dose di azione e buoni sentimenti.
FORMULA CALIBRATA PER GIOVANI E FAMIGLIE
Non manca infatti lo spazio per le amicizie da riallacciare, nuove occasioni e un pizzico di romanticismo, formula ben calibrata su un pubblico composto da giovani e famiglie. Jumanji: The Next Level, pur non proponendo nulla di veramente originale, appare però come un titolo perfetto per le festività natalizie che permettono di trascorrere più tempo in totale relax.
JUMANJI: THE NEXT LEVEL IN PILLOLE
LA SCENA MEMORABILE
Eddie e Milo si ritrovano nel mondo di Jumanji e iniziano a scoprirne i segreti e le nuove abilità a loro disposizione.
LA FRASE CULT
«Sono morto e mi sono trasformato in un piccolo boy scout pieno di muscoli?».
TI PIACERÀ SE
Ami i film per tutta la famiglia ricchi di avventura e divertimento.
DEVI EVITARLO SE
Non apprezzi i progetti spettacolari ideati senza troppe pretese.
CON CHI VEDERLO
Con la propria famiglia, per divertirsi insieme durante le feste.
PERCHÉ VEDERLO
Per trascorrere un po’ di tempo in totale relax immergendosi in un mondo fantastico.
Regia: Jake Kasdan; genere: commedia, avventura (Usa, 2019); attori: Dwayne Johnson, Jack Black, Kevin Hart, Karen Gillan, Awkwafina, Danny DeVito, Danny Glover, Alex Wolff, Nick Jonas.
1. SCENA SUI TITOLI DI CODA: LE BASI PER UN TERZO CAPITOLO
Una scena inserita durante i titoli di coda di Jumanji: The Next Level mostra l’arrivo a casa di Spencer di chi deve occuparsi di alcune riparazioni, ruolo affidato a Lamorne Morris, che scende nello scantinato e nota la console del videogioco, prendendola in mano. Come accade nel film originale del 1995 e nei romanzi di Chris Van Allsburg fonte di ispirazione per il franchise, nel mondo “reale” iniziano quindi ad apparire delle creature provenienti da quello fantastico. La continuazione della storia potrebbe quindi sviluppare nuovamente lo spunto narrativo di elementi incredibili e pericolosi che “invadono” la nostra realtà.
2. HOLLYWOOD APPREZZA: C’È LA FILA DI ATTORI
Dwayne Johnson ha rivelato che nel caso in cui venga realizzato un terzo capitolo di Jumanji ci sono già molte star che hanno espresso il desiderio di essere coinvolte nel progetto e “diventare” degli avatar. L’attore ha infatti spiegato che molti colleghi gli hanno chiesto di ottenere la possibilità di avere una parte nella realizzazione di un’avventura di Jumanji e essere “interpretati” da lui o da Kevin Hart.
3. COME INTERPRETARE DEVITO? OSSERVANDOLO
Danny DeVito ha raccontato che Dwayne Johnson lo ha osservato a lungo sul set per capire in che modo “interpretarlo” nel film. La star ha spiegato di non aver dato alcun consiglio al collega che ha semplicemente sfruttato nel migliore dei modi il tempo trascorso insieme per scoprire tutti i dettagli utili per lavorare sul set nel migliore dei modi.
4. DAGLI AVATAR L’IDEA DI COINVOLGERE DEGLI ANZIANI
Dwayne Johnson ha svelato di aver avuto l’idea di introdurre nella storia la coppia di anziani amici affidati poi a Danny DeVito e Danny Glover mentre parlava con Jake Kasdan dell’ipotesi di realizzare un sequel. Il fatto che in Jumanji vengano coinvolti gli avatar, che modificano totalmente l’aspetto fisico e le caratteristiche di una persona, lo hanno spinto a ipotizzare una storia in stile Cocoon, arrivando quindi al coinvolgimento nelle avventure nel mondo del videogame del nonno di Spencer e del suo amico.
5. ULTIMO FILM? JACK BLACK VERSO IL RITIRO
Jack Black, durante la promozione del film, ha svelato di non escludere che Jumanji: The Next Level sia il suo ultimo film. Da tempo l’attore ha infatti pensato a un possibile ritiro dal mondo dello spettacolo per poter trascorrere più tempo con la sua famiglia e per ora non ha deciso se accettare ulteriori progetti. Il 50enne Jack ha però ammesso che potrebbe valutare dei ruoli in qualche serie tivù, visto che l’impegno sul set sarebbe più lungo, ma con orari meno impegnativi.
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Una volta detto addio allo sport, il campione vorrebbe recitare in film importanti: «Voglio uscire dalla mia zona di confort. Quando lo fai, è una grande sfida».
«C’è vita dopo il calcio, ed è importante ricordarselo: vincere più Palloni d’oro e Champions mi rende più felice ma è solo una tappa». A Dubai, dove si trova per l’assegnazione dei Globe Soccer Awards, ecco il Cristiano Ronaldo che non ti aspetti, che mantiene intatto il desiderio di vincere («Spero che il 2020 sia un anno eccellente, come lo sono stati questi ultimi, anzi spero sia fantastico») ma filosofeggia sulla vita e rivela i suoi desideri per quando smetterà di giocare: «Non succederà a breve, ma quando accadrà avrò l’umiltà giusta di rendermi conto se la mia mente sarà più veloce del mio corpo». E tra i suoi sogni c’è Hollywood: «Recitare al top è un qualcosa a cui voglio prepararmi». Ecco quindi il CR7 in futuro attore, non tanto per vanità personale come potrebbe pensare chi non lo conosce e si ferma alle apparenze: «Voglio uscire dalla mia zona di confort. Quando lo fai, è una grande sfida e a me piacciono le sfide: voglio sorprendere prima me stesso e poi gli altri, e continuare a raggiungere traguardi».
LA LETTURA COME HOBBY PER IL TEMPO LIBERO
Nel frattempo c’è il Cristiano extra calcio di oggi, quello per il quale è importante trovare ogni giorno un paio d’ore da dedicare a se stesso: «Magari per rilassarmi o leggere un libro». Già i libri, forse uno dei rimpianti di uno che dalla vita ha avuto tutto. «Ho quattro figli e se mi chiedono qualcosa e non so rispondere mi vergogno, quindi devo autoeducarmi, perché per via del calcio non ho potuto studiare molto, ma quando mi chiedono qualcosa devo poter rispondere. Così quando avevo 26-27 anni ho cominciato ad essere più curioso nei confronti della vita, ad informarmi di più, a parlare meglio l’inglese, e a leggere un buon libro che fa crescere la tua intelligenza e la tua cultura».
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Una coppia gay in crisi (Accorsi-Leo) si trova a gestire i due bambini di un'amica (Trinca). Ma la storia fa riflettere sulla genitorialità di tutti, a prescindere dall'orientamento sessuale. Una raffica di sentimenti, emozioni, risate e qualche lacrima.
Ferzan Ozpetek torna alla regia con La dea fortuna, film con cui esplora nuovamente il tema della famiglia tramite il racconto della coppia composta da Alessandro (Edoardo Leo) e Arturo (Stefano Accorsi) che fa i conti con un rapporto in difficoltà e la cui quotidianità viene stravolta dall’entrata in scena di Annamaria (Jasmine Trinca), la migliore amica di Alessandro, e dei suoi due figli.
TROPPO IN SECONDO PIANO GLI ATTORI NON PROTAGONISTI
La sceneggiatura, scritta dal filmmaker in collaborazione con Gianni Romoli e Silvia Ranfagni, riesce a delineare i protagonisti con grande attenzione, permettendo ad Accorsi e Leo di regalare due ottime interpretazioni che sostengono una narrazione in cui i personaggi secondari, nonostante propongano degli spunti narrativi interessanti come nel caso di chi deve fare i conti con l’Alzheimer, restano purtroppo sempre in secondo piano.
RACCONTO DIVERTENTE E A TRATTI COMMOVENTE
La bravura delle due star riesce però a proporre un racconto emozionante, divertente e a tratti commovente di un amore che si rinnova e si mette alla prova, trovando nei giochi di contrasti la formula quasi perfetta per coinvolgere gli spettatori nel susseguirsi di situazioni, musica, scambi di battute e suggestioni visive.
LA FOTOGRAFIA VALORIZZA LE LOCATION
La luminosa fotografia valorizza inoltre le location scelte, passando da Roma alla Sicilia, e facendo quasi dimenticare l’irrealtà del mondo creato da Ozpetek fatto anche di terrazzi e palazzi che rispecchiano l’apertura o la chiusura mentale di chi ci abita.
FILM NON SENZA DIFETTI MA CHE LASCIA IL SEGNO
La dea fortuna non è un film privo di difetti, tuttavia riesce a mantenersi ben ancorato alla realtà grazie ai sentimenti e alle emozioni portate in scena, regalando ai fan di Ozpetek un nuovo racconto che lascia il segno.
LA DEA FORTUNA IN PILLOLE
LA SCENA MEMORABILE
Alessandro e Arturo affrontano i compiti dei due bambini.
LA FRASE CULT
«Mettiamoci ancora più nei guai!».
TI PIACERÀ SE
Ami lo stile del regista e il suo approccio alla rappresentazione di situazioni reali.
DEVI EVITARLO SE
Non apprezzi i racconti pieni di sentimenti ed emozioni.
CON CHI VEDERLO
Con la propria famiglia, per riflettere sui sentimenti che legano le persone tra loro.
PERCHÉ VEDERLO
Per apprezzare l’approccio pieno di speranza che offre il racconto.
Ferzan Ozpetek ha spiegato che il suo obiettivo non era di affrontare il tema delle famiglie arcobaleno, ma di riflettere sul fatto che essere genitori «non è una questione genetica, ma di cuore, cervello e moralità». Il regista, presentando il suo nuovo film, ha voluto ribadire: «Si è genitori dalla cintura in su, non dalla cintura in giù».
2. LO SPUNTO PER OZPETEK: UNO SCENARIO COI SUOI NIPOTI
Alla base del progetto c’è un’esperienza personale vissuta dal regista: alcuni anni fa suo fratello si è gravemente ammalato e sua moglie gli ha chiesto, nel caso in cui fosse successo qualcosa anche a lei, di occuparsi assieme al compagno dei suoi due figli. Questa situazione ha portato Ozpetek ad affrontare dei dubbi e delle paure personali inedite, non sapendo come avrebbe reagito alla possibile entrata nella sua vita quotidiana dei nipoti 12enni. La dea fortuna nasce quindi come esplorazione di quelle emozioni e di quei dubbi, cercando di offrire a se stesso e a gli spettatori delle risposte.
3. CHE FEELING SUL SET: LA COMPLICITÀ TRA I PROTAGONISTI
Stefano Accorsi ha svelato di essere rimasto sorpreso dall’essere riuscito a creare subito la giusta complicità con Edoardo Leo, potendo così rappresentare una coppia che sta insieme da oltre 10 anni in modo naturale ed efficace. La collaborazione tra di loro, secondo l’attore, è stata molto facile. Il suo collega ha confermato questo elemento lodando la capacità del cast di comprendere con bravura la storia proposta dalla sceneggiatura e le caratteristiche uniche dei personaggi.
4. IL SOGNO DIVENTATO REALTÀ DI LEO: LAVORARE COL REGISTA
Edoardo Leo ha raccontato che lavorare con Ferzan Ozpetek è sempre stato un suo sogno e da anni sperava di ricevere una proposta per collaborare con lui. L’attore ha sottolineato che entrare a far parte della famiglia creata dal regista è un’esperienza unica e gli ha permesso di mettersi alla prova come attore, in particolare dal punto di vista emotivo che ha richiesto un grande impegno.
5. L’APPROCCIO AL LAVORO: CAMBI A SORPRESA SUL SET
Accorsi ha raccontato che quando si lavora con Ozpetek si arriva sul set senza sapere esattamente cosa accadrà, pur avendo un’idea di quello che si dovrebbe girare. L’attore ha spiegato che la scena in cui si balla sotto la pioggia inizialmente mostrava tutti che fuggivano tranne Annamaria, interpretata da Jasmine Trinca. Il regista è però arrivato sul set e ha cambiato tutto perché ha detto che la reazione dei personaggi sarebbe stata proprio l’opposto, cioè uscire sotto la pioggia a danzare.
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L'opera di Marco Bellocchio che racconta la storia di Tommaso Buscetta interpretato da Pierfrancesco Favino è fuori dalla shortlist. Ci sono Almodovar e il coreano Parasite.
È finita la corsa italiana per il Best international feature film, nuova definizione dell’Oscar per il miglior film straniero. Il traditore di Marco Bellocchio, che narra le vicende del pentito di mafia Tommaso Buscetta e della sua collaborazione con il giudice Giovanni Falcone, è fuori dalla shortlist diffusa dall’Academy. Una vera delusione per una pellicola che, dopo l’anteprima a Cannes, aveva suscitato molto interesse all’estero, riscuotendo gli applausi del pubblico e di gran parte della critica per la sua capacità di discostarsi dai cliché del “cinema di mafia” e, come ha scritto Liberation, di raccontare i personaggi «non come eroi o antieroi, ma come persone normali, a loro modo perbene, che credono ancora in un’etica all’interno di un mondo dove i valori si sono fatti sempre più rari, ciascuno a modo proprio e ciascuno dalla sua parte».
DELUSE LE SPERANZE DI BELLOCCHIO
Ad alimentare le speranze la superba interpretazione di Pierfrancesco Favino, come di tutto il cast, la ricostruzione fedele dell’epoca, il rispetto e la rivalutazione della lingua siciliana e, soprattutto, il mettere al centro di quest’opera la naturale teatralità, tragicità di questi personaggi degni di un’opera verdiana. Anche Bellocchio sembrava crederci: «Sono contento di questa candidatura. È una possibilità, una chiave per entrare nella grande gara. Non mi faccio illusioni, ma farò tutto il possibile per aiutare Il traditore in questo lungo cammino. Pur da vecchio anarchico pacifista e non violento, sento come un onore e una responsabilità di rappresentare l’Italia in questa sfida», aveva commentato dopo la candidatura.
PARASITE E DOLORE E GLORIA RESTANO IN LIZZA
Dieci i titoli ancora in corsa, tra cui Parasite di Bong Joon-ho (Sud Corea), Dolore e gloria di Pedro Almodovar (Spagna), Atlantics di Mati Diop (Senegal). Se quest’ultimo ricevesse la nomination, sarebbe la prima volta per il Senegal. In maggio Diop è diventata la prima donna di colore a competere per il primo premio a Cannes, andato alla fine a Parasite. Il film ha vinto pero’ il Grand Prix honor.
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