Il piano di Conte: a gennaio verifica di governo, poi rilancio e investimenti

Per il premier il punto con la maggioranza si deve fare «un minuto dopo l'approvazione della legge di bilancio». Zingaretti: «Lavoriamo a a un'agenda per il 2020». Ma sui tempi dell'esame della finanziaria è ancora caos.

L’idea è quella di approvare la manovra e una volta superato lo scoglio ridare slancio agli investimenti e con quelli all’azione di governo. Questo il piano che il primo ministro Giuseppe Conte ha illustrato al Rome investment Forum. «Una volta che sarà approvata la manovra ci dedicheremo a progettare un futuro migliore per il mostre Paese e a mettere in campo le riforme strutturali necessarie. Una magna pars del
tavolo sarà dedicata a un programma per realizzare in modo più efficace gli investimenti. Tre le direttrici: razionalizzare le risorse pubbliche rafforzando il partenariato tra pubblico e privato, semplificare il quadro delle regole, ridurre gli oneri burocratici», ha dichiarato Conte. «Un minuto dopo l’approvazione della legge di bilancio», ha aggiunto il capo del governo, «dovrà aprirsi la verifica di governo che è “necessaria” e che dovrà indicare «un cronoprogramma fino al 2023», ha detto il presidente del Consiglio.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante il Rome Investment Forum 2019, Roma, 9 dicembre 2019. ANSA / ETTORE FERRARI

A Conte ha fatto eco il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: «Chiudiamo bene la manovra economica. Poi, con il Presidente Conte, lavoriamo ad una nuova Agenda 2020 per riaccendere i motori dell’economia, per creare lavoro, per sostenere la rivoluzione verde, per rilanciare gli investimenti,
per semplificare lo Stato, per sostenere la rivoluzione digitale, per le infrastrutture utili, per investire su scuola, università e sapere. Alleanza vuol dire condivisione e avere a cuore gli interessi dell’Italia», ha scritto su Facebook il segretario del Pd Nicola Zingaretti.

FICO: «PREOCCUPAZIONE PER I TEMPI DELLA LEGGE DI BILANCIO»

L’iter della legge di bilancio tuttavia è ancora nel caos. Il presidente della Camera Roberto Fico ha scritto una lettera alla presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati per esprimere “preoccupazione” sui tempi di esame della Manovra. Giovedì 12 dicembre alle 14 si terrà a Montecitorio una nuova riunione della conferenza dei capigruppo per riorganizzare i tempi di esame. «Non resta che fare un appello al Governo affinché la programmazione dei tempi di esame dei provvedimenti consenta al Parlamento di interpretare appieno quella centralità che gli riconosce la Costituzione, ha affermato il Presidente del Senato Elisabetta Casellati in risposta alla lettera di Fico che, sottolinea, «ha ragione nell’esprimere preoccupazione sui tempi di esame della manovra di bilancio».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Il piano di Conte: a gennaio verifica di governo, poi rilancio e investimenti

Per il premier il punto con la maggioranza si deve fare «un minuto dopo l'approvazione della legge di bilancio». Zingaretti: «Lavoriamo a a un'agenda per il 2020». Ma sui tempi dell'esame della finanziaria è ancora caos.

L’idea è quella di approvare la manovra e una volta superato lo scoglio ridare slancio agli investimenti e con quelli all’azione di governo. Questo il piano che il primo ministro Giuseppe Conte ha illustrato al Rome investment Forum. «Una volta che sarà approvata la manovra ci dedicheremo a progettare un futuro migliore per il mostre Paese e a mettere in campo le riforme strutturali necessarie. Una magna pars del
tavolo sarà dedicata a un programma per realizzare in modo più efficace gli investimenti. Tre le direttrici: razionalizzare le risorse pubbliche rafforzando il partenariato tra pubblico e privato, semplificare il quadro delle regole, ridurre gli oneri burocratici», ha dichiarato Conte. «Un minuto dopo l’approvazione della legge di bilancio», ha aggiunto il capo del governo, «dovrà aprirsi la verifica di governo che è “necessaria” e che dovrà indicare «un cronoprogramma fino al 2023», ha detto il presidente del Consiglio.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante il Rome Investment Forum 2019, Roma, 9 dicembre 2019. ANSA / ETTORE FERRARI

A Conte ha fatto eco il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: «Chiudiamo bene la manovra economica. Poi, con il Presidente Conte, lavoriamo ad una nuova Agenda 2020 per riaccendere i motori dell’economia, per creare lavoro, per sostenere la rivoluzione verde, per rilanciare gli investimenti,
per semplificare lo Stato, per sostenere la rivoluzione digitale, per le infrastrutture utili, per investire su scuola, università e sapere. Alleanza vuol dire condivisione e avere a cuore gli interessi dell’Italia», ha scritto su Facebook il segretario del Pd Nicola Zingaretti.

FICO: «PREOCCUPAZIONE PER I TEMPI DELLA LEGGE DI BILANCIO»

L’iter della legge di bilancio tuttavia è ancora nel caos. Il presidente della Camera Roberto Fico ha scritto una lettera alla presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati per esprimere “preoccupazione” sui tempi di esame della Manovra. Giovedì 12 dicembre alle 14 si terrà a Montecitorio una nuova riunione della conferenza dei capigruppo per riorganizzare i tempi di esame. «Non resta che fare un appello al Governo affinché la programmazione dei tempi di esame dei provvedimenti consenta al Parlamento di interpretare appieno quella centralità che gli riconosce la Costituzione, ha affermato il Presidente del Senato Elisabetta Casellati in risposta alla lettera di Fico che, sottolinea, «ha ragione nell’esprimere preoccupazione sui tempi di esame della manovra di bilancio».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Conte annuncia l’accordo nella maggioranza sulla manovra

Il premier in conferenza stampa: «Nessuna tassa sulle auto aziendali, rinviate plastic e sugar tax».

Azzerata la tassa sulle auto aziendali, ridotta dell’85% quella sulla plastica che partirà dal primo luglio. Mentre la sugar tax viene rinviata a ottobre. Il premier Giuseppe Conte, in conferenza stampa, ha confermato che la maggioranza ha trovato un accordo sulla manovra. «Nessuno dica più che siamo il governo delle tasse», ha scandito Conte.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Conte è salito al Quirinale per un incontro con Mattarella

Il colloquio mentre è ancora in corso il vertice a Palazzo Chigi sulla manovra, durante il quale la maggioranza avrebbe trovato un'intesa. Attesa in serata una conferenza stampa.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è salito al Quirinale per un colloquio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L’incontro è avvenuto mentre era in corso il vertice a Palazzo Chigi sulla manovra, non ancora concluso, durante il quale la maggioranza avrebbe trovato un’intesa per “correggere” la plastic tax e la sugar tax. Le coperture alternative arriverebbero da un’ulteriore stretta sui giochi, con un prelievo del 15% sulle vincite superiori a 25 euro. In serata è attesa una conferenza stampa chiarificatrice.

Non sono infatti note al momento le ragioni che hanno spinto il premier Conte a recarsi al Colle, per poi fare ritorno a Palazzo Chigi. Ma è lecito supporre che abbia voluto informare il Capo dello Stato sullo svolgimento del vertice e sui riflessi per la fragile tenuta del governo.

Il 5 dicembre il leader di Italia viva, Matteo Renzi, aveva detto pubblicamente che l’esecutivo aveva «il 50% di possibilità» di restare in piedi. Ma lo scenario di una crisi, almeno per ora, appare scongiurato. Conte, probabilmente, ha voluto rassicurare Mattarella sotto questo profilo.

(notizia in aggiornamento)

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Il caso Alpa e le ombre di conflitto d’interessi su Conte

Un documento proverebbe la pregressa collaborazione tra il premier e il suo insegnante-mentore, che fu anche esaminatore al concorso per la nomina a professore associato. Palazzo Chigi smentisce. Ma non c'è chiarezza su parcelle e presunto studio legale comune. La storia.

In un Paese dai mille paradossi come l’Italia, divorato dall’evasione fiscale, può persino accadere che a creare imbarazzo al presidente del Consiglio sia una fattura. Anzi, un «progetto di parcella», come puntualizzato da Palazzo Chigi. Insomma, il documento che dimostrerebbe una pregressa collaborazione tra Giuseppe Conte, all’epoca semplice avvocato (non «degli italiani») e il professor Guido Alpa che, oltre a essere suo insegnante e mentore, fu pure il suo esaminatore al concorso all’Università Vanvitelli di Caserta per la nomina a professore associato.

CARTA INTESTATA TROVATA DA LE IENE

La Lega cerca la parcella da mesi, Le Iene sembrano essere riuscite a recuperarla e su quella carta intestata potrebbe giocarsi il futuro della legislatura. Tanto che Matteo Salvini a Stasera Italia, su Rete 4, non si è lasciato sfuggire l’occasione di infierire: «Se c’è il dubbio che il premier abbia vinto un concorso pubblico in modo non corretto è qualcosa di grave. Spero che la racconti tutta e non finisca in una bolla di sapone. In un qualunque altro Paese europeo si sarebbe già dimesso, non solo un premier ma anche un sindaco o un ministro sospettato di aver raccontato una bugia o una parziale verità». Ma andiamo con ordine.

QUESTIONE SOLLEVATA DA LA REPUBBLICA

Fu il quotidiano la Repubblica, il 5 ottobre 2018, a porre per primo la questione. «Per la nomina a professore ordinario nel 2002», riportava il giornale, «il premier venne esaminato da Guido Alpa con cui, secondo il curriculum ufficiale, condivideva uno studio legale. La replica del maestro: “Eravamo solo coinquilini“». Secondo la tesi del giornale il concorso per diventare professore ordinario vinto da Conte sarebbe stato viziato da una grave incompatibilità rintracciabile nel pregresso rapporto lavorativo tra esaminatore ed esaminato.

concorso conte alpa iene
Il documento trovato da Le Iene.

L’EX VICEPREMER SALVINI IGNORÒ LA VICENDA…

Pochi giorni dopo il Partito democratico partì all’attacco depositando in Senato una interrograzione parlamentare. «Si chiede di sapere», scrivevano i senatori dem rivolgendosi direttamente a Conte, «se non ritenga che tale vicenda esponga ulteriormente la sua carica di presidente del Consiglio dei ministri a un discredito che nuoce all’interesse generale del Paese». All’epoca Salvini non diede peso alla vicenda, del resto era vicepremier.

ALTRI TRASCORSI UNIVERSITARI IN COMUNE

In realtà quella non fu nemmeno la prima volta che Conte inciampò su una questione legata ai suoi trascorsi universitari e con Guido Alpa. Poche settimane prima, a fine settembre, venne infatti fuori che il premier, nel mese di febbraio (ben prima di ottenere l’incarico che lo portò a Palazzo Chigi) aveva presentato domanda per la cattedra di Diritto privato alla Sapienza di Roma.

QUELLA CATTEDRA LASCIATA LIBERA PROPRIO DA ALPA

Risultato idoneo assieme ad altri tre candidati, il presidente del Consiglio avrebbe dovuto sostenere un esame di inglese legale il 10 settembre. «Avremo un premier a mezzo servizio», tuonarono dal Pd ventilando ipotesi di conflitto di interessi. La notizia, riportata da Politico.eu, creò qualche imbarazzo soprattutto alla parte cinque stelle dell’esecutivo (da sempre in lotta contro la Casta, le baronie e il moltiplicarsi delle poltrone) e spinse Conte ad annunciare che non sarebbe andato a sostenere la prova «per impegni istituzionali». Il collegamento con Alpa? La cattedra lasciata libera era proprio quella del professore, andato in pensione.

concorso conte alpa iene
Il premier Giuseppe Conte intervistato da un inviato de Le Iene.

ANCHE IL SALVATAGGIO DI CARIGE IMBARAZZÒ IL GOVERNO

E ci fu almeno un terzo caso che costrinse Conte a spiegare il suo rapporto con Alpa. All’inizio del 2019 il governo fu investito della questione del salvataggio pubblico di Banca Carige, deciso nel Consiglio dei ministri nella serata del 7 gennaio 2019. Le opposizioni tornarono all’attacco con la questione di un presunto conflitto di interessi che germinava, ancora una volta, dai trascorsi tra Conte e Alpa. Il suo mentore, infatti, dal 2009 al 2013 fu membro del consiglio di amministrazione di Carige; dal dicembre 2013 al febbraio 2014 si sedette a quello di Fondazione Carige. E, ancora, da aprile 2013 a dicembre 2013 ricoprì il ruolo di presidente di Carige Assicurazioni e Carige Vita nuova, oltre a essere stato legale di uno dei soci di minoranza dell’istituto, Raffaele Mincione, che, peraltro, in passato si è avvalso anche della consulenza dello stesso Giuseppe Conte.

PAGAMENTO DI 26 MILA EURO SU UN UNICO CONTO CORRENTE

Tornando invece al presunto conflitto di interessi che rischierebbe persino di invalidare il concorso per diventare professore ordinario di Diritto privato, la nuova prova presentata dal Le Iene sarebbe una fattura congiunta con in calce le firme del premier e di Alpa. Si tratta di un documento redatto su carta intestata a entrambi, che riporta la richiesta di pagamento di 26.830,15 euro da effettuare su un unico conto corrente di una filiale di Genova di Banca Intesa, quindi cointestato.

LA PROVA DI INTERESSI PROFESSIONALI COINCIDENTI?

Si tratterebbe di quanto dovuto per i servizi professionali resi per l’assunzione, nel 2001 (un anno prima del concorso) della difesa del Garante per la privacy in una controversia legale con Rai e Agenzia delle entrate, aperta al tribunale civile di Roma. Insomma, la tesi è che quel documento proverebbe comuni interessi professionali ed economici preesistenti al concorso tra l’allora candidato Giuseppe Conte e un membro della commissione.

LE LEGHISTA BORGONZONI FECE UN’INTERROGAZIONE

Sarebbe insomma il famoso preavviso di fattura che la Lega cerca ininterrottamente da quando Salvini ha fatto cadere il governo e ha eletto come proprio bersaglio proprio Giuseppe Conte. L’8 ottobre 2019, infatti, in una interrogazione parlamentare presentata da Lucia Borgonzoni, il partito di Salvini rispolverando le questioni del Pd domandava al presidente del Consiglio se potesse «escludere l’esistenza di progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata riferiti ai patrocini prestati al Garante per la protezione dei dati personali». «In caso contrario», veniva chiesto, «come ciò possa conciliarsi con la più volte ribadita autonomia e se reputi opportuno che un presidente del Consiglio dei ministri, nell’escludere un conflitto, ricostruisca i fatti omettendo di esplicitare elementi decisivi».

LETTERA D’INCARICO INVIATA A UN SOLO INDIRIZZO

Secondo gli autori del servizio, quel documento venuto infine alla luce – unito alla lettera d’incarico del Garante per la privacy rivolta a entrambi – proverebbe appunto ciò che sostenne a suo tempo la Repubblica. «Conte», hanno scritto Le Iene, «ha sempre negato la comunanza di interessi economici con Alpa, nonostante nel suo curriculum vitae lui stesso avesse scritto: “Dal 2002 ha aperto con il prof. avv. Guido Alpa un nuovo studio legale dedicandosi al diritto civile, diritto societario e fallimentare”». Poi hanno sottolineato: «La lettera ha un unico numero di protocollo, è inviata a un unico studio legale, presso un unico indirizzo: al prof. Guido Alpa e al prof Avv. Giuseppe Conte, Via Sardegna 38, Roma».

SOLO COINQUILINI? O CONTE ERA OSPITE?

Quindi non lo studio su due piani di via Cairoli già oggetto della replica che il presidente del Consiglio indirizzò a la Repubblica l’8 ottobre 2018. «Io e il prof. Alpa», si giustificò il premier, «non abbiamo mai avuto uno studio professionale associato né mai abbiamo costituito un’associazione tra professionisti. Sarebbe bastato ai giornalisti chiedere in giro». Il premier anche su Facebook scrisse che «Alpa, all’epoca dei fatti, aveva sì uno studio associato, ma a Genova. Mentre a Roma siamo stati “coinquilini” utilizzando una segreteria comune». Ora «il documento», secondo Le Iene, «conferma un’altra circostanza, su cui Guido Alpa e Giuseppe Conte non avrebbero detto la verità». E cioè che «prima del concorso universitario, come ha riferito Alpa, Conte era ospite in via Sardegna e non come aveva detto il premier con un contratto d’affitto separato per il suo studio al piano di sopra di quello di Alpa, in piazza Cairoli, dove si trasferirà alcuni anni dopo».

PALAZZO CHIGI RIDIMENSIONA I CASI FATTURA E CONCORSO

Conte, da parte sua, ha smentito ancora una volta ogni accusa. A iniziare dal fatto che quel documento non costituirebbe fattura, ma un «progetto di parcella» e non esisterebbero parcelle congiunte. Non solo, a quel preavviso sarebbe seguita un’unica fattura, di Alpa. Conte non avrebbe chiesto alcunché al cliente in quanto «il suo apporto all’istruzione e alla conduzione della causa sarebbe stato assolutamente marginale rispetto a quello del professor Alpa». Mentre, sul concorso, ha ribadito: «Era un concorso per titoli, vuol dire che si mandano le pubblicazioni e vengono valutate», sottolineando di averlo «superato con l’unanimità della commissione, Alpa era uno dei cinque commissari».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Dal 5G alla Libia: le spine di Conte al vertice Nato

Bilaterale con Trump, che annuncia il passo indietro dell'Italia sulla rete di quinta generazione. Il premier smentisce: «Non ne abbiamo parlato». Dalla Libia al Mes: i dossier caldi per l'Italia.

Difesa del ruolo della Nato, Mes, dossier libico, ma soprattutto il 5G. Sono questi i temi al centro del vertice dell’Alleanza Atlantica nelle parole del premier Giuseppe Conte. Il capo del governo, arrivato nella mattina del 4 dicembre al summit Nato di Watford, nel Nord di Londra, e subito incalzato dai giornalisti sul dibattito relativo all’importanza dell’Alleanza nel contesto globale di oggi e di domani, ha risposto: «La Nato è e rimane un punto di riferimento sia per la dimensione militare che per quella politica. Certo che ha un futuro». Il premier ha avuto un bilaterale con il primo ministro britannico Boris Johnson e uno con il presidente Usa Donald Trump, all’indomani della minaccia del tycoon di imporre nuovi dazi contro la digital tax.

IL BOTTA E RISPOSTA SUL 5G CON TRUMP

E proprio con Trump è andato un scena un botta e risposta a distanza sulla scottante questione del 5G. Il presidente l’ha definito un «pericolo per la sicurezza», affermando che vari Paesi, tra cui l’Italia, non andranno avanti nel progetto di implementazione della tecnologia d’intesa col colosso cinese Huawei. «Ho parlato all’Italia e sembra che non procederanno», ha detto Trump. «Ho parlato con altri Paesi, non procederanno. Tutti quelli con cui ho parlato non andranno avanti». Immediata è arrivata la smentita del premier Conte: «Non abbiamo trattato questo tema», ha tagliato corto. Tema che è «rimesso alle prescrizioni del nostro ordinamento giuridico. Sul 5G l’Italia si è dotata di struttura normativa particolarmente avanzata» con la golden power, unica in Europa, «ed è quella che governa le nostre azioni», ha spiegato Conte.

LA POLITICA USA IN LIBIA

Sul Mes che tanti problemi sta creando in seno alla sua maggioranza, Conte ha poi detto: «C’è una logica di pacchetto, rimaniamo vincolati a questa prospettiva. Con gli altri leader europei abbiamo parlato di molte cose, e senza entrare nei dettagli, posso dire che quando c’è da difendere gli interessi dell’Italia non mi distraggo mai. Se vedo il rischio di dover mettere un veto in Ue o di una spaccatura nella maggioranza? Non vedo né il primo né il secondo rischio. Quando il Mes sarà firmato decideranno i responsabili politici dei singoli Paesi, ci sono tempi e modi che decideremo in seguito». Conte ha poi parlato del minisummit a quattro che si è tenuto il 3 dicembre: «Era un vertice sulla Siria che nasceva con un altro formato, nessuno parlerebbe di Libia senza coinvolgere l’Italia». Sul dossier libico a preoccupare Conte è l’imprevedibilità di Trump, ondivago nel suo sostegno al governo riconosciuto di Fayez al-Serraj e al generale Khalifa Haftar.

Gli Usa in Libia possono e devono avere un ruolo fondamentale

Giuseppe Conte

«Sicuramente gli Usa hanno un ruolo fondamentale nel Mediterraneo allargato e, anche per la Libia, possono e debbono avere un ruolo fondamentale, noi li abbiamo sempre coinvolti in questi dossier», ha detto Conte. «Prescindere da loro per cercare di indirizzare alla soluzione politica il conflitto libico sarebbe impensabile».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Da Conte arriva un’apertura al rinvio del Mes

Il premier parla a margine del vertice Nato e spiega: «Non firmo cambiali in bianco, ma basta propaganda». Di Maio: «Nessuna crisi di governo».

Non esclude un rinvio, o un accorgimento per far coincidere l’entrata in vigore del Mes con altre riforme, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che parla a diversi quotidiani a Londra, a margine del summit Nato. Al Corriere della Sera il premier spiega che «ci stiamo muovendo in una logica di pacchetto», che significa che «il progetto comprende unione bancaria e monetaria: è giusto che l’Italia si esprima solo quando avrà una valutazione complessiva su dove si sta andando, io ancora non ho firmato nulla, tanto meno una cambiale in bianco. Già domani si entrerà nel vivo sul dossier dell’unione bancaria, io non ho nessuna intenzione di firmare in bianco».

«NIENTE RICATTI NÉ FIGURACCE»

Nessuna figuraccia per l’Italia, aggiunge Conte: «Nemmeno per sogno, ci sono 19 Paesi che stanno scrivendo una riforma, c’è una sintesi nazionale da fare e poi una europea» e «non è un ricatto», «state sicuri che non ci faremo fregare». Non esclude un rinvio sul Mes, ma osserva: «Abbiamo evitato già tante insidie, io non ho abbracciato in parlamento fideisticamente il Mes», ma bisogna evitare «la fanfara propagandistica che fa salire lo spread». Conte parla anche a Fatto Quotidiano e Stampa, e a proposito del post di Di Maio che rivendica per il M5s il ruolo di ago della bilancia, sottolinea che «la volontà del Movimento 5 stelle sarà assolutamente determinante», ma «come presidente del Consiglio aggiungo che anche le altre forze politiche di maggioranza possono dire che senza i loro voti non si fa nulla».

DI MAIO: «MAI PARLATO DI CRISI DI GOVERNO»

Lo stesso Di Maio che di lì a poco ha chiarito: «Non ho mai parlato di crisi di governo, semplicemente chiediamo un rinvio per migliorare questo meccanismo. La cosa incredibile è che noi assistiamo a una Lega che attacca su questo fondo quando tutto questo è patito dal governo Berlusconi-Lega, alla faccia dei sovranisti»

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Di Maio fa il pompiere sul Mes

Il leader del M5s dopo il gelo con il premier: «Ho sentito Conte e siamo in piena sintonia». Ma l'asse con Di Battista preoccupa il Pd. Occhi puntati sul ministro Gualtieri, che all'Eurogruppo tratterà modifiche alla riforma del fondo salva-Stati.

Negoziare all’Eurogruppo e con i leader europei, ottenere almeno un rinvio della firma del Meccanismo europeo di stabilità. Per raffreddare gli animi in Senato ed evitare che l’11 dicembre una spaccatura della maggioranza apra una crisi politica. Il rischio c’è, affermano dal Pd, anche perché il gruppo M5s è spaccato e imprevedibile. In più, preoccupa l’asse di Luigi Di Maio con Alessandro Di Battista contro la riforma del fondo salva-Stati: «Il M5s è l’ago della bilancia, decidiamo noi». Il ministro degli Esteri invia un segnale distensivo: «Conte l’ho sentito due ore fa e siamo in piena sintonia, sia sul Mes sia sul tema della prescrizione», ha detto a Di Martedì su La7. Ma i dem non si fidano e le fibrillazioni preoccupano anche Italia viva.

Nelle prossime ore gli occhi saranno tutti puntati sul ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che all’Eurogruppo tratterà con gli alleati europei sul Mes. In discussione non c’è l’impianto del Meccanismo, ma regolamenti secondari ancora oggetto di negoziato. In più, in una “logica di pacchetto”, si avvierà la trattativa sull’Unione bancaria, che è ancora a una prima stesura: il ministro, come più volte affermato, dirà che l’Italia si oppone al meccanismo – sostenuto dalla Germania ma per noi svantaggioso – che punta a ponderare i titoli di Stato detenuti dalle banche sulla base del rating dei singoli Paesi.

Anche Conte, nei suoi colloqui a margine del vertice Nato di Londra, discuterà del “pacchetto” europeo con gli altri leader, a partire da Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Ma è il fattore tempo quello su cui il governo spera di far leva, nell’immediato. La firma del Mes, anche per ragioni tecniche, non dovrebbe arrivare prima di febbraio. Da quel momento i singoli Paesi dovranno ratificare il trattato. La speranza è che i dubbi emersi anche in Francia e fattori come la crisi di governo a Malta possano spingere la lancetta un po’ più in là.

Negoziazioni nell’ambito del “pacchetto” Ue e rinvii saranno la leva sulla quale si cercherà di plasmare un’intesa di maggioranza sulla risoluzione che dovrà essere votata l’11 dicembre in Parlamento, alla vigilia della partecipazione di Conte al Consiglio europeo. Sono “legittime” diverse “sensibilità”, dichiara il premier cercando di placare gli animi e assicurando che “l’ultima parola spetta al Parlamento”: “Lavoriamo per rendere questo progetto utile agli interessi dell’Italia”. Conte e Di Maio si sentono al telefono, dopo il plateale gelo andato in scena in Aula alla Camera. “Nessuna contrapposizione”, “totale sintonia”: assicurano all’unisono.

Di Maio pone anche l’accento sulla “logica di pacchetto”, lasciando margini di manovra a chi lavora a una posizione comune di maggioranza. Sui social, però, rilancia l’asse con Alessandro Di Battista dichiarando che “M5s è ago della bilancia” e “chiede del tempo per fare delle modifiche”. Da Bruxelles incalza anche Matteo Salvini, che rilancia Mario Draghi come candidato al Colle e incalza il premier proprio sul Mes: “Il trattato non è emendabile, bisogna bloccarlo. Conte ha lo sguardo di chi ha paura e scappa”. Lega e Fdi non faranno sconti in Aula. Ed è in Aula che può scoppiare “l’incidente”. Perché, spiegano fonti Dem dal Senato, è impossibile prevedere i comportamenti dei senatori M5s (Paragone e Giarrusso già si sono smarcati): i “contiani” lavorano a un’intesa, ma basta una manciata di voti a far andare in minoranza il governo.

Di qui il pressing su Di Maio perché lavori per compattare le truppe su una posizione unica e chiara in asse con il governo. I Cinque stelle fanno sapere che stanno lavorando a una risoluzione di maggioranza, a partire dalle loro posizioni. “Decide Conte, non Di Maio”, avverte dal Pd Enzo Amendola. Come a dire: i Dem non sono disposti a cedimenti o a mettere veti sul trattato. Per chiudere, servirà probabilmente un nuovo vertice di maggioranza. Ma, come emerge da un incontro di Italia viva con Conte, i punti di divergenza sono tanti e il clima sempre più agitato.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Gli aggiornamenti sul dibattito del Mes del 1 dicembre

Salvini attacca ancora il premier: «Se passa danno grave per l'Italia». Ma Martina chiede a Di Maio di non dare altra benzina al leader del Carroccio per appiccare nuovi incendi.

Continua a tenere banco, tanto nella maggioranza quanto nell’opposizione, la questione sul Mes. Ecco che anche domenica 1 dicembre i leader dei principali partiti sono tornati a parlare sul Meccanismo europeo di stabilità. Come sempre il più agguerrito è stato Matteo Salvini. Ma non sono mancate nemmeno le dichiarazioni di Giorgia Meloni e Maurizio Martina.

COSA HA DETTO SALVINI SUL MES

«Domani sarò a Roma da italiano, curioso di sentire se il presidente del Consiglio ha capito quello che faceva e ha tradito. Oppure molto semplicemente non ha capito quello che stava facendo, perché tutto è possibile», ha detto Salvini a margine dell’incontro elettorale a favore di Lucia Borgonzoni in riferimento all’informativa sul Mes del premier Conte di lunedì 2 dicembre alle Camere. «E poi martedì sarò a Bruxelles perché non voglio che l’Italia sia rappresentata da qualcuno che cede nella battaglia ancora prima di cominciarla», ha aggiunto. Il leader del Carroccio ha anche detto che l’approvazione del Meccanismo europeo di stabilità «sarebbe un danno enorme per l’Italia e gli italiani».

MELONI AUSPICA LA CADUTA DEL GOVERNO

Anche Giorgia Meloni si è omologata al pensiero salviniano. Questa volta cambiando destinatario e passando da Conte a Di Maio. «Credo che dovrebbe cadere il governo sul Mes. Nel senso che se Di Maio ha un briciolo di dignità questo è il momento in cui lo deve dimostrare. Basta proclami, Luigi Di Maio. I numeri in Parlamento ce li hai tu», ha detto a margine dell’evento organizzato dal gruppo al Senato di FdI al teatro EuropAuditorium di Bologna. «Se non vuoi che il Mes venga sottoscritto devi dire che ritiri il sostegno del Movimento 5 stelle dal Governo nel caso passi. Basta fare i pagliacci e fare finta di dire una cosa per poi farne un’altra», ha aggiunto.

MARTINA GETTA ACQUA SUL FUOCO

«Io mi auguro che Di Maio non voglia dare altra benzina a Salvini per appiccare fuochi pericolosi per l’Italia. Salvini è un esperto di questa logica folle, Di Maio eviti di dargli una mano perché in gioco c’è la forza del nostro
Paese non il destino di una persona sola», ha invece detto Maurizio
Martina
ai microfoni di Sky Tg24.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

La strategia di Conte contro Salvini sul Mes

Ricompattare la maggioranza sul sì al negoziato europeo. Dimostrare che il leader della Lega era informato delle trattative da mesi. E giocare di sponda con il Quirinale. Così il premier pianificare di salvare il governo dalla polemica sul fondo Salva Stati.

Sbugiardare l’avversario numero uno del governo giallorosso, Matteo Salvini. L’obiettivo di Giuseppe Conte, a mesi di distanza dalla fine del suo esecutivo, resta lo stesso, ma cambiano i contenuti della sfida. Se a Montecitorio mesi fa, il confronto con Salvini era sul governo insieme, oggi è sul fondo Salva Stati. Conte prepara la sua nuova controffensiva anti-Lega. Una controffensiva che porta con sé una strategia parallela: spingere la maggioranza a dare un placet in gran parte condiviso a quel Meccanismo economico di Stabilità dal quale l’Italia, di fatto, non può sfilarsi. Ed è una strategia nella quale Palazzo Chigi sembra trovare una sponda al Quirinale.

LA SPONDA DEL QUIRINALE PER IL PREMIER

Al Colle regna il silenzio rispetto agli appelli e agli attacchi di Salvini. Il presidente Sergio Mattarella e Conte, sul Mes, si sono sentiti nei giorni scorsi. Ed è una vicenda spinosa, quella del fondo Salva-Stati, che mette in gioco i rapporti tra l’Italia e i grandi d‘Europa. E che rischia di porre il Paese in una posizione di svantaggio sul terzo e delicato pilastro delle riforme dell’eurozona: l’Unione bancaria. Su quest’ultimo punto l’Italia deve far fronte alla proposta Scholz, ministro delle Finanze tedesco, che contiene una trappola per Paesi con alto debito e spread elevati come il nostro: non rendere più “a rischio zero” l’acquisto di titoli di Stato da parte delle banche. Per questo, a Palazzo Chigi si muovono su un doppio binario: quello del prudente negoziato nella Ue e quello della ferma risposta agli attacchi di Salvini. Attacchi sui quali Conte trova l’implicita sponda del Colle. Mattarella non considera quella lanciata da Salvini una chiamata in causa a cui sente il dovere di rispondere. Tanto che, al Quirinale, in queste ore si ricorda come il capo dello Stato, in passato, non abbia ricevuto gruppi parlamentari o partiti che intendevano criticare i lavori delle Camere. L’argomento Mes, insomma, investe il governo e il Parlamento nelle loro rispettive prerogative.

IL SÌ DELL’EUROZONA PREVISTO PER FEBBRAIO

È proprio su questo punto, da qui a lunedì prossimo, che lavorerà Conte. Documentando come del Mes si sia già ampiamente parlato nei Consigli dei ministri e anche nelle commissioni parlamentari all’epoca gialloverde. E con il sostanziale, sebbene silenzioso, placet dell’allora ministro dell’Interno. Una volta chiariti agli italiani gli elementi del negoziato Conte, a metà dicembre, non si sottrarrà nel toccare l’argomento al Consiglio Ue. Ma è difficile che il sì dei governi dell’eurozona arrivi per dicembre: nella maggioranza si prevede che sia febbraio il mese in cui l’eurosummit dia il suo ok definitivo. Ben diverso l’approccio del premier con Luigi Di Maio. Il leader del M5S sulle sue critiche al Mes, ha ricompattato i gruppi trovando d’accordo, alla congiunta, persino “big” dell’ala ortodossa come Giuseppe Brescia. Ma, si sottolinea nel Movimento, l’approccio di Di Maio è meno urlato e “non è contro qualcuno”. In queste ore i contatti con Conte sono frequenti e a lui Di Maio ha chiesto di sfruttare ogni margine per migliorare il trattato. Ed è un punto che trova il premier d’accordo.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it