Gli intrecci tra l’omicidio di Daphne Galizia e il presunto mandante Fenech

Giro d'affari e ombre di uno degli uomini più potenti di Malta. Dagli interessi nel settore energetico al legame coi Panama Papers. Il giornalista Delia: «Questa vicenda contaminerà la politica. Il ministro Mizzi deve dimettersi».

L’hanno bloccato a bordo del suo yacht mentre stava per fuggire da Malta, pochi giorni dopo aver rassegnato le dimissioni dal board di Tumas Group. Yorgen Fenech, arrestato il 20 novembre nell’ambito delle indagini sull’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, è uno degli uomini più potenti di Malta. Figlio del businessman George Fenech e nipote di Tumas Fenech, per anni ha fatto affari in alcuni tra i settori chiave dell’economia dell’isola: turismo, gaming, ma soprattutto energia e shipping. Tumas Group è una delle società più potenti e importanti a Malta, con asset nel 2017 per oltre 350 milioni di euro.

TUMAS GROUP, ASSET MILIONARI E INTERESSI NEL SETTORE ENERGETICO

Tra i beni della società figurano la Portomaso Business Tower di Malta, il vicino hotel Hilton, il ristorante Blue Elephant e soprattutto il Portomaso Casinò, lo stesso dove venne visto Alfred De Giorgio, uno degli indagati nel processo per la morte di Caruana Galizia. Ma non è tutto. Tumas Group, infatti, fa parte del consorzio Electrogas che ha interessi nell’energia ed è in lizza per la costruzione di una centrale Lng nella località di Delimara, progetto appoggiato anche dall’attuale governo che ne fece uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna elettorale del 2013, sostenendo che una volta in funzione l’impianto avrebbe ridotto le tariffe dell’energia per i maltesi. A sostenere questo progetto fu l’ex ministro dell’Energia, Konrad Mizzi, mentre l’attuale primo ministro, Joseph Muscat, promise che si sarebbe dimesso se non fosse andato in porto.

Quello che da tre anni si vuole coprire è un omicidio compiuto per mettere a tacere una corruzione milionaria

Emanuel Delia, autore di Murder on the Malta Express

Daphne Caruana Galizia aveva iniziato a indagare proprio su queste società e sulle presunte tangenti pagate a due membri del governo laburista di Malta, il capo di gabinetto Keith Schembri e il ministro Mizzi. Tangenti che sarebbero passate attraverso la 17Black, società basata a Dubai – e di cui è amministratore delegato proprio Fenech -, già individuata da Daphne Caruana Galizia. «Quello che da tre anni si vuole coprire», spiega Emanuel Delia, giornalista e autore del libro-inchiesta Murder on the Malta Express. Who killed Daphne Caruana Galizia? (scritto insieme a Carlo Bonini e John Sweeney), «è un omicidio compiuto per mettere a tacere un’indagine su una corruzione milionaria».

Lo yacht intercettato il 20 novembre con a bordo Yorgen Fenech.

IL RUOLO E I TIMORI DEL TASSISTA MELVIN THEUMA

A fare il nome di Fenech è stato Melvin Theuma, un tassista che lavorava nell’hotel Hilton, di proprietà di Tumas Group, individuato già nel 2018 sia dalla polizia sia dai giornalisti di inchiesta maltesi e arrestato nei giorni scorsi. Theuma era stato citato nell’interrogatorio di uno degli indagati, Vincent Muscat, che lo aveva indicato come colui che aveva assoldato i sicari per portare a termine l’omicidio di Daphne Caruana Galizia. E Theuma si aspettava di essere arrestato, tanto da aver dettato il proprio testamento il giorno successivo al fermo dei presunti esecutori materiali del delitto.

I LEGAMI CON LO SCANDALO DEI PANAMA PAPERS

L’arresto di Fenech, prosegue Delia, «avrebbe potuto avvenire molto tempo fa, quando emerse il coinvolgimento di questo tassista. Una volta raccolta la sua testimonianza, hanno provato a ignorarla, a far passare del tempo ma già da tre o quattro mesi noi giornalisti avevamo capito cosa stava succedendo e ci eravamo resi conto che Fenech poteva essere coinvolto». L’indizio, dice Delia, è stato il riferimento alla Portomaso, società in passato vicina a Nitto Santapaola: «Adesso il governo vorrebbe che questa storia non contaminasse il mondo politico, ma è impossibile. E se anche certi personaggi del governo non sono direttamente coinvolti nell’omicidio di Daphne, è certo che ci sia una responsabilità politica cui dovrebbero rispondere. Se tre anni fa, quando emerse il coinvolgimento di Schembri e Mizzi nella questione panamense, Muscat li avesse cacciati dal governo, oggi Daphne sarebbe ancora viva». Ora, dice Delia, «il premier sta rischiando tutto, ma il suo è un governo diviso, che sta sopravvivendo».

Schembri e Mizzi? Nessuno può fargli domande se sono al potere. Dovrebbero lasciare per essere interrogati

Emanuel Delia

E proprio Joseph Muscat continua a ribadire che per il momento sono escluse le dimissioni dei suoi gregari. «È una linea che sta tenendo da tre anni», prosegue Delia, «Muscat ha garantito di propria iniziativa l’immunità all’intermediario che ha promesso di fare il nome dei mandanti, come se fosse lui stesso a condurre le indagini. La verità è che questo omicidio è nato dalle questioni relative alla 17Black e ai Panama Papers, vicende in cui sono coinvolti anche alcuni tra i nostri politici. In questo senso, dovrebbero dimettersi tutti e subito, proprio come è accaduto con il caso di Ján Kuciak (il giornalista di 27 anni ucciso in Slovacchia nel febbraio 2018, ndr)». E sull’omicidio di Daphne Caruana Galizia conclude: «Non posso affermare che Schembri e Mizzi ne sapessero qualcosa, non ho elementi. Quello che non posso tollerare però è che non lascino la poltrona: nessuno può fargli domande se sono al potere. Dovrebbero lasciare per essere interrogati».

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Gli intrecci tra l’omicidio di Daphne Galizia e il presunto mandante Fenech

Giro d'affari e ombre di uno degli uomini più potenti di Malta. Dagli interessi nel settore energetico al legame coi Panama Papers. Il giornalista Delia: «Questa vicenda contaminerà la politica. Il ministro Mizzi deve dimettersi».

L’hanno bloccato a bordo del suo yacht mentre stava per fuggire da Malta, pochi giorni dopo aver rassegnato le dimissioni dal board di Tumas Group. Yorgen Fenech, arrestato il 20 novembre nell’ambito delle indagini sull’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, è uno degli uomini più potenti di Malta. Figlio del businessman George Fenech e nipote di Tumas Fenech, per anni ha fatto affari in alcuni tra i settori chiave dell’economia dell’isola: turismo, gaming, ma soprattutto energia e shipping. Tumas Group è una delle società più potenti e importanti a Malta, con asset nel 2017 per oltre 350 milioni di euro.

TUMAS GROUP, ASSET MILIONARI E INTERESSI NEL SETTORE ENERGETICO

Tra i beni della società figurano la Portomaso Business Tower di Malta, il vicino hotel Hilton, il ristorante Blue Elephant e soprattutto il Portomaso Casinò, lo stesso dove venne visto Alfred De Giorgio, uno degli indagati nel processo per la morte di Caruana Galizia. Ma non è tutto. Tumas Group, infatti, fa parte del consorzio Electrogas che ha interessi nell’energia ed è in lizza per la costruzione di una centrale Lng nella località di Delimara, progetto appoggiato anche dall’attuale governo che ne fece uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna elettorale del 2013, sostenendo che una volta in funzione l’impianto avrebbe ridotto le tariffe dell’energia per i maltesi. A sostenere questo progetto fu l’ex ministro dell’Energia, Konrad Mizzi, mentre l’attuale primo ministro, Joseph Muscat, promise che si sarebbe dimesso se non fosse andato in porto.

Quello che da tre anni si vuole coprire è un omicidio compiuto per mettere a tacere una corruzione milionaria

Emanuel Delia, autore di Murder on the Malta Express

Daphne Caruana Galizia aveva iniziato a indagare proprio su queste società e sulle presunte tangenti pagate a due membri del governo laburista di Malta, il capo di gabinetto Keith Schembri e il ministro Mizzi. Tangenti che sarebbero passate attraverso la 17Black, società basata a Dubai – e di cui è amministratore delegato proprio Fenech -, già individuata da Daphne Caruana Galizia. «Quello che da tre anni si vuole coprire», spiega Emanuel Delia, giornalista e autore del libro-inchiesta Murder on the Malta Express. Who killed Daphne Caruana Galizia? (scritto insieme a Carlo Bonini e John Sweeney), «è un omicidio compiuto per mettere a tacere un’indagine su una corruzione milionaria».

Lo yacht intercettato il 20 novembre con a bordo Yorgen Fenech.

IL RUOLO E I TIMORI DEL TASSISTA MELVIN THEUMA

A fare il nome di Fenech è stato Melvin Theuma, un tassista che lavorava nell’hotel Hilton, di proprietà di Tumas Group, individuato già nel 2018 sia dalla polizia sia dai giornalisti di inchiesta maltesi e arrestato nei giorni scorsi. Theuma era stato citato nell’interrogatorio di uno degli indagati, Vincent Muscat, che lo aveva indicato come colui che aveva assoldato i sicari per portare a termine l’omicidio di Daphne Caruana Galizia. E Theuma si aspettava di essere arrestato, tanto da aver dettato il proprio testamento il giorno successivo al fermo dei presunti esecutori materiali del delitto.

I LEGAMI CON LO SCANDALO DEI PANAMA PAPERS

L’arresto di Fenech, prosegue Delia, «avrebbe potuto avvenire molto tempo fa, quando emerse il coinvolgimento di questo tassista. Una volta raccolta la sua testimonianza, hanno provato a ignorarla, a far passare del tempo ma già da tre o quattro mesi noi giornalisti avevamo capito cosa stava succedendo e ci eravamo resi conto che Fenech poteva essere coinvolto». L’indizio, dice Delia, è stato il riferimento alla Portomaso, società in passato vicina a Nitto Santapaola: «Adesso il governo vorrebbe che questa storia non contaminasse il mondo politico, ma è impossibile. E se anche certi personaggi del governo non sono direttamente coinvolti nell’omicidio di Daphne, è certo che ci sia una responsabilità politica cui dovrebbero rispondere. Se tre anni fa, quando emerse il coinvolgimento di Schembri e Mizzi nella questione panamense, Muscat li avesse cacciati dal governo, oggi Daphne sarebbe ancora viva». Ora, dice Delia, «il premier sta rischiando tutto, ma il suo è un governo diviso, che sta sopravvivendo».

Schembri e Mizzi? Nessuno può fargli domande se sono al potere. Dovrebbero lasciare per essere interrogati

Emanuel Delia

E proprio Joseph Muscat continua a ribadire che per il momento sono escluse le dimissioni dei suoi gregari. «È una linea che sta tenendo da tre anni», prosegue Delia, «Muscat ha garantito di propria iniziativa l’immunità all’intermediario che ha promesso di fare il nome dei mandanti, come se fosse lui stesso a condurre le indagini. La verità è che questo omicidio è nato dalle questioni relative alla 17Black e ai Panama Papers, vicende in cui sono coinvolti anche alcuni tra i nostri politici. In questo senso, dovrebbero dimettersi tutti e subito, proprio come è accaduto con il caso di Ján Kuciak (il giornalista di 27 anni ucciso in Slovacchia nel febbraio 2018, ndr)». E sull’omicidio di Daphne Caruana Galizia conclude: «Non posso affermare che Schembri e Mizzi ne sapessero qualcosa, non ho elementi. Quello che non posso tollerare però è che non lascino la poltrona: nessuno può fargli domande se sono al potere. Dovrebbero lasciare per essere interrogati».

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Come il cibo è diventato uno status symbol anche per gli italiani

Uno studio fotografa il nuovo prototipo di consumatore 4.0. Mangia poco, ma bene. Non ha "fame", bensì appetito. Cerca il piacere e la salute. L'analisi delle evolute abitudini alimentari.

Non ditelo a Matteo Salvini, che ingurgita fiero piatti iper calorici a qualsiasi ora del giorno e della notte vantandosene su Twitter, per comunicare a quelli del “popolo”che lui è come loro, divora un po’ di tutto e male: ormai il cibo è uno status symbol, all’insegna del “dimmi come mangi e ti dirò chi sei”. E il consumatore è diventato 4.0, post-moderno e sempre più attento al rapporto con l’alimentazione.

TRA INNOVAZIONE E ACQUISTI CERTIFICATI

A delineare questo ritratto è stato l’Osservatorio cibi, produzioni, territorio (Cpt) di Eurispes, Uci e Univesitas Mercatorum, che ha raccolto dati, approfondito fenomeni e osservato come cambiano le abitudini dei consumatori nel position paper “I consumi alimentari: conoscere per agire”. Si parla di sempre di più di persone che non hanno “fame”, ma appetito, saziano la mente più che la pancia, sono sempre più informate e consapevoli, cercano l’innovazione e il piacere così come la salute, acquistano prodotti certificati ma non si fidano più solo di un bollino.

I CONSUMI ALIMENTARI SONO L’11% DEL PIL

I consumi delle famiglie rappresentano la quota più importante del Prodotto interno lordo (Pil) italiano e, in quest’ambito, quelli alimentari pesano l’11% (secondo dati Istat del 2018). Ma conoscere il consumo, spiega questo studio, significa capire le persone, i loro valori, i loro desideri. E il consumatore di oggi «è un misto di antico e contemporaneo, è un consumatore post moderno che sta ribaltando il suo rapporto con il consumo: dopo una lunga fase post bellica, nella quale il consumo ha sostanzialmente dominato sulla persona, è maturato un cambiamento di stato che mostra un altro soggetto, che ribalta i termini del proprio esistenziale socio-economico da consumatore-persona a persona-consumatore, attraverso alcuni atteggiamenti nuovi».

DA FATTO INDIVIDUALE A RELAZIONALE

Siamo al culmine, sostiene l’osservatorio, di un percorso di trasformazione intellettuale del cibo: da alimento a strumento di piacere, da fatto individuale a relazionale. «Una trasformazione a cui hanno contribuito i media innanzitutto con i format televisivi, l’ascesa dei cuochi star».

IL RIFERIMENTO: LA CERTIFICAZIONE BIOLOGICA

Il nuovo consumatore è inoltre molto attento alla qualità, che individua attraverso alcuni elementi come la sicurezza alimentare, e in questo senso l’etichetta è fondamentale per convogliare le informazioni necessarie a rassicurare il consumatore; la qualità ambientale della terra d’origine dei prodotti; la naturalità dei processi dei prodotti, la certificazione biologica che è un riferimento per molti. E l’aspetto salutistico: il cibo è di qualità se «svolge funzioni positive per l’organismo».

SI DIVENTA “PRODUTTORI DI SIGNIFICATI”

In definitiva, il consumatore è diventato «attraverso l’insieme delle proprie scelte di consumo, un “produttore di significati“». Perché «non è il singolo atto di scelta che definisce la persona, ma l’intero insieme delle scelte di acquisto che, nell’identità che le sottende, assurgono a “sistema”». E «il possesso, la proprietà e l’utilizzo di simboli è un tratto essenziale del consumo: ieri l’automobile era probabilmente il simbolo-guida, poi è divenuta la griffe della moda, oggi il focus è sui comportamenti alimentari». E se anche Salvini la smettesse di condividere cibo spazzatura sui social? Per adesso resta ancora un’utopia.

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Come il cibo è diventato uno status symbol anche per gli italiani

Uno studio fotografa il nuovo prototipo di consumatore 4.0. Mangia poco, ma bene. Non ha "fame", bensì appetito. Cerca il piacere e la salute. L'analisi delle evolute abitudini alimentari.

Non ditelo a Matteo Salvini, che ingurgita fiero piatti iper calorici a qualsiasi ora del giorno e della notte vantandosene su Twitter, per comunicare a quelli del “popolo”che lui è come loro, divora un po’ di tutto e male: ormai il cibo è uno status symbol, all’insegna del “dimmi come mangi e ti dirò chi sei”. E il consumatore è diventato 4.0, post-moderno e sempre più attento al rapporto con l’alimentazione.

TRA INNOVAZIONE E ACQUISTI CERTIFICATI

A delineare questo ritratto è stato l’Osservatorio cibi, produzioni, territorio (Cpt) di Eurispes, Uci e Univesitas Mercatorum, che ha raccolto dati, approfondito fenomeni e osservato come cambiano le abitudini dei consumatori nel position paper “I consumi alimentari: conoscere per agire”. Si parla di sempre di più di persone che non hanno “fame”, ma appetito, saziano la mente più che la pancia, sono sempre più informate e consapevoli, cercano l’innovazione e il piacere così come la salute, acquistano prodotti certificati ma non si fidano più solo di un bollino.

I CONSUMI ALIMENTARI SONO L’11% DEL PIL

I consumi delle famiglie rappresentano la quota più importante del Prodotto interno lordo (Pil) italiano e, in quest’ambito, quelli alimentari pesano l’11% (secondo dati Istat del 2018). Ma conoscere il consumo, spiega questo studio, significa capire le persone, i loro valori, i loro desideri. E il consumatore di oggi «è un misto di antico e contemporaneo, è un consumatore post moderno che sta ribaltando il suo rapporto con il consumo: dopo una lunga fase post bellica, nella quale il consumo ha sostanzialmente dominato sulla persona, è maturato un cambiamento di stato che mostra un altro soggetto, che ribalta i termini del proprio esistenziale socio-economico da consumatore-persona a persona-consumatore, attraverso alcuni atteggiamenti nuovi».

DA FATTO INDIVIDUALE A RELAZIONALE

Siamo al culmine, sostiene l’osservatorio, di un percorso di trasformazione intellettuale del cibo: da alimento a strumento di piacere, da fatto individuale a relazionale. «Una trasformazione a cui hanno contribuito i media innanzitutto con i format televisivi, l’ascesa dei cuochi star».

IL RIFERIMENTO: LA CERTIFICAZIONE BIOLOGICA

Il nuovo consumatore è inoltre molto attento alla qualità, che individua attraverso alcuni elementi come la sicurezza alimentare, e in questo senso l’etichetta è fondamentale per convogliare le informazioni necessarie a rassicurare il consumatore; la qualità ambientale della terra d’origine dei prodotti; la naturalità dei processi dei prodotti, la certificazione biologica che è un riferimento per molti. E l’aspetto salutistico: il cibo è di qualità se «svolge funzioni positive per l’organismo».

SI DIVENTA “PRODUTTORI DI SIGNIFICATI”

In definitiva, il consumatore è diventato «attraverso l’insieme delle proprie scelte di consumo, un “produttore di significati“». Perché «non è il singolo atto di scelta che definisce la persona, ma l’intero insieme delle scelte di acquisto che, nell’identità che le sottende, assurgono a “sistema”». E «il possesso, la proprietà e l’utilizzo di simboli è un tratto essenziale del consumo: ieri l’automobile era probabilmente il simbolo-guida, poi è divenuta la griffe della moda, oggi il focus è sui comportamenti alimentari». E se anche Salvini la smettesse di condividere cibo spazzatura sui social? Per adesso resta ancora un’utopia.

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Perché si parla dell’ingresso di nuovi soci nell’As Roma

La società di Trigoria ha confermato che sono in corso dei contatti per l'ingresso di nuovi soci, tra questi la possibile partecipazione del magnate Dan Friedkin.

L’assetto societario dell’As Roma potrebbe cambiare d nuovo. A confermarlo la stessa società giallorossa: «Sono in corso dei contatti preliminari con potenziali investitori al fine di permettere loro di valutare l’opportunità di un possibile investimento in a.s. ROMA Spv Llc», si legge in una nota pubblicata su richiesta della Consob, in riferimento ad alcune indiscrezioni apparse su alcuni quotidiani in relazione ad una possibile acquisizione delle partecipazioni di A.S. Roma S.p.A. da parte dello statunitense Dan Friedkin.

CONFERMATI I CONTATTI PER NUOVI INVESTITORI

«Su richiesta di Consob», ha informato il club di Trigoria, «con riferimento ad alcune indiscrezioni apparse in data odierna sugli organi di stampa in relazione ad una possibile acquisizione delle partecipazioni di A.S. Roma S.p.A. da parte di potenziali investitori, AS ROMA SPV LLC, società che detiene il controllo indiretto di A.S. ROMA S.p.A. tramite la sua controllata NEEP ROMA HOLDING S.p.A, informa che sono in corso dei contatti preliminari con potenziali investitori al fine di permettere loro di valutare l’opportunità di un possibile investimento in AS ROMA SPV LLC». «In caso di perfezionamento di accordi aventi ad oggetto il trasferimento delle partecipazioni detenute in A.S. Roma S.p.A., AS ROMA SPV LLC fornirà adeguata informativa al Mercato nei termini di legge».

E LA SOCIETÀ VOLA IN BORSA: +16,6%

Intanto per tutto il giorno il titolo in borsa ha fatto segnare rialzi da record. Il titolo, dopo una lunga sospensione in asta di volatilità, ha chiuso in rialzo del 16,6% a 0,59 euro.

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Nel Messinese è esploso un deposito di fuochi d’artificio

Ancora da accertare le cause dell'incidente. Quattro morti certe, ma si temono altre vittime. Almeno tre feriti e un disperso.

Un’esplosione si è verificata per cause ancora da accertare in un deposito di fuochi d’artificio e polveri piriche a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Dalle informazioni dei vigili del fuoco l’incidente è avvenuto in località Femmina morta. Fonti locali hanno confermato quattro morti accertate, ma il numero potrebbe crescere, considerando i tre feriti.

DUE BOATI UDITI FINO AL MILAZZO

Nella tragedia che ha colpito la fabbrica di articoli pirotecnici di Vito Costa e dei figli in contrada Cavalieri è sicura la morte di Venera Mazzeo, 71 anni, moglie del titolare, e di altre due persone. Ma il bilancio delle vittime potrebbe aumentare perché nella fabbrica si trovavano diverse persone. Nella zona si è sentito un boato e subito dopo uno più forte che si sono uditi fino a Milazzo e che hanno causato panico. Proprio nell’ospedale di Milazzo stati ricoverati con ustioni e in gravi condizioni, Bartolomeo Costa, 37 anni, figlio del proprietario della fabbrica e Antonio Bagnato, che lavora nella ditta.

NELLA FABBRICA ANCHE OPERAI DI UNA DITTA ESTERNA

Al momento dello scoppio erano al lavoro anche quattro operai di una ditta esterna e al momento non è ancora chiaro se tra le vittime accertate ci siano anche alcuni di loro o se siano ancora tra i dispersi. La produzione dei fuochi avveniva in un vecchio casolare in contrada. La famiglia Costa ha una pagina Facebook in cui pubblicizza i propri prodotti e gli eventi con i giochi di fuoco realizzati. Sul posto, oltre ai vigili del fuoco, sono presenti polizia, carabinieri e numerose ambulanze.

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Il giallo del drone italiano precipitato in Libia

Il velivolo si è schiantato nella zona a nord di Tarhouna a circa 60 km da Tripoli. L'esercito di Haftar ha rivendicato l'abbattimento la la Difesa nega: «Caduto per problemi tecnici».

Un drone militare italiano è precipitato il 20 novembre in Libia. Lo ha comunicato lo Stato maggiore della Difesa, spiegando che è stato perso «il contatto con un velivolo a pilotaggio remoto dell’Aeronautica militare, successivamente precipitato sul territorio libico». Il velivolo, «che svolgeva una missione a supporto dell’operazione Mare sicuro, seguiva un piano di volo preventivamente comunicato alle autorità libiche», ha aggiunto la Difesa. Sono in corso approfondimenti per accertare le cause.

LE FORZE DI HAFTAR RIVENDICA L’ABBATTIMENTO

Secondo il sito Libya Akhbar il velivolo a pilotaggio remoto è stato “abbattuto” dalla contraerea delle forze del generale ribelle Khalifa Haftar. Il sito ha citato il generale capo delle «sale operative della regione occidentale», che ha definto il velivolo «un drone ostile abbattuto dalla difesa antiaerea a nord di Tarhouna». L’abbattimento sarebbe stato confermato anche da fonti di alto livello dell’Esercito nazionale libico guidato dall’uomo forte della Cirenaica. «Il maggior generale Mabrouk al Ghazawi, comandante del gruppo che opera nella regione regione, ha confermato che le difese anti-aeree della 9/a Brigata di fanteria hanno abbattuto il velivolo sulla zona di Souk El Ahad quando è penetrato nello spazio aereo della zona per una missione ostile nell’area delle operazioni», ha scritto peraltro il sito.

Citando una «fonte militare» della sala operativa del Comando, Libya Akhbar ha precisato che sulle prime si era pensato che si trattasse di un drone «di fabbricazione turca», «ma poi si è appurato che portava il logo dell’aviazione italiana» e «un esame preliminare dei rottami del velivolo indicano che si tratta di un Predator». Il sito, ma anche altri media vicini al maresciallo Haftar come Al Marsad, hanno rilanciato una foto in cui si vede l’ala color celeste chiaro di un velivolo con i tre cerchi concentrici rosso-bianco-verde. Il rottame è legato su un pick-up sul quale posa un miliziano in mimetica e mitragliatore in pugno.

LEGGI ANCHE: L’Italia e la guerra dei droni: un mare di incognite

LA DIFESA ITALIANA INSISTE: «PROBLEMA TECNICO»

Fonti italiane qualificate hanno spiegato che le cause della caduta del predator italiano «sono ancora in corso di accertamento», ma al momento «l’ipotesi prevalente è che si tratti di un incidente provocato da un problema tecnico». Per le stesse fonti «è ancora presto per dare una risposta definitiva, ma questa è l’ipotesi più accreditata». In particolare, è stato sottolineato che le forze del generale Haftar non avrebbero tecnologie in grado di colpire un aereo che, come il Predator, vola a circa 20.000 piedi di quota.

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Il giallo del drone italiano precipitato in Libia

Il velivolo si è schiantato nella zona a nord di Tarhouna a circa 60 km da Tripoli. L'esercito di Haftar ha rivendicato l'abbattimento la la Difesa nega: «Caduto per problemi tecnici».

Un drone militare italiano è precipitato il 20 novembre in Libia. Lo ha comunicato lo Stato maggiore della Difesa, spiegando che è stato perso «il contatto con un velivolo a pilotaggio remoto dell’Aeronautica militare, successivamente precipitato sul territorio libico». Il velivolo, «che svolgeva una missione a supporto dell’operazione Mare sicuro, seguiva un piano di volo preventivamente comunicato alle autorità libiche», ha aggiunto la Difesa. Sono in corso approfondimenti per accertare le cause.

LE FORZE DI HAFTAR RIVENDICA L’ABBATTIMENTO

Secondo il sito Libya Akhbar il velivolo a pilotaggio remoto è stato “abbattuto” dalla contraerea delle forze del generale ribelle Khalifa Haftar. Il sito ha citato il generale capo delle «sale operative della regione occidentale», che ha definto il velivolo «un drone ostile abbattuto dalla difesa antiaerea a nord di Tarhouna». L’abbattimento sarebbe stato confermato anche da fonti di alto livello dell’Esercito nazionale libico guidato dall’uomo forte della Cirenaica. «Il maggior generale Mabrouk al Ghazawi, comandante del gruppo che opera nella regione regione, ha confermato che le difese anti-aeree della 9/a Brigata di fanteria hanno abbattuto il velivolo sulla zona di Souk El Ahad quando è penetrato nello spazio aereo della zona per una missione ostile nell’area delle operazioni», ha scritto peraltro il sito.

Citando una «fonte militare» della sala operativa del Comando, Libya Akhbar ha precisato che sulle prime si era pensato che si trattasse di un drone «di fabbricazione turca», «ma poi si è appurato che portava il logo dell’aviazione italiana» e «un esame preliminare dei rottami del velivolo indicano che si tratta di un Predator». Il sito, ma anche altri media vicini al maresciallo Haftar come Al Marsad, hanno rilanciato una foto in cui si vede l’ala color celeste chiaro di un velivolo con i tre cerchi concentrici rosso-bianco-verde. Il rottame è legato su un pick-up sul quale posa un miliziano in mimetica e mitragliatore in pugno.

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LA DIFESA ITALIANA INSISTE: «PROBLEMA TECNICO»

Fonti italiane qualificate hanno spiegato che le cause della caduta del predator italiano «sono ancora in corso di accertamento», ma al momento «l’ipotesi prevalente è che si tratti di un incidente provocato da un problema tecnico». Per le stesse fonti «è ancora presto per dare una risposta definitiva, ma questa è l’ipotesi più accreditata». In particolare, è stato sottolineato che le forze del generale Haftar non avrebbero tecnologie in grado di colpire un aereo che, come il Predator, vola a circa 20.000 piedi di quota.

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Se non paghi l’Imu il Comune può pignorarti il conto corrente

Lo stabilisce un emendamento alla Legge di Bilancio. Il sollecito, i 60 giorni per il ricorso, la rateizzazione del debito: cosa prevedono le nuove regole di riscossione.

Un emendamento alla Legge di Bilancio 2020 prevede che i conti corrente possano essere pignorati in seguito al mancato pagamento delle imposte locali. Il premier Giuseppe Conte aveva provato a gettare acqua sul fuoco: «I cittadini non si devono preoccupare, non mi risulta», aveva detto rispondendo alle indiscrezioni circolate il 19 novembre e riportate tra gli altri da Quotidiano.net e L’Economia. Secondo queste indiscrezioni, il pignoramento sarebbe scattato anche in caso di mancato pagamento delle multe stradali, che invece sono state escluse dal testo, stando a quanto si legge nella nota studi del Senato. L’emendamento in questione estende dunque l’applicazione dell’accertamento esecutivo ai tributi locali, come Imu, Tasi e Tari, equiparando le regole di riscossione a quelle nazionali.

L’AVVISO DEL COMUNE COL SOLLECITO AL PAGAMENTO

Ma cosa prevede nel dettaglio l’emendamento? In seguito alla mancata risposta da parte del contribuente all’avviso di accertamento – che dal primo gennaio 2020 dovrebbe contenere l’intimazione ad adempiere al pagamento – il Comune, al pari degli altri enti locali che avranno accesso ai dati dell’Anagrafe tributaria, potrà chiedere il pignoramento del conto corrente. Tra le altre misure previste, il pignoramento dello stipendio o il fermo dell’auto.

Sarebbe possibile chiedere la rateizzazione della somma dovuta: da un minimo di quattro fino a un massimo di 72 rate

Il sollecito di pagamento verrà inviato solo in presenza di debiti di importo non superiore a 10 mila euro. Sarà possibile chiedere la rateizzazione della somma dovuta: da un minimo di quattro fino a un massimo di 72 rate.

SESSANTA GIORNI DI TEMPO PER IL RICORSO

Secondo quanto previsto dall’emendamento, scompare lo step intermedio dell’iscrizione a ruolo del debito, e dunque l’invio della cartella esattoriale. Il contribuente avrà poi 60 giorni di tempo per presentare il ricorso, al termine dei quali l’atto disposto dall’ente locale diventerebbe immediatamente esecutivo.

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Mourinho al Tottenham e quel tradimento ai tifosi del Chelsea

Il tecnico portoghese prende il posto di Pochettino sulla panchina degli Spurs. A un anno di distanza dal licenziamento da parte dello Utd. Ma dall'Inghilterra riemergono le parole del 2015. Quando disse:«Mai con loro».

«Il Tottenham? Non potrei mai accettare di sedere su quella panchina, per rispetto verso i tifosi del Chelsea». Era il 2015 quando José Mourinho non ammetteva repliche di fronte all’opportunità di diventare, un giorno, la guida tecnica degli Spurs. Quel giorno è arrivato, col tecnico portoghese che il 20 novembre ha ufficialmente raccolto l’eredità di Mauricio Pichettino, licenziato appena 24 ore prima dal presidente Daniel Levy.

UNA GIRAVOLTA SULLA SCIA DI ALTRI GRANDI MISTER

Nulla di clamoroso, se si pensa che Mou è in buona compagna quando si parla di allenatori che hanno fatto il salto della staccionata, dopo aver promesso che mai avrebbero convolato a nozze col nemico. Basti pensare a Fabio Capello e al suo sbarco alla Juventus dopo aver giurato ai tifosi romanisti che mai sarebbe finito ad allenare gli odiati rivali. O a Sinisa Mihajlovic, che nel 2010 si spinse a dire che non sarebbe mai andato al Milan, sentendosi interista, salvo poi tornare sui suoi passi.

ANCORA PIÙ ODIATO DAI TIFOSI DEL CHELSEA

Resta da vedere come la prenderanno dalle parti di Stamford Bridge, dove i tifosi del Chelsea già mal digerirono l’approdo, poi rivelatosi fallimentare, al Manchester United. Nel 2015, di fronte alle domande dei cronisti, Mourinho lasciò intendere come un primo tentativo da parte del Tottenham per ottenere i suoi servigi fosse già andato in scena nel 2007, al tempo della sua prima avventura in Blues. Licenziato dallo United un anno fa, lo Special One riprende ora da Londra una carriera che l’ha visto sempre in prima fila, nel bene e nel male, da vincitore (quattro campionati in altrettanti Paesi, due Champions League con due squadre diverse e varie altre coppe) o al centro di aspre polemiche. Di recente, parlando del suo futuro, aveva detto: «Ho ancora 20 anni come allenatore, poi chiuderò sulla panchina del Portogallo». E che la voglia di tornare in pista fosse tanta non aveva esitato ad ammetterlo, solo pochi mesi fa: «Ho il fuoco dentro, il campo mi manca».

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