Mentre Salvini prepara la kermesse al PalaDozza,, il Pd corteggia i cinque stelle. Che, però, non escludono più di saltare un giro. La Lega a Bologna attesa dalle contestazioni.
Mentre Matteo Salvini prepara la kermesse al PalaDozza, in vista delle Regionali in Emilia-Romagna del 26 gennaio, prosegue la corte serrata del Partito democratico al Movimento 5 stelle per mettere in piedi un’alleanza che ricalchi la maggioranza di governo. Anche se, in casa cinque stelle, prende sempre più quota l’ipotesi di un giro di riposo, di una sorta di desistenza in chiave anti-Lega, senza il simbolo sulla scheda.
DI MAIO NON ESCLUDE A PRIORI LA DESISTENZA
Dell’ipotesi aveva parlato nei giorni scorsi Max Bugani, capogruppo in Comune a Bologna e membro del direttivo di Rousseau. Il capo politico Luigi Di Maio, che nei giorni scorsi aveva assicurato che il M5s sarebbe stato della partita con un proprio candidato alternativo sia al Pd sia alla Lega, per la prima volta non ha escluso la possibilità. «Dove non saremo pronti non ci presenteremo. Nei prossimi giorni prenderemo decisioni su questo», ha detto. La decisione dovrebbe essere presa il 15 novembre, in un incontro al quale parteciperanno i parlamentari del territorio con il capo politico Luigi Di Maio.
L’APPELLO DEL MINISTRO DE MICHELI
Intanto, dal Pd, agli appelli più volte ripetuti da Bonaccini, si è aggiunto quello di un membro del governo che è anche esponente di spicco del Pd emiliano-romagnolo, la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli. «Mi piacerebbe» – ha detto – «se il ‘primo bacio’ tra Pd e M5s fosse in Emilia, ma capisco che ci sono dei problemi. Con i colleghi dei cinque stelle ho lavorato bene. Ma continuo a rimanere un’emiliano-romagnola che vorrebbe e farà di tutto affinché Bonaccini continui a essere governatore».
PRODI BENEDICE LA CANDIDATURA DI BONACCINI
A Bonaccini è arrivata intanto anche la ‘benedizione’ di Romano Prodi «Questi» – ha detto Prodi riferendosi alla giunta uscente – «hanno governato bene, mentre Salvini porta per mano la candidata. L’elettore riflette non solo sui grandi slogan, ma anche sulle cose e su cosa un’alternativa a questo potrebbe produrre. La disoccupazione cala e tutti vengono a farsi curare qui». La Lega, intanto, Lucia Borgonzoni, puntando a riempire il PalaDozza di Bologna e lanciando le proprie parole d’ordine. Il clima si preannuncia caldissimo: oltre al flashmob delle ‘6 mila sardine’ in piazza Maggiore ci sarà un corteo dei centri sociali e dei collettivi universitari, che cercherà di avvicinarsi il più possibile alla convention del Carroccio, sicuramente ‘blindata’ dalle forze dell’ordine. Nella vicina Porta Lame, prevista anche una biciclettata organizzata dagli anarchici. Appuntamenti che potrebbero rendere molto delicata la gestione dell’ordine pubblico.
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Tensione alle stelle tra Tel Aviv e i membri della Jihad Islamica dopo la morte del comandante Brigate al-Quds. Oltre 200 razzi verso i territori, mentre l'esercito rinforza il confine lungo la Striscia. E Hamas resta in attesa.
Alta tensione in Medio Oriente. L’uccisione nella mattinata del 12 novembre da parte di Israele del comandante militare della Jihad Islamica a Gaza, Baha Abu al-Ata, responsabile di lanci ripetuti di razzi le passate settimane verso lo Stato ebraico, ha immediatamente riacceso il conflitto con la Striscia.
Subito dopo, e per tutta la giornata, oltre 200 razzi sono piovuti su Israele, con le sirene di allarme risuonate anche a Tel Aviv e nel centro del Paese, aeroporto compreso. In serata il bilancio a Gaza era di 10 morti nella Striscia – inclusi Baha Abu al-Ata e sua moglie Asma – e 45 feriti nei raid israeliani contro i miliziani. Raid poi ripresi in serata.
In Israele, dove circa il 90% dei missili è stato intercettato dal sistema di difesa Iron Dome, si contano decine di feriti per le cadute mentre la gente correva nei rifugi. Lo scontro in atto, la Jihad è appoggiata dall’Iran, è il più grave da mesi e gli esiti non sono prevedibili.
LA MINACCIA DI NUOVI ATTENTATI
Da segnalare infatti che la scorsa notte, quasi in contemporanea con i fatti di Gaza, un altro comandante della Jihad Islamica, Akram Ajuri, è stato oggetto a Damasco di un attacco che la stampa siriana ha attribuito agli israeliani. «Israele», ha detto il premier Benyamin Netanyahu al termine di una riunione del Consiglio di difesa, «non vuole un’escalation ma farà tutto il necessario per difendersi. Occorre avere pazienza e freddezza». Poi ha denunciato che «Baha Abu al-Ata era il principale organizzatore di terrorismo a Gaza. Stava per organizzare nuovi attentati. Era una bomba in procinto di esplodere».
LA RABBIA PALESTINESE PRONTA A ESPLODERE
Da parte sua la Jihad, subito dopo l’uccisione di Al-Ata, ha annunciato che la sua reazione «farà tremare l’entità sionista». «Israele», ha accusato Ziad Nahale, uno dei leader della fazione, «ha oltrepassato tutte le linee rosse. Reagiremo con forza». Mentre da Ramallah, in Cisgiordania, il presidente palestinese Abu Mazen ha bollato l’azione di questa mattina come «un crimine israeliano contro il nostro popolo a Gaza».
NUOVI RINFORZI ISRAELIANI LUNGO IL CONFINE
Israele – che ha inviato al confine con la Striscia rinforzi di mezzi blindati, di unità di fanteria e anche ufficiali della riserva – al momento sembra voler tenere fuori dallo scontro Hamas, che pure governa l’enclave palestinese. Per questo ha fatto sapere ai suoi comandanti che se non si unirà al fuoco della Jihad, non colpirà i suoi obiettivi. Ma il leader Ismail Haniyeh ha garantito che «la politica israeliana delle esecuzioni mirate non avrà successo». Le prossime ore saranno dunque decisive per capire se il conflitto si allargherà, mentre l’Egitto sta mediando con l’obiettivo di riportare la calma.
VITA SOSPESA PER GLI ABITANTI DI GAZA
A Gaza intanto la popolazione si è chiusa nelle abitazioni e le strade sono piombate nel buio a causa delle ripetute interruzioni di elettricità. Di fronte ai panifici si sono viste code di persone accorse a fare scorte nella preoccupazione che un’escalation militare con Israele sia questione di ore. Mentre in Israele il Comando militare ha dato disposizioni alla gente di seguire le istruzioni impartite e di stare vicino ai rifugi. Le zone intorno alla Striscia, con in testa Sderot, sono martellate dai razzi e in molte cittadine non lontano dal confine e vicino a Tel Aviv domani le scuole rimarranno chiuse. L’Ue ha affermato che «il lancio di missili sulle popolazioni civili è totalmente inaccettabile e deve immediatamente cessare» e che «una rapida e completa de-escalation è necessaria per salvaguardare la vita e la sicurezza dei civili palestinesi e israeliani».
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L'imprenditore ligure è il padre dello scooter conosciuto in tutto il mondo. Il successo del mezzo su due ruote sembra intramontabile. Almeno quanto lo è il nome del suo inventore.
Il suo nome di battesimo era Enrico Piaggio. Ma il titolo con cui ha preso per sempre posto nella storia d’Italia è “padre della Vespa”. L’imprenditore di Pegli (Liguria), classe 1905, ha inventato lo scooter più venduto al mondo. Ed è per merito suo che generazioni di italiani (e non solo) hanno sperimentato per la prima volta la brezza sul viso, cavalcando le due ruote.
LA BIOGRAFIA DI ENRICO PIAGGIO
Enrico Piaggio nacque il 22 febbraio del 1905. Insieme al fratello maggiore Armando, ereditò l’azienda di famiglia alla morte del padre Rinaldo. Era il 1938 e il mondo sarebbe stato presto inghiottito dalle devastazioni della seconda guerra mondiale. A quell’epoca l’attività della Piaggio era concentrata nel campo ferroviario, elettrodomestico e aeronautico (rafforzatosi durante la Grande guerra e durante l’espansione coloniale dettata da Benito Mussolini). Enrico e il fratello progettarono la spartizione degli stabilimenti: quelli liguri, specializzati nel settore navale e ferroviario, finirono nelle mani di Armando. Mentre i due dedicati alla branca aeronautica in Toscana, a Pisa e Pontedera, andarono sotto il controllo di Enrico Piaggio. L’industria aeronautica continuava a essere un settore penalizzato da una domanda interna limitata. E durante il secondo conflitto mondiale l’azienda risentì, oltre che della scarsa richiesta, delle devastazioni dovute alla guerra.
PIAGGIO PENSAVA A UN MEZZO CHE POTESSERO GUIDARE ANCHE LE DONNE
Il 25 settembre 1943 il padre dello scooter rischiò la vita all’Hotel Excelsior di Firenze. Un ufficiale della Repubblica di Salò gli sparò, accusandolo di non essersi alzato in piedi durante il discorso alla radio del generale Rodolfo Graziani contro gli alleati. Fu l’asportazione del rene a salvarlo, permettendogli di continuare la sua vita, che lo avrebbe visto unirsi in matrimonio a Paola dei conti Antonelli, (vedova del colonnello Alberto Bechi Luserna), della quale adottò la figlia Antonella Bechi Piaggio. Dopo quell’incidente quasi fatale, Piaggio imboccò un sentiero imprenditoriale del tutto nuovo. Decise di testare un nuovo mezzo di trasporto. Le caratteristiche principali? Doveva essere semplice, a due ruote, a basso costo. E soprattutto, sarebbe stato adatto anche alle donne. Così nacque la vespa.
IL MOTORE DEL MODELLO DEL 1946 SIBILAVA COME UNA VESPA
Il primo prototipo vide la luce nel 1944. Era un MP5 messo a punto a Biella e fu ribattezzato Paperino dagli stessi operai, per la strana forma. Il richiamo al goffo personaggio della Disney, tuttavia, rimarcava anche la contrapposizione all’allora mezzo di trasporto concorrente, la Fiat 500, soprannominata appunto Topolino. Il primo abbozzo di Vespa fu il punto di partenza per il modello definitivo, a cui lavorò l’ingegnere Corradino D’Ascanio, sfruttando i materiali un tempo usati per i velivoli. Si arrivò così, nel 1946, a un motociclo, il cui motore sibilava come una piccola Vespa (da qui il nome). Dei primi 2.500 esemplari, ne vennero venduti 2.181 solo nel 1946: a decretarne il successo fu il bisogno di facili spostamenti di un popolo uscito dal conflitto. Ma anche la possibilità di pagare a rate le 68 mila lire richieste per l’acquisto aiutò le vendite. Con l’uscita nel 1948 della Vespa 125, la crescita andò alle stelle. Nel 1951 Piaggio fu insignito della laurea in ingegneria honoris causa dall’Università di Pisa e solo due anni dopo, nel 1953, furono prodotti 171.200 esemplari del mezzo a due ruote. La rete commerciale della Piaggio si estese in 114 Paesi in tutto il mondo, con oltre 10.000 punti vendita. Le vendite ebbero un lieve calo soltanto appena dopo il boom. Il rallentamento causò diverse agitazioni sindacali e fu proprio durante uno sciopero nel 1965 che Enrico Piaggio si sentì male nel suo ufficio. La corsa all’ospedale di Pisa non servì a nulla e l’uomo della Vespa si spense definitivamente il 16 ottobre di quello stesso anno.
IL FILM DI RAI FICTION CHE RACCONTA L’INVENTORE DELLO SCOOTER
La biografia dello storico imprenditore ligure ha ispirato il film firmato dalla Rai Enrico Piaggio. Un sogno italiano. La pellicola, trasmessa in prima serata su Rai 1 il 12 novembre 2019, ripercorre le tappe che hanno reso intramontabile l’inventore della Vespa. Dall’intuizione nel comprendere che la gente aveva bisogno di muoversi per rimettere in moto il Paese, alla lungimiranza nel convincere William Wyler, il regista di Vacanze romane, a usare la Vespa nella sua pellicola. Il film, ambientato nell’immediata crisi economica del dopoguerra, è prodotto da Rai Fiction e Movieheart, con la regia di Umberto Marino. Nel cast, oltre ad Alessio Boni che interpreta Enrico Piaggio ed Enrica Pintone nei panni della moglie Paola Piaggio, ci sono anche Roberto Ciufoli, Francesco Pannofino e Violante Placido.
È ALESSIO BONI A PRESTARE IL VOLTO A PIAGGIO
Il compito di impersonare il genio che ha contribuito a risollevare le sorti dell’economia italiana è spettato ad Alessio Boni. L’attore bergamasco (classe 1966) è un volto noto delle fiction Rai. Si è infatti già prestato all’interpretazione di Heathcliff, nella miniserie del 2004 dedicata a Cime tempestose, per esempio. Ma è entrato anche nei panni di Walter Chiari nella miniserie del 2012, Fino all’ultima risata. Il 2019 è stato invece il turno di Enrico Piaggio, di cui l’attore ha detto: «Era un autentico visionario, un pioniere. Comprese che la gente aveva bisogno di muoversi. Si inventò la Vespa pensando per prima alle donne e ai preti che hanno l’abito talare. Poi inventò le rate per il pagamento».
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L'imprenditore ligure è il padre dello scooter conosciuto in tutto il mondo. Il successo del mezzo su due ruote sembra intramontabile. Almeno quanto lo è il nome del suo inventore.
Il suo nome di battesimo era Enrico Piaggio. Ma il titolo con cui ha preso per sempre posto nella storia d’Italia è “padre della Vespa”. L’imprenditore di Pegli (Liguria), classe 1905, ha inventato lo scooter più venduto al mondo. Ed è per merito suo che generazioni di italiani (e non solo) hanno sperimentato per la prima volta la brezza sul viso, cavalcando le due ruote.
LA BIOGRAFIA DI ENRICO PIAGGIO
Enrico Piaggio nacque il 22 febbraio del 1905. Insieme al fratello maggiore Armando, ereditò l’azienda di famiglia alla morte del padre Rinaldo. Era il 1938 e il mondo sarebbe stato presto inghiottito dalle devastazioni della seconda guerra mondiale. A quell’epoca l’attività della Piaggio era concentrata nel campo ferroviario, elettrodomestico e aeronautico (rafforzatosi durante la Grande guerra e durante l’espansione coloniale dettata da Benito Mussolini). Enrico e il fratello progettarono la spartizione degli stabilimenti: quelli liguri, specializzati nel settore navale e ferroviario, finirono nelle mani di Armando. Mentre i due dedicati alla branca aeronautica in Toscana, a Pisa e Pontedera, andarono sotto il controllo di Enrico Piaggio. L’industria aeronautica continuava a essere un settore penalizzato da una domanda interna limitata. E durante il secondo conflitto mondiale l’azienda risentì, oltre che della scarsa richiesta, delle devastazioni dovute alla guerra.
PIAGGIO PENSAVA A UN MEZZO CHE POTESSERO GUIDARE ANCHE LE DONNE
Il 25 settembre 1943 il padre dello scooter rischiò la vita all’Hotel Excelsior di Firenze. Un ufficiale della Repubblica di Salò gli sparò, accusandolo di non essersi alzato in piedi durante il discorso alla radio del generale Rodolfo Graziani contro gli alleati. Fu l’asportazione del rene a salvarlo, permettendogli di continuare la sua vita, che lo avrebbe visto unirsi in matrimonio a Paola dei conti Antonelli, (vedova del colonnello Alberto Bechi Luserna), della quale adottò la figlia Antonella Bechi Piaggio. Dopo quell’incidente quasi fatale, Piaggio imboccò un sentiero imprenditoriale del tutto nuovo. Decise di testare un nuovo mezzo di trasporto. Le caratteristiche principali? Doveva essere semplice, a due ruote, a basso costo. E soprattutto, sarebbe stato adatto anche alle donne. Così nacque la vespa.
IL MOTORE DEL MODELLO DEL 1946 SIBILAVA COME UNA VESPA
Il primo prototipo vide la luce nel 1944. Era un MP5 messo a punto a Biella e fu ribattezzato Paperino dagli stessi operai, per la strana forma. Il richiamo al goffo personaggio della Disney, tuttavia, rimarcava anche la contrapposizione all’allora mezzo di trasporto concorrente, la Fiat 500, soprannominata appunto Topolino. Il primo abbozzo di Vespa fu il punto di partenza per il modello definitivo, a cui lavorò l’ingegnere Corradino D’Ascanio, sfruttando i materiali un tempo usati per i velivoli. Si arrivò così, nel 1946, a un motociclo, il cui motore sibilava come una piccola Vespa (da qui il nome). Dei primi 2.500 esemplari, ne vennero venduti 2.181 solo nel 1946: a decretarne il successo fu il bisogno di facili spostamenti di un popolo uscito dal conflitto. Ma anche la possibilità di pagare a rate le 68 mila lire richieste per l’acquisto aiutò le vendite. Con l’uscita nel 1948 della Vespa 125, la crescita andò alle stelle. Nel 1951 Piaggio fu insignito della laurea in ingegneria honoris causa dall’Università di Pisa e solo due anni dopo, nel 1953, furono prodotti 171.200 esemplari del mezzo a due ruote. La rete commerciale della Piaggio si estese in 114 Paesi in tutto il mondo, con oltre 10.000 punti vendita. Le vendite ebbero un lieve calo soltanto appena dopo il boom. Il rallentamento causò diverse agitazioni sindacali e fu proprio durante uno sciopero nel 1965 che Enrico Piaggio si sentì male nel suo ufficio. La corsa all’ospedale di Pisa non servì a nulla e l’uomo della Vespa si spense definitivamente il 16 ottobre di quello stesso anno.
IL FILM DI RAI FICTION CHE RACCONTA L’INVENTORE DELLO SCOOTER
La biografia dello storico imprenditore ligure ha ispirato il film firmato dalla Rai Enrico Piaggio. Un sogno italiano. La pellicola, trasmessa in prima serata su Rai 1 il 12 novembre 2019, ripercorre le tappe che hanno reso intramontabile l’inventore della Vespa. Dall’intuizione nel comprendere che la gente aveva bisogno di muoversi per rimettere in moto il Paese, alla lungimiranza nel convincere William Wyler, il regista di Vacanze romane, a usare la Vespa nella sua pellicola. Il film, ambientato nell’immediata crisi economica del dopoguerra, è prodotto da Rai Fiction e Movieheart, con la regia di Umberto Marino. Nel cast, oltre ad Alessio Boni che interpreta Enrico Piaggio ed Enrica Pintone nei panni della moglie Paola Piaggio, ci sono anche Roberto Ciufoli, Francesco Pannofino e Violante Placido.
È ALESSIO BONI A PRESTARE IL VOLTO A PIAGGIO
Il compito di impersonare il genio che ha contribuito a risollevare le sorti dell’economia italiana è spettato ad Alessio Boni. L’attore bergamasco (classe 1966) è un volto noto delle fiction Rai. Si è infatti già prestato all’interpretazione di Heathcliff, nella miniserie del 2004 dedicata a Cime tempestose, per esempio. Ma è entrato anche nei panni di Walter Chiari nella miniserie del 2012, Fino all’ultima risata. Il 2019 è stato invece il turno di Enrico Piaggio, di cui l’attore ha detto: «Era un autentico visionario, un pioniere. Comprese che la gente aveva bisogno di muoversi. Si inventò la Vespa pensando per prima alle donne e ai preti che hanno l’abito talare. Poi inventò le rate per il pagamento».
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Secondo gli analisti entro il 2025 il settore supererà i 500 milioni di abbonati. Netflix in testa con 235, seguita da Amazon Video 135 e dalla nuova piattaforma a 101.
Con l’arrivo del servizio Disney+ riparte tra i big della tecnologia la sfida sullo streaming video, un settore in crescita per utenti e propensione alla spesa. Stando ad un’analisi di Digital Tv Research, il settore raddoppierà entro il 2025 e andrà ben oltre la cifra di 500 milioni di abbonati nel mondo.
Netflix guiderà la lista, seguita a distanza da Amazon Prime Video. Per la neonata Disney+ si prevede un exploit. Nello specifico, gli analisti prevedono, entro sei anni, che Netflix raggiungerà 235,6 milioni di abbonati (un incremento di 70 milioni, solo 6 milioni negli Stati Uniti); Amazon Prime Video raggiungerà quota 135,9 milioni di utenti paganti; Disney+ 101,2 milioni; HBO Max 30,1 milioni e Apple TV+ 27,1 milioni. Per un totale di 529,9 milioni di abbonati nel mondo ai servizi video in streaming e a pagamento.
Gli Stati Uniti, sottolinea Digital Tv Research, sono «di gran lunga il paese più importante per queste piattaforme», ma anche «il più maturo» con «i mercati internazionali che stanno diventando sempre più significativi». «La concorrenza è intensa con una guerra dei prezzi in atto e offerte di distribuzione esclusive», ha spiegato Simon Murray, analista della società.
AMERICANI DISPOSTI A SPENDERE 44 DOLLARI AL MESE
Per i big della tecnologia statunitensi, quindi, il resto del mondo sarà sempre più importante e dovranno lottare per ogni abbonamento con un occhio ai prezzi. Basti pensare ad Apple, entrata di recente nel settore della tv in streaming con una politica commerciale aggressiva, proponendo abbonamenti a 5 dollari al mese. Secondo il Wall Street Journal, gli americani sono disposti a spendere 44 dollari al mese già da ora, prima che tutte le piattaforme decollino. Un aumento di 14 dollari rispetto all’attuale spesa media.
LA CRESCITA DELLO STRAMING IN ITALIA
I fruitori dello streaming video sono in forte aumento anche in Italia. Nel 2018 – secondo l’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano – il 19% della popolazione Internet italiana ha utilizzato servizi di ‘Subscription video on demand’ rispetto all’8% dell’anno precedente, per un valore di mercato pari a 177 milioni di euro, in crescita del 46%. Si stima che già nel 2019 il numero di sottoscrizioni possa superare quello degli abbonamenti alla PayTv. Nei prossimi anni, inoltre, la banda ultralarga e la diffusione del 5G potrebbero migliorare la fruizione e incrementare ulteriormente il numero di abbonati.
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Secondo gli analisti entro il 2025 il settore supererà i 500 milioni di abbonati. Netflix in testa con 235, seguita da Amazon Video 135 e dalla nuova piattaforma a 101.
Con l’arrivo del servizio Disney+ riparte tra i big della tecnologia la sfida sullo streaming video, un settore in crescita per utenti e propensione alla spesa. Stando ad un’analisi di Digital Tv Research, il settore raddoppierà entro il 2025 e andrà ben oltre la cifra di 500 milioni di abbonati nel mondo.
Netflix guiderà la lista, seguita a distanza da Amazon Prime Video. Per la neonata Disney+ si prevede un exploit. Nello specifico, gli analisti prevedono, entro sei anni, che Netflix raggiungerà 235,6 milioni di abbonati (un incremento di 70 milioni, solo 6 milioni negli Stati Uniti); Amazon Prime Video raggiungerà quota 135,9 milioni di utenti paganti; Disney+ 101,2 milioni; HBO Max 30,1 milioni e Apple TV+ 27,1 milioni. Per un totale di 529,9 milioni di abbonati nel mondo ai servizi video in streaming e a pagamento.
Gli Stati Uniti, sottolinea Digital Tv Research, sono «di gran lunga il paese più importante per queste piattaforme», ma anche «il più maturo» con «i mercati internazionali che stanno diventando sempre più significativi». «La concorrenza è intensa con una guerra dei prezzi in atto e offerte di distribuzione esclusive», ha spiegato Simon Murray, analista della società.
AMERICANI DISPOSTI A SPENDERE 44 DOLLARI AL MESE
Per i big della tecnologia statunitensi, quindi, il resto del mondo sarà sempre più importante e dovranno lottare per ogni abbonamento con un occhio ai prezzi. Basti pensare ad Apple, entrata di recente nel settore della tv in streaming con una politica commerciale aggressiva, proponendo abbonamenti a 5 dollari al mese. Secondo il Wall Street Journal, gli americani sono disposti a spendere 44 dollari al mese già da ora, prima che tutte le piattaforme decollino. Un aumento di 14 dollari rispetto all’attuale spesa media.
LA CRESCITA DELLO STRAMING IN ITALIA
I fruitori dello streaming video sono in forte aumento anche in Italia. Nel 2018 – secondo l’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano – il 19% della popolazione Internet italiana ha utilizzato servizi di ‘Subscription video on demand’ rispetto all’8% dell’anno precedente, per un valore di mercato pari a 177 milioni di euro, in crescita del 46%. Si stima che già nel 2019 il numero di sottoscrizioni possa superare quello degli abbonamenti alla PayTv. Nei prossimi anni, inoltre, la banda ultralarga e la diffusione del 5G potrebbero migliorare la fruizione e incrementare ulteriormente il numero di abbonati.
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La procura al lavoro per capire se dietro le azioni dei malvimenti si celi una strategia. Al momento mancano riscontri. Ma le mogli di Allan, Zielinski e Insigne lasciano le proprie abitazioni.
Mere coincidenze o intimidazioni vere e proprie? La procura di Napoli scende in campo e avvia accertamenti per capire se le tensioni in casa azzurra siano da mettere in relazione con i brutti episodi che hanno preso di mira negli ultimi giorni i giocatori azzurri. Prima l’effrazione e il il tentativo di furto venerdì lo scorso 8 novembre in casa Allan, poi il furto subito il 10 dalla moglie del centrocampista azzurro Zielinski.
LA PROCURA, AL MOMENTO, ESCLUDE L’IPOTESI DI UNA STRATEGIA
Al momento – secondo quanto emerge – non si sarebbe in presenza di una strategia finalizzata a intimidire i giocatori ‘ribelli’ del Napoli, ma il fatto stesso che se ne occupi la procura dimostra che i riflettori sono stati accesi. Il Napoli ha ripreso gli allenamenti, ma sarebbe più giusto dire che a Castel Volturno si sono ritrovati soltanto i resti della squadra, visto che ben 13 azzurri sono impegnati con le rispettive Nazionali. Ancelotti vorrebbe sfruttare questi giorni di sosta per ritrovare almeno un po’ della serenità perduta la scorsa settimana. Ma l’ambiente è ancora carico di tensioni che nelle ultime ore si sono spostate dai protagonisti del calcio alle loro famiglie.
I CALCIATORI AZZURRI RESTANO PREOCCUPATI
Ciò che è accaduto nei giorni scorsi ad Allan e a Zielinski ha lasciato il segno in un ambiente già fortemente scosso. Gli investigatori manifestano scetticismo sul fatto che questi episodi di criminalità siano in qualche modo legati alla situazione di crisi del Napoli e, al momento, non ci sarebbe alcun nesso con le contestazioni che con ogni mezzo sono arrivate alla squadra dopo l’ammutinamento e il rifiuto di continuare il ritiro deciso dalla società subito dopo la gara di Champions con il Salisburgo. Ma le indagini e gli accertamenti vanno avanti. E i calciatori, e soprattutto quelli che al momento si trovano lontani dalla città per aver dovuto rispondere alla chiamata delle proprie Nazionali, sono preoccupati. Allan e tutta la famiglia (la moglie Thais è peraltro incinta all’ottavo mese) si sono trasferiti in albergo a scopo precauzionale, anche se il tentativo di furto nella villetta in cui vivono a Pozzuoli è avvenuto in loro assenza. Il tentativo di furto in casa di Allan è fallito perché i ladri non sono riusciti ad aprire la cassaforte. Quanto a Laura, moglie di Zielinski, vittima del furto di autoradio e navigatore della propria auto, si è trasferita con il marito in Polonia e tornerà a Napoli sono insieme al centrocampista polacco, al termine dei suoi impegni con la Nazionale. L’auto era stata parcheggiata in una località di Licola ritenuta dalle forze dell’ordine a rischio furti. Jenny, la moglie di Insigne, il più contestato dai tifosi, a seguito della partenza del marito, si è trasferita con i due figli a casa dei genitori. Come uscire fuori da questo clima di tensione e preoccupazione? Soltanto un’inversione di tendenza dei risultati sul campo e una pace tra calciatori e società potrebbe contribuire a migliorare le cose.
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La procura al lavoro per capire se dietro le azioni dei malvimenti si celi una strategia. Al momento mancano riscontri. Ma le mogli di Allan, Zielinski e Insigne lasciano le proprie abitazioni.
Mere coincidenze o intimidazioni vere e proprie? La procura di Napoli scende in campo e avvia accertamenti per capire se le tensioni in casa azzurra siano da mettere in relazione con i brutti episodi che hanno preso di mira negli ultimi giorni i giocatori azzurri. Prima l’effrazione e il il tentativo di furto venerdì lo scorso 8 novembre in casa Allan, poi il furto subito il 10 dalla moglie del centrocampista azzurro Zielinski.
LA PROCURA, AL MOMENTO, ESCLUDE L’IPOTESI DI UNA STRATEGIA
Al momento – secondo quanto emerge – non si sarebbe in presenza di una strategia finalizzata a intimidire i giocatori ‘ribelli’ del Napoli, ma il fatto stesso che se ne occupi la procura dimostra che i riflettori sono stati accesi. Il Napoli ha ripreso gli allenamenti, ma sarebbe più giusto dire che a Castel Volturno si sono ritrovati soltanto i resti della squadra, visto che ben 13 azzurri sono impegnati con le rispettive Nazionali. Ancelotti vorrebbe sfruttare questi giorni di sosta per ritrovare almeno un po’ della serenità perduta la scorsa settimana. Ma l’ambiente è ancora carico di tensioni che nelle ultime ore si sono spostate dai protagonisti del calcio alle loro famiglie.
I CALCIATORI AZZURRI RESTANO PREOCCUPATI
Ciò che è accaduto nei giorni scorsi ad Allan e a Zielinski ha lasciato il segno in un ambiente già fortemente scosso. Gli investigatori manifestano scetticismo sul fatto che questi episodi di criminalità siano in qualche modo legati alla situazione di crisi del Napoli e, al momento, non ci sarebbe alcun nesso con le contestazioni che con ogni mezzo sono arrivate alla squadra dopo l’ammutinamento e il rifiuto di continuare il ritiro deciso dalla società subito dopo la gara di Champions con il Salisburgo. Ma le indagini e gli accertamenti vanno avanti. E i calciatori, e soprattutto quelli che al momento si trovano lontani dalla città per aver dovuto rispondere alla chiamata delle proprie Nazionali, sono preoccupati. Allan e tutta la famiglia (la moglie Thais è peraltro incinta all’ottavo mese) si sono trasferiti in albergo a scopo precauzionale, anche se il tentativo di furto nella villetta in cui vivono a Pozzuoli è avvenuto in loro assenza. Il tentativo di furto in casa di Allan è fallito perché i ladri non sono riusciti ad aprire la cassaforte. Quanto a Laura, moglie di Zielinski, vittima del furto di autoradio e navigatore della propria auto, si è trasferita con il marito in Polonia e tornerà a Napoli sono insieme al centrocampista polacco, al termine dei suoi impegni con la Nazionale. L’auto era stata parcheggiata in una località di Licola ritenuta dalle forze dell’ordine a rischio furti. Jenny, la moglie di Insigne, il più contestato dai tifosi, a seguito della partenza del marito, si è trasferita con i due figli a casa dei genitori. Come uscire fuori da questo clima di tensione e preoccupazione? Soltanto un’inversione di tendenza dei risultati sul campo e una pace tra calciatori e società potrebbe contribuire a migliorare le cose.
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Di Maio avverte Renzi e il Pd sul dossier Ilva: «Un emendamento per reintrodurre l'immunità sarebbe un problema enorme per la maggioranza». E l'azienda «deve restare». Pentastellati pugliesi contro il premier Conte. Ma l'acciaieria va verso la chiusura.
Un emendamento di Italia viva o del Pd per reintrodurre lo scudo penale a favore di ArcelorMittal «sarebbe un problema enorme per la maggioranza».
Il leader del M5s, durante la trasmissione televisiva Fuori dal coro condotta da Mario Giordano su Rete4, ha lanciato un esplicito avvertimento a Matteo Renzi: «Se cominciamo con gli sgambetti, Italia viva è quella che ha più da perdere».
Lo scudo penale, ancor di più se generalizzato, «piacerebbe a tanti imprenditori». Ma secondo Di Maio il messaggio che deve passare è che «se provochi un disastro ambientale devi pagare». Un ragionamento che però è difficilmente applicabile alla multinazionale guidata in Italia da Lucia Morselli, visto che ArcelorMittal ha iniziato a gestire l’impianto di Taranto nel 2018. Ma Di Maio dice no anche all’ipotesi di una nazionalizzazione. Il motivo? «Sarebbe dare un alibi agli indiani, sarebbe dire che possono andarsene. Invece devono restare qui. Andremo contro di loro in giudizio».
CONTE ALLA RICERCA DI UNA DIFFICILE MEDIAZIONE
La posizione di Di Maio sullo scudo penale, in ogni caso, mette in imbarazzo anche il premier Giuseppe Conte. Il capo del governo ha riunito a Palazzo Chigi i parlamentari pugliesi del M5s alla presenza dello stesso Di Maio, del ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli e di quello per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà. Obiettivo: tastare il terreno sulla possibilità di reintrodurre l’immunità con una norma generale, non solo per Taranto. Secondo indiscrezioni si sarebbe trovato davanti a un muro, eretto soprattutto dalla senatrice Barbara Lezzi, autrice della norma che ha abolito lo scudo. Questa ricostruzione è stata smentita dai capigruppo pentastellati, che hanno parlato di «dialogo costruttivo». Ma è difficile credere alle loro parole, dopo quelle pronunciate in tivù dal capo politico in persona.
PATUANELLI OFFRE UN COMPROMESSO AI SENATORI M5S
La tensione è altissima e il ministro Patuanelli sta incontrando i senatori del M5s a Palazzo Madama. Sul tavolo ci sarebbe il tentativo di raggiungere un compromesso: uno scudopenale temporaneo per ArcelorMittal o per chi in futuro sarà chiamato a gestire l’Ilva, da collegare a un progetto di decarbonizzazione degli impianti. In serata il tema sarà discusso dall’assemblea di tutti i parlamentari pentastellati, mentre il 13 novembre è previsto un vertice di maggioranza.
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Di Maio avverte Renzi e il Pd sul dossier Ilva: «Un emendamento per reintrodurre l'immunità sarebbe un problema enorme per la maggioranza». E l'azienda «deve restare». Pentastellati pugliesi contro il premier Conte. Ma l'acciaieria va verso la chiusura.
Un emendamento di Italia viva o del Pd per reintrodurre lo scudo penale a favore di ArcelorMittal «sarebbe un problema enorme per la maggioranza».
Il leader del M5s, durante la trasmissione televisiva Fuori dal coro condotta da Mario Giordano su Rete4, ha lanciato un esplicito avvertimento a Matteo Renzi: «Se cominciamo con gli sgambetti, Italia viva è quella che ha più da perdere».
Lo scudo penale, ancor di più se generalizzato, «piacerebbe a tanti imprenditori». Ma secondo Di Maio il messaggio che deve passare è che «se provochi un disastro ambientale devi pagare». Un ragionamento che però è difficilmente applicabile alla multinazionale guidata in Italia da Lucia Morselli, visto che ArcelorMittal ha iniziato a gestire l’impianto di Taranto nel 2018. Ma Di Maio dice no anche all’ipotesi di una nazionalizzazione. Il motivo? «Sarebbe dare un alibi agli indiani, sarebbe dire che possono andarsene. Invece devono restare qui. Andremo contro di loro in giudizio».
CONTE ALLA RICERCA DI UNA DIFFICILE MEDIAZIONE
La posizione di Di Maio sullo scudo penale, in ogni caso, mette in imbarazzo anche il premier Giuseppe Conte. Il capo del governo ha riunito a Palazzo Chigi i parlamentari pugliesi del M5s alla presenza dello stesso Di Maio, del ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli e di quello per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà. Obiettivo: tastare il terreno sulla possibilità di reintrodurre l’immunità con una norma generale, non solo per Taranto. Secondo indiscrezioni si sarebbe trovato davanti a un muro, eretto soprattutto dalla senatrice Barbara Lezzi, autrice della norma che ha abolito lo scudo. Questa ricostruzione è stata smentita dai capigruppo pentastellati, che hanno parlato di «dialogo costruttivo». Ma è difficile credere alle loro parole, dopo quelle pronunciate in tivù dal capo politico in persona.
PATUANELLI OFFRE UN COMPROMESSO AI SENATORI M5S
La tensione è altissima e il ministro Patuanelli sta incontrando i senatori del M5s a Palazzo Madama. Sul tavolo ci sarebbe il tentativo di raggiungere un compromesso: uno scudopenale temporaneo per ArcelorMittal o per chi in futuro sarà chiamato a gestire l’Ilva, da collegare a un progetto di decarbonizzazione degli impianti. In serata il tema sarà discusso dall’assemblea di tutti i parlamentari pentastellati, mentre il 13 novembre è previsto un vertice di maggioranza.
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