Nella causa davanti ai giudici di Milano la vecchia proprietà afferma che il livello occupazionale era il caposaldo del contratto. Per ogni lavoratore prevista una penale da 150 mila euro.
I posti di lavoro non possono essere oggetto di una trattativa, perché sono il caposaldo del contratto. È questa la posizione, dell’ex Ilva nella causa in corso al tribunale di Milano che porta il nodo esuberi al centro dello scontro legale con la società franco indiana.
LA PENALE DA 150 MILA EURO PER OGNI LAVORATORE
Un negoziato sulle basi presentate il 4 dicembre nel piano di ArcelorMittal, che prevede 4700 esuberi, non può nemmeno iniziare, perché il caposaldo del contratto è l’aspetto occupazionale e il gruppo un anno fa si è impegnato a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10 mila posti di lavoro fino al 2023 con una penale prevista di 150mila euro su ogni lavoratore messo alla porta sotto quella cifra. Circa 705 milioni di euro, quindi, per i quasi 5mila esuberi richiesti.
LA FIOM: NIENTE FIRMA, SCIOPERO IL 10 DICEMBRE
«Dopo lo sciopero del 10 dicembre vedremo se il governo deciderà di aprire un tavolo di trattativa sulla crisi congiunturale», ha detto il segretario generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David, a margine di una iniziativa a Milano circa la vicenda dell‘Ilva. «Mittal sapeva benissimo – ha aggiunto – già un anno fa che c’erano i dazi e altre questioni da affrontare. Se c’é un problema congiunturale allora bisogna affrontarlo con strumenti congiunturali. Quindi noi siamo aperti a una discussione che migliori la situazione attuale e affronti le criticità, ma il sindacato non firmerà accordi che prevedono esuberi».
L’IMPEGNO A GARANTIRE 10MILA POSTI
Ma lo scontro non è solo politico, ma legale. Nella causa civile tra ArcelorMittal e l’ex Ilva, il 27 novembre era stato messo un punto fermo, davanti al giudice Claudio Marangoni. Il gruppo franco indiano, tramite il suo ad Lucia Morselli, aveva garantito «il normale funzionamento degli impianti e la continuità produttiva», impegno fondamentale per raggiungere un accordo sul contratto di affitto e acquisizione degli stabilimenti che la multinazionale aveva chiesto di sciogliere con un atto che, invece, i commissari dell’ex Ilva ritengono «illegittimo». E per questo hanno depositato un ricorso cautelare d’urgenza. Il giudice ha rinviato il procedimento al prossimo 20 dicembre per consentire, appunto, alla “trattativa” di «svolgersi sulla base delle intese e degli impegni assunti». Con la presentazione del nuovo piano di Mittal, però, il quadro è cambiato, perché per i commissari dell’ex Ilva le affermazioni del gruppo sugli esuberi sono ritenute assolutamente inaccettabili, senza giustificazioni e improponibili. Un anno fa circa, infatti, ArcelorMittal, vincendo la gara e firmando il contratto, si impegnò a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10mila posti di lavoro e a pagare, in caso contrario, una penale di 150mila euro per ogni lavoratore lasciato a casa.
IN ATTESA DELLE DECISIONI DEL GOVERNO
In sostanza, per l’ex Ilva in amministrazione straordinaria si può sì trattare sulla revisione degli accordi presi, ma non certo sul caposaldo del contratto che è l’aspetto occupazionale. A questo punto, anche sul fronte della causa si aspettano le decisioni che prenderà il governo rispetto al nuovo piano del gruppo. Mittal, rappresentata, tra gli altri, dai legali Romano Vaccarella e Ferdinando Emanuele, avrà tempo fino al 16 dicembre per depositare, nell’eventualità di un naufragio delle intese, una propria memoria nel procedimento sul ricorso cautelare dei commissari, assistiti tra gli altri dagli avvocati Giorgio De Nova ed Enrico Castellani. Se si andasse avanti nel negoziato, invece, le parti di comune accordo potrebbero anche chiedere al giudice un rinvio dell’udienza almeno fino a gennaio.
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