La finanziaria approda a Palazzo Madama per il voto di fiducia. Opposizioni all'attacco: mancano 700 milioni. Meloni e Salvini contro lo "spaccio di Stato".
La manovra si avvicina a incassare il primo via libera del parlamento. Nel pomeriggio del 16 dicembre, al Senato, il governo affronterà il voto di fiducia sul maxiemendamento da 958 commi. Blindare il testo potrebbe però non essere sufficiente. Da Palazzo Chigi, nella giornata del 15 sono arrivate nuove rassicurazioni con la garanzia che le coperture «ci sono». Pochi i rilievi che sarebbero arrivati dalla Ragioneria dello Stato, ha detto il viceministro all’Economia Antonio Misiani. Due misure però continuano a essere in bilico: i nuovi paletti per la vendita della cannabis light e l’introduzione della Tobin tax. Ma altre potrebbero saltare.
PER LE OPPOSIZIONI MANCANO 700 MILIONI
A quattro giorni dall’approvazione in commissione Bilancio a Palazzo Madama del testo, continuano a rincorrersi le voci di un ‘buco’ che secondo le opposizioni sarebbe di circa “700 milioni” e anche di conseguenti slittamenti dell’esame. Conti che non corrisponderebbero alla realtà secondo la maggioranza. Ma ora la parola è passata alla presidenza di Palazzo Madama che deve pronunciarsi sulle ammissibilità delle decine di norme approvate nel corso dell’iter parlamentare.
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A RICHIO UNA QUINDICINA DI PROVVEDIMENTI
Secondo le ultime indiscrezioni si andrebbe verso lo stralcio di una quindicina di norme per inammissibilità. Fra queste ci sarebbero quella sulla cosiddetta liberalizzazione della cannabis light e la tobin tax, che introduceva un’aliquota dello 0,04% su alcuni tipi di transazione finanziarie online. Il M5s, che ha firmato con il senatore Matteo Mantero l’emendamento che riscrive la legge sugli stupefacenti ritoccando all’insù le percentuali di Thc per cui è legale la vendita di canapa, ha chiesto “terzietà” dalla seconda carica dello Stato: sarebbe «grave» se una «mannaia di natura politica» si abbattesse sull’emendamento per la cannabis light. Con conseguente replica: la presidenza del Senato rivendica il proprio ruolo di garanzia e sottolinea come le proprie valutazioni in questi casi non siano mai “politiche” ma solo “tecniche”. Fatto sta che la misura finisce nel mirino delle opposizioni: Meloni ha promesso «battaglia» per cancellare quella che considerano «una follia», Salvini ha parlato di «spaccio di Stato» mentre Forza Italia ha sostenuto che dovrebbe essere stralciata perché materia estranea alla legge di bilancio. Tra le misure nel mirino della mannaia anche la norma sullo slittamento da luglio 2020 al primo gennaio 2022 della fine del mercato tutelato per l’energia sarebbe.
POSSIBILE TESTO BLINDATO ALLA CAMERA
Le norme da passare al vaglio sono comunque numerose: secondo una bozza del maxiemendamento, messi uno in fila all’altro, i commi della manovra sfiorano quasi i mille. E lo spettro degli interventi è davvero ampio: si va da decine di micronorme, che riguardano realtà locali, alla plastic e sugar tax passando per la tassa sulla fortuna; dai ritocchi alle accise sui carburanti alle misure legate alla riscossione degli enti locali. Qualsiasi decisione prendano alla fine i senatori, alla Camera non resterà che convalidare le scelte dell’altro ramo del parlamento: i tempi ormai sono troppo stretti per riaprire il dossier senza voler mettere a rischio i conti pubblici con l’esercizio provvisorio. Una scelta che è costata una lunga mediazione all’interno delle forze politiche e che si annuncia oggetto di nuove polemiche con le minoranze. La Lega ha già annunciato di voler ricorrere alla Consulta, così come fece il Partito democratico lo scorso anno: la strada imboccata da maggioranza e governo, è stata l’accusa, ha esautorato totalmente una Camera dei propri poteri.
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