Gli indici della Borsa italiana e lo spread del 28 novembre 2019

Piazza Affari si prepara all'apertura dopo una giornata in negativo. Il differenziale Btp-Bund in calo a 156 punti.

La Borsa italiana si prepara all’apertura del 28 novembre 2019 dopo una seduta debole a Milano, conclusa in negativo (-0,26%), in controtendenza rispetto alle altre principali Borse europee, nel giorno del via libera del Parlamento Ue alla nuova Commissione.

LO SPREAD IN CALO A 156 PUNTI BASE

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è in lieve calo questa mattina in avvio di giornata a 156,2 punti base (158 ieri in chiusura). Il tasso di interesse sul decennale italiano è pari all’1,19%.

I MERCATI IN DIRETTA

08.42 – ASIA DEBOLE CON LE TENSIONI USA-CINA

Prevale il segno meno sui listini asiatici col riacutizzarsi delle tensioni per Hong Kong, e di conseguenza per le trattative UsaCina sui dazi, dopo che il presidente americano Donald Trump ha firmato il pacchetto di misure a sostegno delle proteste per la democrazia nell’ex protettorato britannico. La Borsa di Hong Kong cede lo 0,18% a seduta non ancora terminata mentre Tokyo ha chiuso in leggero calo (-0,12%) e gli indici cinesi di Shanghai e Shenzhen hanno lasciato sul terreno rispettivamente lo 0,47 e lo 0,26 per cento. Male anche Seul (-0,43%)

08.31 – SPREAD IN CALO A 156 PUNTI BASE

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è in lieve calo questa mattina in avvio di giornata a 156,2 punti base (158 ieri in chiusura). Il tasso di interesse sul decennale italiano è pari all’1,19%.

08.22 – HONG KONG IN CALO DOPO IL SOSTEGNO DI TRUMP ALLE PROTESTE

La Borsa di Hong Kong apre la seduta in brusca correzione dopo la firma del presidente Usa Donald Trump all'”Hong Kong Human Rights and Democracy Act”, il pacchetto di misure a sostegno delle proteste in corso da oltre 5 mesi nell’ex colonia, alimentando le incertezze sulla ‘fase uno’ dell’accordo sul commercio tra Usa e Cina: l’Hang Seng cede lo 0,71% a 26,763.63. Poco mosse e in calo Shanghai (-0,83 punti a 2.902,36 punti) e Shenzhen (-0,30 punti a 1.601.70).

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Grande raccordo criminale, 51 arresti a Roma per traffico di droga

Nel mirino della Direzione distrettuale antimafia un'organizzazione di nacrotrafficanti capace di rifornire gran parte delle piazze di spaccio della Capitale.

Dal Grande raccordo anulare al Grande raccordo criminale. La Guardia di Finanza di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, ha fatto scattare un’operazione che ha portato a 51 arresti fra Lazio, Calabria e Sicilia.

Nel mirino una presunta organizzazione specializzata nel traffico di droga, in grado di rifornire gran parte delle piazze di spaccio della Capitale.

Secondo gli inquirenti, la banda aveva anche messo in piedi una «batteria di picchiatori», incaricata di eseguire le estorsioni per il reupero dei crediti maturati mediante la violenza. All’operazione hanno preso parte circa 400 militari delle Fiamme Gialle, con il supporto di elicotteri e unità cinofile.

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Trump firma la legge a favore delle proteste di Hong Kong

Il presidente Usa sfida Pechino e dà l'ok al pacchetto di misure a sostegno dei manifestanti. La Cina minaccia «decise contromisure».

Donald Trump ha firmato la legge varata dal Congresso americano che sostiene le proteste per la democrazia a Hong Kong. Il presidente americano in una dichiarazione ha auspicato quindi che le autorità cinesi e di Hong Kong siano in grado di trovare una soluzione amichevole che porti alla pace e alla prosperità di tutti.

IL GOVERNO DI HONG KONG DICE NO ALLE INTERFERENZE

Il governo di Hong Kong ha espresso «rammarico» per la firma di Trump al pacchetto di misure a sostegno delle proteste, in corso da oltre cinque mesi nell’ex colonia. La normativa, si legge in una nota, manda «un segnale sbagliato ai manifestanti», oltre a «interferire negli affari interni di Hong Kong» e «a essere priva di fondamento».

LA CINA MINACCIA CONTROMISURE

La Cina ha minacciato di essere pronta ad adottare «decise contromisure» dopo la firma. «La natura di ciò è estremamente abominevole e nasconde assolutamente intenzioni minacciose», si legge in una nota del ministero degli Esteri, «avvisiamo gli Usa di non procedere ostinatamente sulla sua strada, altrimenti la Cina adotterà decise contromisure e gli Usa dovranno rispondere di tutte le relative conseguenze».

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Finanziamento ai partiti, Rino Formica: «Siamo fermi al discorso di Craxi del 1992»

L'inchiesta su Open riapre il dibattito su denaro e politica. Lo storico esponente del Psi non ha dubbi e punta il dito contro la solita ipocrisia italiana. Con la differenza che nella Prima Repubblica era «condivisa e istituzionalizzata» mentre ora «tutti fanno i giustizialisti quando si tratta degli altri». L'intervista.

«Che cosa insegnano le ultime inchieste della magistratura sulle fondazioni legate ai partiti? Che anche una forma di ipocrisia può entrare in crisi». Parola di Rino Formica, 92 anni, già ministro e fra i massimi esponenti del Psi di Bettino Craxi. Anche se da Mani Pulite è passata un’era geologica «e le regole del finanziamento ai partiti sono profondamente cambiate, siamo sempre allo stesso punto». 

Rino Formica in una foto degli Anni 80 (LaPresse).

DOMANDA: Qual è il punto da cui non ci saremmo mossi in tutti questi anni?
RISPOSTA. Il punto è la pretesa di mettere le brache alla realtà, facendo finta che sia diversa da quel che è. Per dirla in modo diverso: siamo sempre alla finzione che un’attività politica possa essere svolta in modo spirituale, senza una necessità di organizzazione. Al contrario, la politica ha sempre bisogno di organizzazione, strutture, lavoro. E richiede inevitabilmente denaro, a meno di immaginare che sia tutto spontaneo o risolvibile a livello di volontariato.

Veramente il denaro può arrivare dai privati, purché in modo diretto e alla luce del sole.
Non è così. Il finanziamento a un partito apre la porte a ipotesi di reato, come il traffico di influenze e altre cose del genere. Ci si domanda sempre: perché quel privato finanzia un partito? Quale sarà il suo interesse occulto? Insomma, se uno spende soldi per il suo divertimento va bene, perché incrementa il Pil. Se invece vuole finanziare un’attività politica perché ha fiducia verso un partito o un singolo politico allora è oggetto di sospetto e riprovazione.

Il famoso discorso di Craxi alla Camera del 1992, quando disse che tutti i partiti sapevano e si comportavano alla stessa maniera è sempre attuale. Solo che allora, a differenza di oggi, nessuno si alzò per smentirlo

Non ci dobbiamo cautelare dal rischio che un privato finanzi un partito per ottenerne un vantaggio personale?
Ma quello è un reato. Se in cambio di quel finanziamento ottiene un beneficio illecito va processato e condannato. Ma qui parliamo di un’altra cosa. Non conosco le carte dell’inchiesta sulla Fondazione renziana Open, ma da quanto leggo sui giornali mi pare sia contestato il finanziamento illecito.

Davvero non vede un miglioramento del rapporto fra soldi e politica dai tempi di Mani Pulite?
Al contrario, vedo un peggioramento sostanziale, che si è consumato con il passaggio da una ipocrisia condivisa e istituzionalizzata, com’era quella della Prima Repubblica a un finzione espressa a livello individuale: tutti continuano a comportarsi sempre allo stesso modo, però fanno i giustizialisti quando si tratta degli altri. Il famoso discorso di Craxi alla Camera del 1992, quando disse che tutti i partiti sapevano e si comportavano alla stessa maniera è sempre attuale. Solo che allora, a differenza di oggi, nessuno si alzò per smentirlo.

Intende dire che i bilanci dei partiti di quel tempo erano tutti falsi? 
Non solo erano falsi, ma erano anche avallati dagli uffici di presidenza delle Camere che avevano il compito di controllare. Tutti sapevano che i partiti ricevevano contributi privati in aggiunta al contributo pubblico e tutti facevano finta di non vedere. Poi con la Seconda Repubblica quella tolleranza generale è venuta meno e questo spiega la proliferazione delle fondazioni politiche. 

Nel senso che sono nate fondamentalmente per raccogliere soldi per i partiti?
Ne sono convinto. A parte quelle con una struttura vera e propria, che svolgono con continuità attività culturali importanti e riconosciute. Ma si contano sulle dita di una mano.

Come se ne esce?
È difficile, perché l’attitudine a infrangere le regole per poi fare la morale agli altri è un tratto tipico del nostro Paese. E per cambiare la mentalità di un Paese ci vuole tanto tempo, mentre la politica pretende soluzioni immediate. Ma vale sempre la pena di combattere l’ipocrisia, riconoscendo che la politica ha i suoi costi, specie se è una politica riformista.

Addirittura?
Certo. Quando ero ragazzo i più anziani mi spiegarono che la differenza fra conservatori e riformisti era che i primi lasciavano marcire i problemi mentre i secondi lavoravano per affrontarli nel modo più tempestivo. È soprattutto questa attività che richiede risorse. E un Paese che non fa riforme, in tempi così complessi, è destinato a precipitare nel caos. 


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