Per il presidente del Brescia «Mario è nero, sta lavorando per schiarirsi». Poi parla di battuta fraintesa. Un po' come quelle di Passirani sulle banane a Lukaku, di Tavecchio e Opti Pobà, di Lotito che parlò di «pelle normale» dei bianchi. Il vizietto discriminatorio degli uomini nel pallone.
Il 25 novembre era la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ma mentre si parlava di femminicidi qualcuno è riuscito a esibirsi in dichiarazioni razziste. Nel mondo del calcio, tanto per cambiare. Troppo difficile portare avanti più di una sensibilizzazione alla volta: probabilmente il presidente del Brescia Massimo Cellino non è dotato di questa abilità di multitasking. Così si è fatto sfuggire un commento poco “tecnico”: «Cos’è successo a Mario Balotelli? Che è nero, cosa devo dire, che sta lavorando per schiarirsi, però c’ha molte difficoltà». Mario Balotelli sarebbe (è, in attesa di sviluppi dal mercato) un suo giocatore, il secondo più prezioso della rosa (valore 20 milioni, dietro solo a Sandro Tonali stando ai dati Transfermarkt). E per di più fresco bersaglio dei versi da scimmia che gli hanno riservato i tifosi delll’Hellas Verona il 3 novembre.
ENNESIMO TASSELLO NEL MOMENTO-NO DI SUPER MARIO
Ma Cellino non deve aver pensato a tutto questo e ha provato a motivare così l’attaccante dopo il periodo-no che, oltre a questioni extra campo, ha riguardato aspetti di gioco: prima la discussa sostituzione all’intervallo nella partita persa 4-0 in casa contro il Torino, poi la mancata convocazione in Nazionale – la qualificazione a Euro 2020 era già in tasca – nonostante il suggerimento del presidente della Figc, Gabriele Gravina, che voleva chiamare Super Mario come gesto simbolico anti-razzista. Infine, dopo la sosta del campionato, la cacciata dall’allenamento per scarso impegno e l’esclusione di Balo dalla trasferta di Roma.
IL RITORNELLO DELLA BATTUTA FRAINTESA
Dopo l’uscita di Cellino, il Brescia ha cercato di cancellare il guaio fatto: «Una battuta a titolo di paradosso, palesemente fraintesa, rilasciata nel tentativo di sdrammatizzare un’esposizione mediatica eccessiva e con l’intento di proteggere il giocatore stesso», è stato scritto in un comunicato.
Se scrivete tutte le cazzate che dico, non smettete più. Se chiarisco faccio ancora più danni. Le persone perbene mi conoscono
La “pezza” di Massimo Cellino
Poi Cellino è tornato sull’argomento: «Chi è che mi ha dato del razzista? Se scrivete tutte le cazzate che dico, non smettete più di scrivere. Io non mi devo mica discolpare di una cosa alla quale non credo. La cosa tragica sapete qual è? È che non sapete più che caz.. scrivere». Infine: «Se chiarisco faccio ancora più danni. Le persone perbene mi conoscono». E comunque Cellino si consoli: è solo l’ultimo di una lunga lista di esternazioni razziste che sono arrivate dai protagonisti del calcio italiano.
PASSIRANI E LE BANANE DA LANCIARE A LUKAKU
Luciano Passirani, ex dirigente di diversi club calcistici e opinionista nelle tivù locali, il 16 settembre 2019 parlando del centravanti dell’Inter Romelu Lukaku aveva detto: «Questo ti trascina la squadra. Questo nell’uno contro uno ti uccide, se gli vai contro cadi per terra. O c’hai 10 banane qui per mangiare che gliele dai, altrimenti…». Telelombardia ha deciso di non invitarlo più alle sue trasmissioni.
TAVECCHIO E IL FAMIGERATO OPTI POBÀ
Restando alla frutta, l’esternazione più famigerata è quella di Carlo Tavecchio del 2014: «L’Inghilterra individua i soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare. Noi, invece, diciamo che Opti Pobà (nome inventato, ndr) è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio». Concetto che non gli impedì di diventare presidente della Federazione italiana giuoco calcio.
LOTITO E I BIANCHI CON LA PELLE «NORMALE»
La Lazio un presidente vero e non inventato ce l’ha, si chiama Claudio Lotito e il 2 ottobre 2019 ha parlato di razzismo dicendo che «non sempre la vocazione “buuu” corrisponde effettivamente a un atto discriminatorio razzista» perché tra le vittime ci sono anche «persone di non colore, che avevano la pelle normale, bianca, e non di colore».
LE CALCIATRICI «LESBICHE» E «HANDICAPPATE»
Parentesi femminile, nel senso delle vittime delle offese. L’ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Felice Belloli, nel 2015 definì le giocatrici di calcio «queste quattro lesbiche», secondo quanto riportò il verbale di una riunione. Fu inibito per quattro mesi. Il già citato Tavecchio invece nel 2014, in un’intervista a Report, parlò così del movimento: «Finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sotto l’aspetto della resistenza, del tempo, dell’espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto simili».
MALAGÒ E I SIMULATORI PEGGIO DEI RAZZISTI
Tornando al razzismo, il 25 settembre 2019 il presidente del Coni Giovanni Malagò ha detto che «è sbagliato se qualcuno fa “buuu” a un giocatore di colore, ma è ancora più sbagliato quando uno che guadagna 3 milioni di euro si lascia cadere in area e magari è anche contento di prendere un calcio di rigore». Poi si è corretto: «Non dico che il comportamento di chi simula sia peggiore di chi fa cori razzisti, ma ogni attore protagonista deve fare la sua parte nel modo eticamente migliore». Compreso il presidente del Coni.
SACCHI E L’ORGOGLIO ITALIANO ANTI-STRANIERI
Arrigo Sacchi, ex commissario della Nazionale e storico allenatore del Milan, nel 2015 dichiarò: «Io mi vergogno di essere italiano. Per avere successo siamo disposti a vendere l’anima al diavolo. Non abbiamo una dignità, non abbiamo un orgoglio italiano. Ci sono squadre con 15 stranieri. Oggi vedevo il torneo di Viareggio: io non sono un razzista, ho avuto Rijkaard, ma vedere così tanti giocatori di colore, vedere così tanti stranieri, è un’offesa per il calcio italiano».
ERANIO E I NERI NON CONCENTRATI QUANDO C’È DA PENSARE
Sacchi in rossonero incrociò Stefano Eranio, ex centrocampista. Una volta diventato commentatore televisivo, nel 2015 ai microfoni della tivù svizzera Rsi Eranio spiegò che «i giocatori di colore, quando sono sulla linea difensiva, spesso certi errori li fanno perché non sono concentrati. Sono potenti fisicamente però, quando c’è da pensare, spesso e volentieri fanno questi errori». Parlava dell’allora difensore della Roma Antonio Rüdiger. Fu licenziato.
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