Le anticipazioni di Amadeus sul Festival di Sanremo 2020

I big in gara saranno non meno di 20 e non più di 24. I nomi verranno resi pubblici il 6 gennaio, durante la puntata speciale dei "Soliti ignoti" dedicata alla Lotteria Italia. Spunta l'ipotesi Chiara Ferragni sul palco dell'Ariston.

I big in gara al Festival di Sanremo 2020 li conosceremo ufficialmente il 6 gennaio, durante la puntata speciale dei Soliti ignoti su Rai 1 dedicata alla Lotteria Italia. Lo show sarà condotto da Amadeus, che come tutti sanno è anche il direttore artistico della 70esima edizione del Festival. Ma nelle ultime ore si sta facendo largo un’ipotesi suggestiva: accanto a lui, sul palco dell’Ariston, potrebbe esserci Chiara Ferragni.

Amadeus ha dato qualche anticipazione sul Festival che verrà durante l’incontro ‘Milano-Saremo’, che ha aperto la Milano Music Week. Il numero dei cantanti in gara, ha spiegato l’ex dj, è ancora incerto, ma «saranno non meno di 20 e non più di 24, per motivi televisivi». Gli otto artisti che si contenderanno il Sanremo Giovani si conosceranno il 19 dicembre, mentre il cast dei conduttori sarà presentato a metà gennaio, nella tradizionale conferenza stampa ufficiale del Festival.

In Rete, tuttavia, circola con insistenza un’indiscrezione. A Sanremo 2020 potrebbe approdare l‘influencer più famosa d’Italia, ovvero Chiara Ferragni. Lei stessa, intervistata dal quotidiano il Messaggero, ha in qualche modo contribuito ad alimentare queste voci. Alla domanda: «A Sanremo va oppure no?», ha infatti risposto: «Mi dicono di dire no comment su Sanremo». Una frase che – naturalmente – ha scatenato le speculazioni. Dopo l’esperienza al cinema con il documentario Chiara Ferragni Unposted, non è quindi escluso che la moglie di Fedez possa misurarsi anche con la televisione. E il debutto a Sanremo sarebbe un colpo mediatico di grande richiamo.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Le anticipazioni di Amadeus sul Festival di Sanremo 2020

I big in gara saranno non meno di 20 e non più di 24. I nomi verranno resi pubblici il 6 gennaio, durante la puntata speciale dei "Soliti ignoti" dedicata alla Lotteria Italia. Spunta l'ipotesi Chiara Ferragni sul palco dell'Ariston.

I big in gara al Festival di Sanremo 2020 li conosceremo ufficialmente il 6 gennaio, durante la puntata speciale dei Soliti ignoti su Rai 1 dedicata alla Lotteria Italia. Lo show sarà condotto da Amadeus, che come tutti sanno è anche il direttore artistico della 70esima edizione del Festival. Ma nelle ultime ore si sta facendo largo un’ipotesi suggestiva: accanto a lui, sul palco dell’Ariston, potrebbe esserci Chiara Ferragni.

Amadeus ha dato qualche anticipazione sul Festival che verrà durante l’incontro ‘Milano-Saremo’, che ha aperto la Milano Music Week. Il numero dei cantanti in gara, ha spiegato l’ex dj, è ancora incerto, ma «saranno non meno di 20 e non più di 24, per motivi televisivi». Gli otto artisti che si contenderanno il Sanremo Giovani si conosceranno il 19 dicembre, mentre il cast dei conduttori sarà presentato a metà gennaio, nella tradizionale conferenza stampa ufficiale del Festival.

In Rete, tuttavia, circola con insistenza un’indiscrezione. A Sanremo 2020 potrebbe approdare l‘influencer più famosa d’Italia, ovvero Chiara Ferragni. Lei stessa, intervistata dal quotidiano il Messaggero, ha in qualche modo contribuito ad alimentare queste voci. Alla domanda: «A Sanremo va oppure no?», ha infatti risposto: «Mi dicono di dire no comment su Sanremo». Una frase che – naturalmente – ha scatenato le speculazioni. Dopo l’esperienza al cinema con il documentario Chiara Ferragni Unposted, non è quindi escluso che la moglie di Fedez possa misurarsi anche con la televisione. E il debutto a Sanremo sarebbe un colpo mediatico di grande richiamo.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Per la procura di Roma Silvia Romano è nelle mani di un gruppo islamista somalo

Secondo le indagini la cooperante milanese rapita il 20 novembre 2018 sarebbe stata trasferita in Somalia e tenuta prigioniera di una formazione affiliata ad al-Shabaab.

C’è una svolta nel rapimento di Silvia Romano avvenuto il 20 novembre 2018 in Kenya. Secondo quanto è emerso dagli sviluppi dell’indagine della procura di Roma e dei carabinieri del Ros, la cooperante milanese sarebbe tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato agli jihadisti di Al-Shabaab. Gli inquirenti stanno valutando l’ipotesi di inviare una rogatoria internazionale alle autorità somale.

LE CONCLUSIONI DOPO IL VIAGGIO DEL PROCURATORE IN KENYA

Gli elementi raccolti dal Raggruppamento operativo speciale, coordinato dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, dopo la trasferta in Kenya dell’agosto 2018, hanno rafforzato la convinzione che Silvia Romano si trovi in Somalia e dall’analisi dei documenti messi a disposizione dalle autorità kenyote la ragazza si troverebbe in una area del Paese dove gravitano milizie locali legate al gruppo terroristico di matrice islamica.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Per la procura di Roma Silvia Romano è nelle mani di un gruppo islamista somalo

Secondo le indagini la cooperante milanese rapita il 20 novembre 2018 sarebbe stata trasferita in Somalia e tenuta prigioniera di una formazione affiliata ad al-Shabaab.

C’è una svolta nel rapimento di Silvia Romano avvenuto il 20 novembre 2018 in Kenya. Secondo quanto è emerso dagli sviluppi dell’indagine della procura di Roma e dei carabinieri del Ros, la cooperante milanese sarebbe tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato agli jihadisti di Al-Shabaab. Gli inquirenti stanno valutando l’ipotesi di inviare una rogatoria internazionale alle autorità somale.

LE CONCLUSIONI DOPO IL VIAGGIO DEL PROCURATORE IN KENYA

Gli elementi raccolti dal Raggruppamento operativo speciale, coordinato dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, dopo la trasferta in Kenya dell’agosto 2018, hanno rafforzato la convinzione che Silvia Romano si trovi in Somalia e dall’analisi dei documenti messi a disposizione dalle autorità kenyote la ragazza si troverebbe in una area del Paese dove gravitano milizie locali legate al gruppo terroristico di matrice islamica.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Dalla plastic tax all’Imu: raffica di emendamenti alla manovra

Sono oltre 400 le proposte di modifica presentate dal M5s. Che rilancia la battaglia sul pagamento dell'imposta da parte della Chiesa.

Escludere dalla nuova plastic tax i prodotti monouso in plastica biodegradabile o quelli che contengono almeno il 25% o il 50% di plastica riciclata. E far pagare alla Chiesa l’Imu, arretrati inclusi. Sono alcuni degli emendamenti del Movimento 5 stelle alla manovra, parte di un pacchetto di oltre 400 proposte di modifica pronte a essere depositate in commissione Bilancio al Senato.

DETRAZIONI PER CHI INSTALLA I FILTRI PER L’ACQUA

Si chiede anche di esentare tutti i dispositivi sanitari monouso, non solo le siringhe, e di ridurre al 5% l’imposizione sulla cancelleria di plastica (come le penne). E ancora: vuoto a rendere non solo per il vetro ma anche per i contenitori di plastica per acqua e bibite, saponi, detersivi, shampoo, e pure per le lattine. Tra gli emendamenti anche una detrazione fino a 1.000 euro per chi installa a casa i filtri per l’acqua (e 5 mila per chi li mette in bar e ristoranti), un ecobonus per alberghi e strutture ricettive ‘eco-sostenibili’ e un programma ‘Mangiaplastica’ con incentivi ai Comuni che installano ecocompattatori. Quanto all’emendamento sull’Imu, la richiesta è che la Chiesa la paghi sui suoi immobili adibiti a bar, ristoranti, alberghi e anche sugli ospedali. Nella proposta di modifica sono compresi gli arretrati tra il 2006 e il 2012.

MISIANI (PD): «RIPENSEREMO PROFONDAMENTE ALCUNE MISURE»

«In parlamento lavoreremo per migliorare una serie di norme del decreto fiscale e del disegno di legge di bilancio, dialogando con i gruppi parlamentari e le forze economiche e sociali», ha detto da parte sua Antonio Misiani, viceministro Pd all’economia. «Ripenseremo profondamente alcune misure come quelle sulla tassazione delle auto aziendali e la plastica monouso». «Cercheremo di aiutare gli enti locali, che beneficeranno di stanziamenti senza precedenti per gli investimenti ma continuano a soffrire difficoltà per la parte corrente dei loro bilanci», ha aggiunto Misiani.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

La presenza in mare delle Ong non fa aumentare le partenze di migranti

Lo ha dimostrato il primo studio sistemico sulla questione, firmato dai ricercatori italiani Villa e Cusumano. I numeri del report.

La presenza in mare delle Ong non provoca un aumento del flusso migratorio. Il fenomeno, spesso citato dai detrattori delle organizzazioni umanitarie e noto come pull factor, è stato smontato dal primo studio sistemico sulla questione firmato per lo European University Institute da due ricercatori italiani, Matteo Villa dell’Ispi ed Eugenio Cusumano dell’Università di Leiden, e fondato sui dati ufficiali dalle agenzie delle Nazioni unite (Oim e Unhcr) e delle guardie costiere italiana e libica. La ricerca, analizzando un arco temporale di cinque anni che va da ottobre 2014 a ottobre 2019, dimostra che la presenza nel Mar Mediterraneo delle navi delle Ong non ha effetto sul numero delle partenze dalle coste libiche.

LA TESI (SMENTITA) DEL PULL FACTOR

I sostenitori della tesi del pull factor ritengono che un aumento del numero delle persone salvate in mare faccia crescere anche il numero di quelle che partono. Villa e Cusumano dimostrano che semmai è vero il contrario, ossia che il numero di salvati dipende dal numero di partenze. Nel 2015, quando le Ong rafforzarono sensibilmente la presenza in mare e i loro soccorsi passarono dallo 0,8 al 13%, il numero totale delle partenze dalla Libia diminuì rispetto all’anno precedente. Stesso copione nella seconda metà del 2017.

La crociata contro le Ong non ha fatto che aumentare il tasso di mortalità tra i migranti

Un crollo riconducibile innanzitutto, secondo i due ricercatori, agli accordi tra Italia e Libia. La crociata contro le Ong, da parte sua, non ha fatto che aumentare il tasso di mortalità tra i migranti. Un terzo indizio arriva dal 2019: negli 85 giorni in cui la zona Search and Reascue (Sar) è stata battuta dalle Ong non si sono registrate più partenze rispetto ai 225 giorni in cui in mare c’erano soltanto le motovedette libiche. Nel complesso, i numeri parlano chiaro: se le Ong non sono in mare, in media partono 53 persone al giorno, in caso contrario il dato scende a 49.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Il lavoro di cura affonda il tasso di occupazione femminile in Italia

Solo il 57% delle madri con figli piccoli o parenti non autosufficienti riesce ad avere un impiego al di fuori della famiglia, mentre per i padri la quota sfiora il 90%. Tra le lavoratrici il 38,3% "sceglie" di modificare i propri orari, più spesso riducendoli.

Il lavoro di cura affonda il tasso di occupazione femminile in Italia e il confronto con quello maschile non lascia spazio a dubbi: le donne sono pesantemente penalizzate per quanto riguarda la possibilità di conciliare i tempi da dedicare alla famiglia con quelli richiesti da un impiego nella società.

Secondo gli ultimi dati Istat riferiti al 2018 e contenuti nel rapporto “Conciliazione tra lavoro e famiglia”, infatti, il tasso di occupazione delle madri tra i 25 e i 54 anni con figli piccoli o parenti non autosufficienti è fermo al 57%, mentre quello dei padri sfiora il 90% (89,3%).

L’11,1% delle madri con almeno un figlio non ha mai lavorato, un dato che supera di tre volte la media europea (3,7%). E sono sempre le madri, molto più dei padri, a “scegliere” di modificare il proprio orario di lavoro per prendersi cura della famiglia: il 38,3% contro l’11,9%.

ORARIO RIDOTTO PER SEI DONNE SU DIECI

Tra le madri che hanno modificato aspetti del proprio lavoro, più di sei su dieci hanno ridotto l’orario e circa due su dieci lo hanno cambiato senza ridurlo. Tra i padri, invece, la modifica dell’orario (38,3%) è prevalente sulla sua riduzione (27,2%).

SCARSO RICORSO AI SERVIZI PUBBLICI E PRIVATI

Le diverse dinamiche occupazionali tra madri e donne senza figli sono più evidenti al Sud, con uno scarto del 16% del tasso di occupazione a favore delle seconde. Risultano più contenute al Centro e al Nord, con una differenza dell’11% e del 10% rispettivamente. In generale, poco meno di un terzo delle famiglie italiane con figli fino a 14 anni usa servizi pubblici o privati come asili nido, scuole materne, ludoteche, baby sitter o altro. Al Sud il 24,9%, al Centro il 33,3% e al Nord il 34,5%.

AFFIDAMENTO SU NONNI E AMICI

Il 38% dei nuclei familiari preferisce fare affidamento sull’aiuto dei parenti, soprattutto dei nonni, oppure degli amici. I servizi sono considerati troppo costosi nel 9,4% dei casi, assenti o privi di posti disponibili nel 4,4%. Tra le madri con figli piccoli che dicono di non utilizzarli, tuttavia, il 15% ne avrebbe bisogno. E la quota sale al 23,2% per quante hanno figli fino a 5 anni.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Il lavoro di cura affonda il tasso di occupazione femminile in Italia

Solo il 57% delle madri con figli piccoli o parenti non autosufficienti riesce ad avere un impiego al di fuori della famiglia, mentre per i padri la quota sfiora il 90%. Tra le lavoratrici il 38,3% "sceglie" di modificare i propri orari, più spesso riducendoli.

Il lavoro di cura affonda il tasso di occupazione femminile in Italia e il confronto con quello maschile non lascia spazio a dubbi: le donne sono pesantemente penalizzate per quanto riguarda la possibilità di conciliare i tempi da dedicare alla famiglia con quelli richiesti da un impiego nella società.

Secondo gli ultimi dati Istat riferiti al 2018 e contenuti nel rapporto “Conciliazione tra lavoro e famiglia”, infatti, il tasso di occupazione delle madri tra i 25 e i 54 anni con figli piccoli o parenti non autosufficienti è fermo al 57%, mentre quello dei padri sfiora il 90% (89,3%).

L’11,1% delle madri con almeno un figlio non ha mai lavorato, un dato che supera di tre volte la media europea (3,7%). E sono sempre le madri, molto più dei padri, a “scegliere” di modificare il proprio orario di lavoro per prendersi cura della famiglia: il 38,3% contro l’11,9%.

ORARIO RIDOTTO PER SEI DONNE SU DIECI

Tra le madri che hanno modificato aspetti del proprio lavoro, più di sei su dieci hanno ridotto l’orario e circa due su dieci lo hanno cambiato senza ridurlo. Tra i padri, invece, la modifica dell’orario (38,3%) è prevalente sulla sua riduzione (27,2%).

SCARSO RICORSO AI SERVIZI PUBBLICI E PRIVATI

Le diverse dinamiche occupazionali tra madri e donne senza figli sono più evidenti al Sud, con uno scarto del 16% del tasso di occupazione a favore delle seconde. Risultano più contenute al Centro e al Nord, con una differenza dell’11% e del 10% rispettivamente. In generale, poco meno di un terzo delle famiglie italiane con figli fino a 14 anni usa servizi pubblici o privati come asili nido, scuole materne, ludoteche, baby sitter o altro. Al Sud il 24,9%, al Centro il 33,3% e al Nord il 34,5%.

AFFIDAMENTO SU NONNI E AMICI

Il 38% dei nuclei familiari preferisce fare affidamento sull’aiuto dei parenti, soprattutto dei nonni, oppure degli amici. I servizi sono considerati troppo costosi nel 9,4% dei casi, assenti o privi di posti disponibili nel 4,4%. Tra le madri con figli piccoli che dicono di non utilizzarli, tuttavia, il 15% ne avrebbe bisogno. E la quota sale al 23,2% per quante hanno figli fino a 5 anni.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Nuovo allarme Unicef: ogni giorno muoiono 15mila bambini

Un nuovo rapporto dell'agenzia traccia un bilancio della Convenzione per l'infanzia avviata 30 anni fa. Grandi passi avanti, ma la mortalità infantile resta alta.

Secondo il nuovo rapporto Unicef “Ogni diritto per ogni bambino – La Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a un punto di svolta”, da quando la stessa Convenzione è stata adottata 30 anni fa, sono stati raggiunti storici traguardi per tutti bambini del mondo, ma ancora molti tra i bambini più poveri devono sentirne gli impatti, come testimoniano i 15 mila morti registrati ogni giorno.

IN TREN’ANNI TASSI DI MORTALITÀ RIDOTTI DEL 60%

Sui progressi nei diritti dei bambini degli ultimi 30 anni, il rapporto ha rilevato che: i tassi globali di mortalità dei bambini sotto i 5 anni sono diminuiti di circa il 60%; il numero di bambini in età da scuola primaria che non vanno a scuola è diminuito dal 18 all’8%; i principi guida della Convenzione: non discriminazione, superiore interesse dei bambini, diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, il diritto alla protezione hanno influenzato numerose costituzioni, leggi, politiche e pratiche a livello globale.

NEL 2018 OGNI GIORNO MORTI 15 MILA BAMBINI

Tuttavia questi progressi non sono stati realizzati ugualmente nel mondo: a livello globale, più di un bambino su quattro vive in paesi colpiti da conflitti o disastri naturali; il numero di gravi violazioni verificate contro i bambini durante i conflitti si è quasi triplicato dal 2010; quasi 20 milioni di bambini sono a rischio di contrarre malattie prevenibili con i vaccini; si stima che per il 2040, in tutto il mondo, una persona su quattro sotto i 18 anni (circa 600 milioni) vivrà in aree soggette a stress idrico molto elevato; solo nel 2018, sono morti ogni giorno mediamente 15mila bambini sotto i 5 anni, principalmente a causa di malattie curabili o per altre cause prevedibili; nel 2018 sono stati registrati circa 350mila casi di morbillo, più del doppio rispetto al 2017.

ALLARME MALATTIE: 800 MORTI AL GIORNO PER DIARREA

Più di 800 bambini ogni giorno muoiono a causa di malattie diarroiche legate a un inadeguato approvvigionamento idrico e scarsità di servizi igienici e sanitari. Nel 2017, ultimo anno per il quale sono disponibili i dati, solo la malaria ha causato 266mila morti sotto i 5 anni. Nei paesi a basso e medio reddito, i bambini delle famiglie più povere hanno il doppio delle probabilità di morire per cause prevenibili prima dei 5 anni rispetto ai bambini di famiglie più ricche. Secondo gli ultimi dati disponibili, solo la metà dei bambini delle famiglie più povere i Africa Sub Sahariana sono vaccinati contro il morbillo, rispetto all’85% dei bambini delle famiglie più ricche.

ALLARME SULLA COPERTURA VACCINALE

Nonostante siano oggi vaccinati più bambini che mai, un rallentamento dei tassi di copertura vaccinale negli ultimi 10 anni sta minacciando di capovolgere i difficili traguardi raggiunti, si legge ancora nel dossier: la copertura vaccinale per il morbillo è agli stessi livelli dal 2010, contribuendo a una ricomparsa di questa malattia mortale in diversi paesi. Nel 2018 sono stati registrati circa 350mila casi di morbillo, più del doppio rispetto al 2017.

IL PESO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO SULLA SICUREZZA DEL CLIMA

Il rapporto affronta anche le minacce vecchie e nuove che colpiscono i bambini nel mondo. Povertà, discriminazione e marginalizzazione continuano a lasciare milioni fra i bambini più svantaggiati a rischio: conflitti armati, crescente xenofobia e la crisi globale dei migranti e rifugiati hanno avuto un impatto devastante sui progressi global. I bambini sono fisicamente, fisiologicamente e dal punto di vista epidemiologico i più a rischio per gli impatti legati alla crisi del clima: il rapido cambiamento del clima sta diffondendo malattie, incrementando l’intensità e la frequenza di condizioni meteorologiche estreme e creando insicurezza alimentare e idrica.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Anche Di Maio sfratta la Trenta

L'ex ministra della Difesa si difende sulla vicenda della casa di Roma assegnata al marito militare: «Ho spiegato a Luigi che è tutto regolare». Ma il leader del M5s insiste: «Inaccettabile, è bene che ora la lasci. Questa storia fa arrabbiare i cittadini».

L’ex ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, si difende sulla vicenda della casa a Roma ottenuta quando faceva parte del governo e riassegnata al marito militare, il capitano maggiore dell’esercito Claudio Passarelli.

Secondo il Corriere della Sera, che per primo ha dato la notizia, il grado di Passarelli non giustificherebbe l’assegnazione di un appartamento di primo livello, come quello in questione. La casa si trova a San Giovanni, zona centrale della Capitale, ma la coppia risulta già titolare di un’altra abitazione al Pigneto, sempre a Roma.

Il 18 novembre anche il leader del M5s, Luigi Di Maio, ha attaccato pubblicamente l’ex ministra della Difesa ai microfoni di Rtl: «Questa cosa dal mio punto di vista non è accettabile. Trenta ha smesso di fare la ministra due mesi fa e ha avuto il tempo per lasciare la casa, è bene che ora la lasci. Se il marito in quanto militare ha diritto a un alloggio, può fare domanda e lo otterrà. Ma questa cosa fa arrabbiare i cittadini e anche noi, perché noi siamo quelli che si tagliano gli stipendi».

L’EX MINISTRA NON MOLLA

Intervistata sempre dal Corriere della Sera, Trenta non sembra però intenzionata a mollare: «Sono molto arrabbiata. Questa storia mi porterà dei danni. È evidente che ormai sono sotto attacco». A suo giudizio, la casa romana al centro delle polemiche «ormai è stata assegnata a mio marito e in maniera regolare, per quale motivo dovrebbe lasciarla?».

VITA NUOVA, CASA NUOVA

«Non credo proprio che si tratti di un privilegio», prosegue Trenta, «perché io l’appartamento lo pago e lo pago pure abbastanza». Quanto alle caratteristiche della casa, il prestigio sarebbe in qualche modo “giustificato” dal fatto che oggi la famiglia Trenta fa una vita «completamente diversa», una vita «di relazioni» e «di incontri» che evidentemente, in base al suo ragionamento, necessitano di spazi ampi, altrimenti inadeguati.

TRENTA DECISA A RESTARE, ANCHE NEL M5S

La presa di posizione di Di Maio non pare preoccupare l’ex ministra: «Gli ho spiegato che tutto è stato fatto correttamente, quando l’incarico di mio marito sarà terminato lasceremo la casa». Lei stessa resterà nel M5s? Anche su questo punto, Trenta è sicura: «Ho chiesto di essere una dei 12 facilitatori. Ci rimarrò di sicuro».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it